L’Italia è un paese famoso per i suoi vini e per i suoi paesaggi vinicoli. Se siete appassionati di vino, questo è un posto che dovete visitare. Ci sono molti tour che vi porteranno nei migliori vigneti per farvi degustare i vini italiani.
In Italia, la vite è coltivata da secoli e la produzione di vino è un’arte che è stata tramandata di generazione in generazione. Oggi, i viticoltori italiani sono considerati tra i migliori al mondo e i loro vini sono conosciuti in tutto il mondo.
Se desiderate scoprire i segreti della produzione del vino italiano, una visita ai vigneti è la soluzione perfetta. Potrete assaggiare i vini prodotti da viticoltori che seguono le tradizioni di famiglia, ma che hanno anche un occhio attento alle nuove tecnologie.
Inoltre, una visita ai vigneti vi darà l’opportunità di conoscere da vicino i viticoltori e di scoprire la loro passione per il vino. Vi guideranno alla scoperta del territorio e vi mostreranno come la natura e il clima influenzano la qualità del vino.
Infine, una degustazione di vini vi permetterà di assaporare i diversi tipi di vino prodotti in Italia e di scoprire i segreti della loro produzione. Maggiori informazioni su winalist.it.
L’Italia è un paradiso per i amanti del vino, con centinaia di vini diversi prodotti in tutto il paese. Le varietà di uva e il clima variano da regione a regione, il che significa che c’è un vino per tutti i gusti. Le degustazioni di vino sono un ottimo modo per provare una varietà di vini italiani e per imparare qualcosa di nuovo sulla loro produzione.
Le degustazioni di vino di solito si svolgono presso i vigneti, in modo da poter vedere da dove proviene il vino. Questo può essere un’esperienza molto interessante, soprattutto se non si è mai stati in un vigneto prima. Le visite ai vigneti possono anche essere combinate con altre attività, come le degustazioni di formaggi e altri prodotti locali.
In Italia, le degustazioni di vino e i tour nei vigneti sono molto popolari. La maggior parte delle persone visita i vigneti durante la stagione estiva, quando le temperature sono più miti. Tuttavia, i vigneti sono aperti tutto l’anno e ci sono molti eventi e attività che si svolgono durante tutto l’anno.
I tour nei vigneti sono un ottimo modo per imparare di più sul vino e su come viene prodotto. La maggior parte dei tour include una degustazione di vino, quindi è un ottimo modo per assaggiare i vini prodotti da una determinata cantina. I tour possono essere organizzati da singole cantine o da tour operator.
Le degustazioni di vino possono essere organizzate in molti modi diversi. Alcune cantine offrono degustazioni guidate, mentre altre lasciano che i visitatori assaggino i vini a loro piacere. In alcuni casi, è possibile acquistare i vini degustati presso la cantina. Le degustazioni di vino sono un ottimo modo per assaggiare i vini prodotti da diverse cantine e per imparare di più sul vino in generale.
I vigneti italiani sono famosi in tutto il mondo per la qualità dei loro vini. La visita ai vigneti e la degustazione dei vini sono un’ottima occasione per scoprire la storia e la tradizione della viticoltura italiana.
Francia, Italia e Spagna: sono queste gli Stati Europei ad occupare i primi posti in un’ipotetica classifica che prenda in esame le principali regioni vinicole del Vecchio Continente. E se Nuova Aquitani, in territorio francese, pur essendo nata solo recentemente, è ritenuta da molti la realtà più importante, l’Italia ha moltissimo offrire. Prenotare un’esperienza vinicola su Winalist.it è il modo più semplice per assaporare vini unici. Ma, per i tanti esperti in materia, e per gli appassionati di enoturismo, qual è il periodo migliore per visitare un vigneto?
La Sicilia, con vini come il Malvasia e il Cataratto Bianco, o la Campania, capace di offrire tra gli altri Asprinio, Falanghina, Fiano e Greco, fino al cuore verde d’Italia, l’Umbria, che propone vini del calibro del Colorino, Sagrantino e Sangiovese, la penisola italiana è un vero scrigno di tesori per chi è abituato a gustare un buon bicchiere di bianco o di rosso durante un aperitivo o un pasto. D’altro canto, in Italia sono più di 300 i vini ad aver ottenuto la certificazione Doc; 78, invece, sono quelli Docg. E questo senza tener conto dei vini Igt e da tavola. È certamente quello della vendemmia il periodo migliore per ammirare un vigneto. In tale periodo, infatti, le foglie iniziano ad assumere i colori intensi e caldi tipici di fine stagione. Allo stesso tempo, proprio in autunno è possibile vedere all’opera una cantina. Occorre però ricordare come ogni varietà si caratterizzi per un diverso periodo di maturazione e raccolta. Nelle zone più calde d’Italia, o nel caso di varietà più precoci, la raccolta ha inizio ad agosto. Si conclude tardi, tra ottobre e novembre, per le varietà più tardive, o se viene condotta in zone più fredde.
Varcando i confini italiani chiunque ha la possibilità di dedicarsi a una visita ai vigneti in Europa. Alcuni si trovano a pochissima distanza dal nostro Paese. Lavaux, ad esempio, regione vinicola posizionata nella parte sud-orientale delle Svizzera, è una zona davvero ricca di vigneti terrazzati. A testimoniarne l’importanza non sono solo gli oltre 1000 anni di tradizione vinicola, ma anche il fatto di apparire nella lista dei Patrimoni dell’Umanità. Chi ha intenzione di visitare una cantina in Europa troverà nei vigneti posti sulle sponde del lago Leman vini di ottima qualità, ottenuti da uva che beneficia di terreno molto fertile e dell’ottimo apporto di sole. L’itinerario consigliato è quello che da Losanna conduce a Montreaux.
Se sono centinaia le destinazioni vinicole presenti nel Vecchio Continente, solo alcune riescono a offrire colline incantevoli, vigneti di grandi dimensioni e clima piacevole. Questo significa poter dedicare del tempo a sorseggiare vini d’eccezionale qualità, scoprendo anche come avviene la produzione e immergendosi appieno nella cultura locale. Tra le regioni vinicole Europa merita di essere ricordato l’itinerario vinicolo che passa per Bordeaux, scelta ideale per praticare enoturismo. È proprio in tale zona che si trovano i principali itinerari francesi destinati agli appassionati di vino: “Blayais”, “Bourgeais”, “Entre-Deux-Mer”, “Grave”, “Saint-Emilion” (dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO) e “Sauternes”. In Alsazia è possibile affrontare un itinerario di ben 170 km che da Colmar arriva a Strasburgo. Da non perdere sono il cammino offerto dal Sentier Viticoles des Grands Crus e le località di Colmar, Equisheim e Riquewihr.
Quando si organizza una festa, l’intenzione finale è sempre rivolta a realizzare il più possibile un evento che sia piacevole per tutti gli invitati. Indipendentemente dalla tipologia di occasione, i party sono incontri dove è fondamentale trovare atmosfere rilassanti e soft, allietate da buona musica, cibo raffinato e allestimenti eleganti.
L’ultima frontiera in tema di eventi sono i Rooftop bar, ossia gli eventi organizzati sulle terrazze degli edifici situati nei punti privilegiati della città.
Optare per un rooftop hotel roma è il modo giusto per pianificare un evento festivo speciale, originale e memorabile.
Vediamo, allora, di che cosa si tratta e quali elementi non trascurare per un party di successo!
Capitale d’Italia e città strepitosa, Roma è senza dubbio lo scenario perfetto per eventi esclusivi. Organizzare un party su una delle terrazze migliori significa offrire ai propri ospiti un ambiente dove rilassarsi insieme, bere deliziosi cocktail e gustare una cucina di alta qualità.
Ciò che contraddistingue un evento festivo di questo tipo sono le atmosfere chic in cui immergersi pienamente. Le luci soffuse, la musica di sottofondo e la vista panoramica sui monumenti della città sono gli ingredienti principali per occasioni di incontro estremamente piacevoli.
Se i paesaggi romani fanno da sfondo per aperitivi glamour ed eleganti, le strutture in cui dar vita a tali eventi non sono da meno. Che siano hotel con terrazze già predisposte per l’organizzazione delle feste o edifici ristrutturati e allestiti per l’occasione, ogni esigenza può essere realizzata in modo da offrire il massimo della ricercatezza e del buon gusto.
Il Rooftop hotel Roma è la location perfetta per ogni tipologia di incontro. Wedding party, compleanni, cocktail party o semplici aperitivi per scambiare quattro chiacchere con gli amici trovano in queste strutture l’ambiente giusto per essere realizzati in modo speciale e personalizzato.
Tuttavia, un evento in terrazza è perfetto anche per quanto riguarda l’organizzazione di un business party. La vista sulle bellezze capitoline contribuisce nel trovare l’ispirazione giusta per stringere accordi e fa da sfondo per incontri proficui anche al di fuori dei tradizioni ambienti di lavoro.
Per rendere speciale un evento festivo in terrazza è importante dare attenzione agli allestimenti, poiché sono questi che creano classe ed eleganza. Si può scegliere un tema specifico o restare sul classico, ma in ogni caso è bene dotare la location di lanterne e candele per un’atmosfere intima, divanetti per i momenti di relax e di tutti i dettagli che danno carattere al party.
È fondamentale, inoltre, proporre una selezione di vini e un servizio di catering con preparazioni genuine e di qualità. Laddove si tratti di un evento per pochi, una cena è la scelta ideale; mentre è meglio optare per il buffet se sono previsti numerosi invitati. Per realizzare un evento ancora più particolare, non sarebbe male affiancare uno spettacolo di showcooking.
Infine, non c’è festa senza la musica giusta. Per intrattenere i propri ospiti e contribuire a creare un’atmosfera di relax, ci si può affidare a una band o a un DJ.
Organizza, allora, il tuo evento su una delle terrazze migliori di Roma. Stupisci i tuoi ospiti con una location di successo!
E’ il risultato di una ricerca sperimentale della Clinica dermatologica del Policlinico Federico II diretta dal professore Fabio Ayala, e coordinata dalla professoressa Gabriella Fabbrocini, dermatologa.
E’ stata realizzata in laboratorio da studiosi del Policlinico federiciano e della facoltà di Farmacia una crema con la buccia dell’acino dell’uva a bacca nera.
Lo studio conferma che il “resveratrolo” in ambito clinico combatte le rughe e aiuta notevolmente l’organismo a superare affezioni come l’acne volgare.
Sono stati valutati gli effetti del resveratrolo su areee di cute sana e non fotoesposta, su aree di cute affetta da acne e fotoinvecchiamento testando gli effetti del resveratolo a diverse concentrazioni per individuare la formulazione farmaceutica più efficace e gradita cosmetologicamente.
Le creme contenenti antiossidanti alimentari contenuti nel vino rosso, messe a punto dallo staff coordinato dalla professoressa Gabriella Fabbrocini del Policlinico, sono sotto forma di gel e sotto forma di crema idrofila realizzata con vaselina bianca, alcol cetostearilico, polisorbato 60, glicerina e acqua.
Lo studio della ricerca clinica sperimentale ha preso spunto dalle valutazioni dei benefici che la dieta mediterranea.
I patologi generali hanno studiato il pathway biochimico del resvetarolo, il dipartimento di scienze biomorfofunzionali le evidenze istopatologiche dei prodotti utilizzzati, la sezione di dermatologia della patologia sistemica l’interazione della crema usata durante la ricerca clinica sperimentale con la fisiologia e la patologia cutanea dei pazienti.
Il dipartimento di clinica farmaceutica e tossicologica ha poi identificato le preparazioni biologicamente attive.
Particolarmente interessanti i risultati ottenuti utilizzando la crema al resveratrolo: durante lo studio i pazienti sono stati sottoposti a un doppio trattamento. Su metà del loro viso è stata applicata una crema base, sull’altra metà una crema al resveratrolo effettuando controlli dei risultati a trenta e a sessanta giorni con biopsia follicolare.
La ricerca ha riguardato venti pazienti affetti da acne volgare e venti con segni di invecchiamento al volto (rughe periorbitarie, frontali e paralabiali).
Con la crema dermatologica realizzata con l’antiossidante del vino rosso (il resveratrolo) nei pazienti affetti da acne volgare si è ottenuta dopo due mesi di trattamento una diminuzione della densità dei micro comedoni – aggregazione di punti neri che danno luogo all’acne infiammatoria – in ordine pari al 70 per cento rispetto alle condizioni basali.
Nei pazienti con rughe sul volto – dopo aver misurato all’inizio della ricerca altezza e profondità delle rughe – si è ottenuta una riduzione delle rugosità corrispondente al 30 per cento con un forte abbassamento della loro profondità.
Si chiama “Progetto Chianti srl” ed è una nuova società nata dalla compartecipazione fra la Fidi Toscana Spa, la finanziaria della Regione Toscana, e il Consorzio del Vino Chianti. E’ un nuovo strumento a sostegno delle aziende in una delle produzioni, quella del vino Chianti, che rappresenta un fiore all’occhiello, conosciuto in tutto il mondo, dell’agricoltura Toscana.
Lo scopo principale della nuova società è quello di porsi come punto d’incontro fra i produttori del vino Chianti e i vari operatori della filiera per il miglioramento qualititativo e distributivo del Chianti Docg.
è quello di offrire ai produttori toscani tutti gli strumenti per qualificare ancora di più uno dei prodotti d’eccellenza del territorio, quale il vino Chianti, sostenere le imprese e favorire i processi di aggregazione, dare impulso a meccanismi che rendano più razionale il processo distributivo e garantire la maggiore visibilità al prodotto toscano di qualità. Un modo per aiutare le imprese a fronteggiare la crisi e la concorrenza favorendo processi che garantiscano ai produttori il giusto riconoscimento e ai consumatori, in Toscana e fuori, la riconoscibilità della qualità toscana.”
A “Progetto Chianti” potranno associarsi aziende produttrici e distributrici del territorio.
La società avrà compiti di intervento a largo raggio a favore delle aziende. Dal supporto tecnico amministrativo e anche di tipo finanziario, ai disciplinari con standard di eccellenza, alla produzione di regolamenti e uso di marchi distintivi, al controllo e certificazione del prodotto, alla promozione, alla regolazione dell’immissione del prodotto sul mercato.
Quindi un’iniziativa che metta a sistema le aziende e dia a loro supporto non solo finanziario, ma anche commerciale, nonché un aiuto a favore delle certificazione della qualità del prodotto e di mercato, come una filiera organizzata ed efficente nella distribuzione dei loro prodotti.
Il Consorzio del Vino Chianti raccoglie in Toscana 2650 aziende, con circa 600 mila ettolitri di vino prodotto. La zona di produzione si estende nelle province di Firenze, Arezzo, Pisa, Pistoia, Prato e Siena.
Chi si e’ recato all’estero ha scelto i vini locali nei Paesi di grande tradizione enologica, gli altri hanno rinunciato al nettare di Bacco in favore della birra o addirittura dell’acqua.
Pochi i temerari che hanno assaggiato il ‘vino alla banana’ del Vietnam o lo Chardonnay thailandese.
Per quelli che si sono recati all’estero, l’imperativo e’ stato di concedersi vino solo nei Paesi di lunga e consolidata tradizione enologica altrimenti, meglio bere birra o addirittura acqua pur di evitare i vini del luogo, considerati alla stregua di curiosita’ folkloristiche da assaggiare e subito dimenticare, come il vino di banane del Vietnam o lo Chardonnay thailandese.
Fedeli al motto ‘Regione che vai, vino che trovi’, l’82% degli amanti del buon bere in vacanza ha bevuto Gewurtztraminer e Lagrein in Alto Adige, Marzemino e Teroldego in Trentino, Vermentino e Pigato in Liguria.
In Puglia la scelta e’ caduta su Negroamaro e Primitivo di Manduria, in Toscana su Brunello di Montalcino, Nobile di Montepulciano, Chianti Classico, Morellino di Scansano e Bolgheri
In Abruzzo assaggio obbligato per il Montepulciano, nelle Marche per Verdicchio e Lacrima di Morro d’Alba, in Sardegna per Vermentino e Cannonau.
In Campania ci si e’ affidati a Falanghina, Fiano e Taurasi.
In Sicilia i ‘campioni’ locali sono stati Nero d’Avola, Grillo e Inzolia, senza dimenticare gli inarrivabili vini da meditazione della regione, dal Passito di Pantelleria al Moscato di Noto.
Presentato al Festival di Roma lo scorso ottobre, arriva per una visione casalinga in formato DVD l’ultimo film-documentario firmato Ermanno Olmi: Rupi del Vino.
“Cinque sono i motivi per bere: l’arrivo di un amico, la bontà del vino, la sete presente e quella che verrà, e qualunque altro “. (Oddone Colonna, Papa Martino V – 1431)
Questa recente opera cinematografica ha la scopo di comunicare quanto di eroico è stato fatto nei secoli in Valtellina dall’uomo che, con diligenza e scienza, si è rapportato positivamente all’ambiente realizzando un territorio coltivato che ancora oggi, e anche per il futuro, è viva e provata testimonianza di sapienza agricola, di capacità produttiva, di rispetto della natura e di valorizzazione del territorio.
Ermanno Olmi, nel progettare questa sua ultima opera pone come centralità la Valtellina, le vigne e i vini.
Scrive:
Chi fra noi, cittadini comuni, ha ancora un rapporto diretto e partecipe col mondo del vino?
Credo, oramai, solamente quei pochi che il vino lo coltivano, ne curano i frutti e lo producono.
Per il cittadino comune, ossia il cittadino metropolitano, l’approccio al vino è con gli scaffali espositivi: la bottiglia da rigirare tra le mani, anche se dall’etichetta non si capisce molto.
Qualcuno, con ingenua curiosità, espone il vetro in controluce per vedere trasparenza e colore del contenuto.
Chissà.
Il momento del vino, nella mia infanzia contadina, era vissuto con partecipazione diretta al rito che ogni anno puntualmente si ripeteva e perpetuava a cominciare, appena fuori dall’inverno, dalla preparazione della vigna con la cura dei tralci e della zolla. E poi in primavera, quando le mani del vignaiolo frugavano con dolcezza nel fitto del fogliame dove spuntavano i primi grappoli ancora minuti come neonati
Accorciare le distanze significa aiutare l’ambiente, promuovere il patrimonio agroalimentare regionale e abbattere i prezzi.
“Chilometri zero” si riferisce ai nostri consumi giornalieri, alle abitudini alimentari.
Far volare il vino e far navigare la carne contribuisce in modo significativo all’emissione di anidride carbonica, mentre cibarsi in modo energicamente corretto (con prodotti locali) permette di risparmiare decine di chili di petrolio.
Il tentativo è quello di cambiare stile di vita ricordando che spendiamo, in termini energetici, più di quel che ingurgitiamo massacrando con il consueto e continuo accanimento l’ecosistema del nostro pianeta.
Bisogna fare solo più attenzione sceglierndo preferibilmente dei prodotti che non abbiano fatto centinaia di chilometri per entrare nel nostro frigorifero.
Dovremmo impegnarci nell’acquisto dei cibi direttamente da chi li produce, così si eviterebbero i vari passaggi che fanno lievitare i prezzi (intermediari, distributori) ma soprattutto sarebbe un bene per il PIANETA.
Questo accade già nei mercatini agricoli distribuiti su quasi tutto il territorio regionale dove le tipicità vengono vendute senza intermediazioni, niente imballaggio e nessun costo di conservazione, i FARMER’S MARKET.
Privilegiando l’acquisto di prodotti locali e di stagione si può risparmiare oltre cento euro al mese rispetto ai 467 Euro che ogni famiglia destina mensilmente in media all’acquisto di alimenti e bevande al mese.
Facendo acquisti direttamente nella quasi 50mila imprese agricole nazionali è possibile ridurre di un terzo il costo della spesa mentre il latte fresco è disponibile ad un prezzo ridotto di oltre il 30 per cento in uno delle centinaia di distributori automatici sparsi su tutto il territorio
La disponibilità di alimenti freschi al di fuori della loro stagionalità, l’abitudine a trovarli sotto casa provenienti dai più lontani angoli del mondo a prezzi accessibili è stata a lungo percepita dal consumatore come un importante servizio, come nuove importanti opportunità che dilatavano il suo potere di scelta. Adesso, la crescente presa di consapevolezza della quantità di CO2 la maggiore responsabile dell’effetto serra – che i trasporti generano, induce a guardare con occhi nuovi, in una luce totalmente diversa, prodotti che giungono da tanto lontano.
L’antico mercato ebraico del pesce della Capitale al Circo Massimo, sarà il mercato di “Campagna Amica” dove ci saranno solo prodotti agricoli locali, freschi e di stagione, a ‘km 0′, perche’ venduti direttamente dai produttori locali. L’iniziativa e’ della Coldiretti che recupera l’edificio industriale di forma esagonale di via di San Teodoro davanti alle rovine del Palatino, per aprire il primo punto d’incontro al coperto fra produttori agricoli e consumatori, il farmers market.
MILANo, il “Mercato chilometri zero” è in piazza San Nazaro in Brolo, dove è possibile comperare Vino, riso, salumi, formaggi, ortaggi, olio, miele, latte, uova e fiori.
TORINO, nascerà presto sotto la famosa Mole il mercato dove gli agricoltori potranno vendere direttamente i loro prodotti ai consumatori, creando così quella “filiera corta” elemento essenziale per la riduzione dei prezzi.
BOLOGNA, 24 sono i produttori che si sono associati per gestire tutti i mercoledi’ dalle 17 alle 19 nel piazzale di Coldiretti, in via del Gomito il Farmer market bolognese
NAPOLI, tutte le domeniche mattina, dalle ore 8.30 alle 14.00, Le aree di vendita saranno temporalmente alternate in Piazza Dante ed in Piazza Quattro Giornate.
Anche per quanto riguarda più strettamente il discorso del Vino, l’Italia ne produce a grandi quantità in tutte le regioni. Si può scegliere dunque di bere in primis i Vini locali, anche per promuovere le piccole aziende vinicole che non si possono permettere di Esportare. Insomma ci si può aiutare a vicenda con piccoli accorgimenti.
Questa è la filosofia della Cantina Fantesini di Bibbiano, azienda agricola che sta dalla parte della natura e della salute.
Acquistare direttamente in un’azienda agricola vuol dire scegliere di nutrirsi con alimenti prodotti in modo naturale, da persone che proteggono l’ambiente.
Loro offrono prodotti fatti a pochi chilometri di distanza l’uno dall’altro, praticamente a chilometri zero. Miele, verdure, aceto balsamico, Parmigiano Reggiano e VINO, vengono prodotti con materie prime naturali della zona, evitando di mettere in strada automezzi che inquinano l’aria e aumentano il traffico.
L’azienda è formata da 5 ettari di vigneti che vengono curati con metodi basati sui ritmi della natura e sull’equilibrio fra uomo e ambiente. Le uve coltivate sono di lambrusco marani, grasparossa, malbo gentile, malvasia e spergola. I vini prendono i nomi da storia e tradizione: postorati della Tomba, come i campi dove sorgono i vigneti, la Molinella, il Vicinale del Malè e del Ceppo, la Tabarrina, sono antichi luoghi, incroci di strade sterrate che riportano indietro la memoria.
Non è solo il broccolo italiano a sostituire il cavolfiore inglese poiché nel 2008 è aumentato del 10 per cento il valore delle esportazioni di vino Made in Italy nel Regno Unito dove è crollato il consumo di birra al livello piu’ basso degli ultimi dieci anni, secondo i dati della British Beer and Pub Association. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti che evidenzia la crescente passione degli inglesi per la cucina italiana, sulla base dei dati Istat relativi ai primi dieci mesi del 2008.
Se nei ristoranti ed in cucina secondo il Times il broccolo sta sostituendo il cavolfiore, nei pub il vino – sostiene la Coldiretti – sta togliendo progressivamente spazio alla birra inglese nonostante le proteste contro la presenza di lavoratori italiani
Le esportazioni di vino Made in Italy oltre Manica – stima la Coldiretti – hanno superato nel 2008 per la prima volta il valore di mezzo miliardo di euro con una predilezione per lo spumante. Una evoluzione in netta controtendenza rispetto ai consumi di birra nei pub dove, anche per effetto della crisi si sono bevute – precisa la Coldiretti – 1,8 milioni di pinte in meno al giorno, nel terzo trimestre rispetto a quello analogo dell’anno precedente.
Lo stesso premier inglese Gordon Brown, che ha definito gli scioperi anti ialiani indifendibili in una intervista alla Bbc, conferma – conclude la Coldiretti – l’apprezzamento per il cibo italiano indicando come preferito proprio un piatto italiano ”i fagottini alla mozzarella e verdure” al pari di quanto fatto dal capo dell’opposizione David Cameron che ha consigliato la ”pasta con il sugo di salsiccia” nel libro ”Saints and Celebrities Cookbook”, pubblicato per scopi benefici. dalla diocesi di Ilkley.
Non solo vino: anche la birra è tra i prodotti in vetrina a testimonianza dell’eccellenza italiana nel settore enogatronomico.
In Italia, secondo le ultime rilevazioni, i birrifici sarebbero ormai 220. Il Piemonte, con 32, è la seconda regione per espansione del fenomeno, preceduta dalla Lombardia, con 41.
Appena 15 anni fa quasi non ne esistevano e si beveva esclusivamente birra industriale o marche particolari soltanto di importazione.
Anche l’Ais (Associazione Italiana Somelliers) organizza spesso eventi e dugustazioni riguardanti quest’ottima bevanda, perché ormai, proprio come per i vini, vengono consigliate birre da abbinare a determinate pietanze.
La birra è la bevanda più diffusa sul nostro pianeta e pur essendo una bevanda attualissima vanta origini molto antiche.
La sua storia ha oltre cinquemila anni e la sua origine va situata fra Mesopotamia e Antico Egitto. A seconda dei tempi e dei Paesi ha modificato la sua natura, adeguandosi ai gusti, alla cultura, alla disponibilità delle materie prime.
Queste varianti sono infinite e in continua evoluzione, partendo dalle materie prime tradizionali: acqua, orzo, luppolo e lievito.
Ne esistono diverse tipologie, con diversi ingredienti, diverse lavorazioni e tecniche artigianali ed industriali sempre più all’avanguardia.
Ad esempio, la «Grado Plato» di Chieri, produce la classica «Spoon River», definita birra ambrata di malto d’orzo ad alta fermentazione. La «Strada San Felice» è invece una birra di castagne, la scura «Chocarrubica» è fatta con fave di cacao, carrube siciliane e avena. La Birreria Artigianale «Valle Cellio» propone birra a base di riso.
Diversi sono anche i concorsi e le manifestazioni in tutto il mondo, in molti paesi esteri la nostra birra è molto apprezzata, per qualcuno addirittura la birra migliore al mondo è italiana: è quanto stato decretato al “Chicago 2009 World Beer Championship”, che si è svolto nel dicembre scorso negli Stati Uniti.
E’ il Campionato del mondo delle birre, rassegna a cui partecipano tutte le birre ed i birrifici più importanti ( oltre 5000!) e dove una giuria di esperti attribuisce premi e riconoscimenti, medaglie d’oro, d’argento e di bronzo che vanno a certificare genuinità e qualità.
Quest’anno nella categoria delle “birre rosse” e nella categoria “birre Pilsner” ha vinto in entrambi i casi la medaglia d’oro rispettivamente con la “Vienna” e con la sua “Pils” e ha vinto anche una medaglia d’argento con la “Lager” il birrificio Theresianer di Trieste . Questo birrificio ha origini antichissime che risalgono addirittura al 1766 e prende il nome dall’allora Imperatrice dell’impero austro-ungarico Maria Teresa, regno sotto cui, all’epoca apparteneva appunto la città di Trieste.
Le bottiglie di vino Made in Italy esportate negli Stati Uniti fanno segnare dopo anni di crescita ininterrotta un calo del 3,5%, con l’avvio dell’indagine sul mancato rispetto dei requisiti del disciplinare del Brunello di Montalcino la cui produzione e’ assorbita per un quarto proprio dal mercato statunitense.
E’ quanto afferma la Coldiretti sulla base dei dati dell’IWFI per il primo semestre 2008, in occasione del nuovo sequestro di circa 10 mila ettolitri di Brunello effetuato dalla Guardia di Finanza.
“Se un tempo bastava essere seri al 99% oggi non basta piu’, occorre esserlo al 100%. Al Made in Italy non si perdonano leggerezze”, ha affermato il presidente Sergio Marini nel sottolineare che “il caso del Brunello di Montalcino e’ esemplare. La non compiuta corrispondenza fra indicazioni in etichetta e …
…componenti costitutive del prodotto, rischia di costarci cara sul piano internazionale anche se l’azione tempestiva del ministro Zaia ha evitato maggiori ed enormi danni economici e d’immagine con il superamento del blocco. Non si tratta – precisa Marini – di un vino prodotto con un uvaggio scadente, ne’ sono in gioco sicurezza alimentare o qualita’ organolettica, semplicemente le percentuali di uvaggio sembrerebbero leggermente difformi da quelle annunciate. E’ una questione di serieta’ e trasparenza”.
Il Brunello di Montalcino e’ considerato – continua la Coldiretti – un simbolo del vino italiano nel mondo. ll calo, secondo la Coldiretti, non ha tuttavia intaccato la leadership italiana tra i vini stranieri importati negli Usa davanti all’Australia e alla Francia e al Cile: una bottiglia straniera su tre che varca i confini Usa viene dal Belpaese.
Dal punto di vista qualitativo – conclude la Coldiretti – le previsioni in Italia sono per una vendemmia di buona qualita’ con un 60% dei raccolti destinati alla produzione di vini Docg…
E intanto il vino di Bolgheri e di Castagneto Carducci riscuote apprezzamenti negli Stati Uniti.
Tutto esaurito a fine gennaio, nelle tre date americane di Selezione dei Vini di Toscana, appuntamento che sceglie il meglio dei rossi e bianchi della regione. Alle tre tappe, Boston, New York e Miami, erano presenti 1500 importatori statunitensi.
Tra i vini più apprezzati il Brunello, la cui immagine non sembra aver risentito delle polemiche nostrane.
Apprezzamenti hanno ottenuto anche il Poggio alla Querce, l’azienda agricola di Michele Satta di Bolgheri, il Podere Guado al Melo e il Bazzela di Castagneto Carducci.
Non ha partecipato alla selezione il Sassicaia, che in America è il vino italiano più amato.
Il viaggio, informa una nota della Regione, era inserito all’interno della prima convention dell’industria vinicola italiana negli Stati Uniti organizzata dall’Istituto nazionale per il commercio estero (Ice) e da alcune Regioni tra cui la Toscana.
«Il successo delle produzioni vitivinicole della nostra regione nel tour americano – ha commentato l’assessore regionale alle attività produttive Ambrogio Brenna – fa ben sperare per l’andamento futuro delle esportazioni di vino negli Stati Uniti».
Il prossimo appuntamento della Selezione dei Vini di Toscana sarà a Londra il 24 febbraio; seguiranno Dusseldorf e il Vinitaly di Verona.
Da segnalare, sempre in campo vinicolo, che la compagnia aerea Eurofly ha firmato un accordo con la casa vinicola Marchesi de’ Frescobaldi di Firenze per la fornitura di vini destinati alla business class dei suoi voli.
L’accordo avrà la validità di un anno e porterà a bordo degli aerei Eurofly vini delle tenute toscane dei Frescobaldi.
E’ meglio una cassa di Brunello di Montalcino d’annata o un pacchetto di titoli azionari della più grande azienda vitivinicola cilena? La seconda, ai tempi della crisi. Perché nella tempesta che ha travolto le Borse, il nettare di Bacco non ha perso il suo fascino. Anzi, si è rivelato un ottimo investimento.
Lo dimostrano i risultati dell’ultima indagine dell’Ufficio Studi di Mediobanca che ha riunito in un indice le società vinicole quotate, tra le quali purtroppo non figura alcuna italiana. Ebbene, le big del vino hanno resistito meglio delle Borse mondiali alla crisi finanziaria.
Nel 2008 il calo registrato dall’indice è stato infatti del 28,9% contro il -38,3% della variazione delle piazze internazionali e nei primi due mesi del 2009 l’indice vinicolo ha lasciato sul terreno solo il 3,3% contro la caduta del 15,3% dei mercati mondiali. L’indagine ha preso in esame le 97 maggiori imprese vinicole italiane che fatturano più di 20 milioni di euro e le nove maggiori società quotate internazionali con un fatturato superiore ai 200 milioni di euro.
Da gennaio 2001 l’indice mondiale delle società vinicole quotate (38 in 14 Borse la cui capitalizzazione, a fine febbraio scorso, era pari a 14,1 miliardi di euro) è cresciuto del 62,4% mentre nello stesso periodo le Borse mondiali hanno piegato del 31,6 per cento. Le maggiori crescite dal 2001, secondo l’indagine, sono state segnate dalle società vinicole cilene (+101%) e cinesi (+94%) anche se in entrambi i casi sono state superate dall’indice domestico.
Le più grosse soddisfazioni sono però arrivate dall’aziende vinicole di Francia e Nord America che hanno più ampiamente superato le rispettive borse (rispettivamente del 135% e del 103%).
Dal rapporto dell’ufficio studi di Mediobanca non arrivano però soltanto buone notizie. La crisi economico-finanziaria ha comunque impattato sulla fiducia delle società vinicole che guardano al 2009 con meno ottimismo dopo un 2008 che ha evidenziato una sostanziale debolezza del fatturato (+1,4% ossia sui livelli del 2004). A tenere a galla il settore è stato, in particolare, l’export (+2,8%) che ha compensato la pesante stagnazione del mercato interno (+0,2%, meglio solo della caduta del 2% del 2005).
In particolare per quanto riguarda le attese per il 2009 la metà delle imprese prevede uno scenario stazionario, un quarto è pessimista (contrazione superiore al 3%) mentre solo il restante 25% si dichiara in crescita. Quanto all’export l’Unione europea resta di gran lunga l’area più importante (52% nel 2008, 48% nel 2007). A seguire il Nord America (37% nel 2008, 40% nel 2007). Sui restanti mercati si distingue l’insieme Asia/Australia in diminuzione del 3,5% circa rispetto al 2007. Per il 2008 si prevede, inoltre, una nuova contrazione degli investimenti (9% circa) dopo il forte ridimensionamento (-22%) del 2007. Il suo livello risulta il più basso del periodo, dopo il massimo del 2006 (oltre 300 milioni di euro).
«Il vino di qualità resiste nelle Borse ma anche sulle tavole degli italiani dove i consumi familiari di vino a denominazione di origine sono cresciuti del 7% nel 2008 in netta controtendenza rispetto all’andamento generale», sottolinea la Coldiretti commentando i dati del centro studi di Mediobanca. Anche se i dati forniti da Piazzetta Cuccia riguardano società straniere, l’andamento rilevato, aggiunge l’organizzazione, potrebbe significare che, «esaurito l’effetto dell’ubriacatura finanziaria degli ultimi anni colpevole della difficile crisi, si riparte dall’economia reale come quella agricola».
Mentre il settore vince la sfida in Borsa e tiene duro sui conti, il culto di Bacco si venera anche su Facebook. Gli amanti del buon bere sul social network superano ragionevolmente i 5 milioni, organizzati in gruppi, pagine e fan club: a fare la parte del leone è lo Champagne, che da solo supera il milione di web-appassionati, ma anche i grandi nomi italiani hanno schiere di fans. La pagina Chianti Classico più frequentata di Facebook conta da sola circa 30.000 iscritti, quella Brunello di Montalcino 17.000.
Secondo un sondaggio fatto su Winenews.it in collaborazione con Vinitaly (rassegna di riferimento dell’enologia mondiale) è risultato che il vino più amato e desiderato è il Barolo, seguito da Chianti Classico, Brunello di Montalcino e Franciacorta. Nel sondaggio si è chiesto agli eno-appossionati quali fossero le loro preferenze rispetto al vino e alla cantina del “cuore”, e questi ultimi, nel votare, si sono decisamente frammentati arrivando a indicare oltre 180 marchi: un segnale che conferma l’attuale segmentazione dell’ offerta enologica nazionale.
Seguono, nella top ten, Barbaresco, Bolgheri, Montefalco, Amarone, Collio e Supertuscan.
In forte calo Trentino e Sicilia, regioni votate per la qualità della loro offerta produttiva complessiva e non per le singole denominazioni di origine.
Nelle cantine preferite, al primo posto si trova il piemontese Gaja (8%), seguito da Antinori (5%), cantina toscana dalla storia secolare; quindi, con il 4% Bellavista, una delle più note realtà della Franciacorta fondata da Vittorio Moretti, Tenuta dell’Ornellaia, fascinosa griffe toscana sinonimo di un grande vino, Caprai, autore del rilancio territoriale di Montefalco e dell’antico vitigno Sagrantino.
Tra le più votate seguono poi Tasca d’Almerita, Terlano, San Michele Appiano, Planeta e Donnafugata. Ed ancora Ca’ del Bosco, Ferrari e Castello di Ama. Infine, tra i più gettonati, anche Biondi Santi, Tenuta San Guido, BartoloMascarello, Dal Forno, Allegrini, Valentini.
Gli enonauti che hanno risposto al sondaggio di www.winenews.it sono appassionati del vino che vantano una grande dimestichezza con le nuove tecnologie ed una quotidiana frequentazione del web, in maggioranza maschi (79%) ed il 52% di loro ha un’ età compresa fra i 30 e i 45 anni.
A Sorrento dal 3 al 6 dicembre vino, musica e arte insieme offrono un itinerario unico per un weekend prenatalizio all’insegna del buon gusto campano e non solo.
In programma nella manifestazione “Divino vino” ci sono concerti, degustazioni e mostre d’arte fotografica e di terracotta.
Tra gli artisti che si esibiranno: Yamandu Costa, Cecilia Chailly, Lino Cannavacciuolo e Ciccio Merolla.
Per le esibizioni d’arte e d’immagine esporranno i maestri: Marcello Aversa, Raffaele Celentano, Paolo Terlizzi e Ernesto Scarpato.
Concerti e locali
Nella Chiesa di San Paolo saranno esposti dal 3 al 6 dicembre scatti d’autore del fotografo Raffaele Celentano
Nel Chiostro di San Paolo saranno esposti dal 3 al 6 dicembre scatti d’autore del fotografo Paolo Terlizzi
Mostre artistiche Nell’anticorefettorio del Monastero di San Paolo si terrà la mostra di arte presepiale in terracotta a cura di Marcello
Da quattro generazioni la famiglia Vietti produce vini in Castiglione Falletto, piccolo paese medievale situato al centro delle Langhe, un posto ottimo per la coltivazione della vite, la cosidetta “zona del Barolo”.
La storia degli ultimi 40 anni di quest’azienda è stata segnata dalle scelte di Alfredo Currado, enologo dal 1952, e della moglie. Alfredo fu il primo a selezionare e vinificare uve provenienti da singoli vigneti, concetto a quel tempo impensabile ma oggi usato da quasi tutte le aziende che producono Barolo e Barbaresco.
Nel 1961 nascono i primi “crus” Vietti, il Barolo Rocche ed il Barbaresco Masseria.
Appassionati d’arte, Luciana ed Alfredo, iniziano nel 1970 ad aggiornare le etichette dei loro vini.
Scelgono così di “vestire l’arte del loro lavoro in cantina” con “un pezzo d’arte in etichetta”.
E’ in quel momento che nascono così le nuove etichette, ancora oggi utilizzate.
L’idea era di dare ai vini una veste diversa, quindi dei “Vini con Etichette d’Autore”.
Da allora ad oggi artisti della fama di Gianni Gallo, Eso Peluzzi, Pietro
Cascella, Mino Maccari, Pier Paolo Pasolini, Claudio Bonichi, Valerio Miroglio, Pierflavio Gallina, Gioxe de Micheli, ed altri hanno collaborato nella realizzazione di etichette destinate ad arricchire non solo il patrimonio artistico ma anche quello vinicolo.
Dal 1982 l’”Etichetta d’Autore” è dedicata esclusivamente al Barolo Riserva Villero, vino proposto solamente nelle annate eccezionali. Con
l’annata 1990 per la prima volta si esce da i confini nazionali e la realizzazione dell’etichetta del Barolo Riserva Villero viene affidata
ad un’artista americana, Janet Fish. Per l’occasione, nel Marzo 1996, il vino e l’etichetta vengono presentati a stampa e clienti nel
prestigiosissimo MoMA, Museo di Arte Moderna, di New York.
Dal 2000, la gestione dell’azienda passa a Mario Cordero e Luca
Currado, figli di Alfredo e Luciana, ma l’attività produttiva resta sempre nel più grande rispetto della tradizione, con mentalità aperta ed evolutiva nella ricerca della massima qualità e piacere del vino.
Si chiama “Urban Love Wine & Shopping Store”, nasce all’insegna del motto “Gusto accessibile” e in occasione di San Valentino sarà possibile acquistarvi per oltre un mese le migliori etichette di vino abbinate alle più prestigiose ed esclusive marche del design e dell’arredamento.
Da “Pane amore e fantasia” a “Vino amore e fantasia”: non si tratta di un remake del celebre film del 1953 di Luigi Comencini con protagonisti Vittorio De Sica e Gina Lollobrigida, ma più semplicemente del primo spazio commerciale internazionale completamente dedicato all’abbinamento del vino, l’arte, il design e, soprattutto, lo shopping.
“Urban Love Wine & Shopping Store” non poteva che nascere a Milano – in via Vittor Pisani, 2 – da un’idea di Saro Trovato, mood maker (costruttore di esperienze ed emozioni) di professione, che ha già prestato la sua opera per brand del calibro di Nescafé, Sanpellegrino, Purina, Tivoli Audio, ed è sostenuto dall’attenta supervisione vitivinicola della Famiglia Pasqua, azienda veronese presente con le sue etichette in oltre 40 paesi del Mondo, che ha creduto fortemente nel nuovo modo di proporre e vendere al pubblico il vino.
“Vogliamo fare incontrare il mondo del vino con quello dello shopping metropolitano, il tutto con prezzi di un vero e proprio outlet” afferma Saro Trovato, presidente di “Found!”, la società che gestisce lo spazio commerciale sperimentale.
“Non solo: il vino, per le sue qualità e per il mondo che lo genera e lo rappresenta, merita di stare al fianco delle migliori opere di design e dell’arte. Il vino è uno dei prodotti considerati più cool da New York a Tokio, e il nostro vino si fa rispettare in ogni parte del pianeta. Ecco quindi che abbiamo voluto a tutti i costi costruire uno spazio in cui far condividere diverse esperienze ed emozioni. Una risposta anche a chi cerca e vuole vivere il vino e lo shopping come momento di benessere e relax, evitando di trasmettere un’immagine ormai non al passo con i tempi”.
Tanti i marchi e i brand più noti che hanno deciso di legare il loro nome all’Urban Love Wine & Shopping Store.
Oltre a molte etichette del vino, sono presenti marchi del calibro di Sanbitter, che ha dedicato addirittura un’esclusiva special edition “You&Me” all’iniziativa, prodotti e marchi di design firmati Philippe Starck, la home collection di Fiorucci, i cuscini d’arredo Fat Boy, nati dall’intuizione del designer finlandese Yukka Setālā, le cantinette della DeviceStyle, con designer del calibro di Mikio Akita.
Nello spazio non poteva mancare un omaggio all’urbanità grazie alla presenza di una linea di biciclette artigianali dal design decisamente “retrò”, a marchio Ranieri, fino a ieri prodotti cult rintracciabili solo su Internet e adesso disponibili al pubblico presso il primo spazio del “Gusto Accessibile”.
Inoltre, in collaborazione con la più importante realtà italiana per “il diritto di essere figlio”, nasce l’iniziativa “Urban Love for Children” a favore dell’Ai.Bi, Associazione “Amici del Bambino”.
Dalle magliette T-Dream al cavatappi Sundream di Alessi, dalla Rosa di Jericho simbolo della vita che non muore mai al servizio da caffè “Storie in Tazza”, tante simpatiche idee regalo per “lui&lei” con un doppio traguardo: la felicità del proprio partner e il sorriso di un bambino.
Per oltre un mese sarà possibile visitare lo spazio per vivere, ma anche acquistare vere opere d’arte. Inoltre, in collaborazione con la Leo Gallerries, l’esclusiva galleria d’arte con sedi a Monza e Lugano, l’Urban Love Wine & Shopping Store propone la mostra “personale” di Andrea Fumagalli, artista pop di fama internazionale e leader insieme a Morgan della band Bluvertigo, dal titolo “Andy: Uno sguardo nel pop”. Un viaggio all’interno del mondo del pop attraverso i lavori visionari dell’artista italiano brianzolo, che fanno subito venire in mente i capolavori di Andy Warhol e Roy Lichtenstein, con la tipica attenzione all’ambiente circostante e all’influenza che su di esso esercitano i mass media e le attività commerciali, i quali permettono di creare un’interessante e approfondita analisi sul rapporto fra arte e linguaggio, fra arte e oggetto. Ma, soprattutto, i sogni e bisogni che ci portiamo dietro dall’esperienza più “fumettosa” della nostra vita, con miti del calibro di Goldrake o Lupin III.
“Bollicine su Trento”, la manifestazione spumantistica dedicata alle bollicine del Trentodoc, un capolavoro tutto trentino.
Degustazioni, incontri, approfondimenti, tutto quello che c’è da sapere su un prodotto che per carattere, eleganza ed esclusività si fa apprezzare in Italia e nel mondo.
E da non perdere “Bollicine in scena”, uno spettacolo teatrale a cura del teatro stabile di innovazione L’UOVO dell’Aquila dedicato ai brindisi nella storia del cinema.
Il 26 novembre la cerimonia di inaugurazione (ore 17.30) darà il via ad un programma ampio e ricco di appuntamenti, che accompagnerà appassionati e curiosi in un viaggio alla scoperta di uno dei prodotti di punta della vitivinicoltura trentina e nazionale.
Ospite d’onore dell’edizione 2009 sarà il Teatro stabile di innovazione “L’Uovo” de L’Aquila che proporrà uno spettacolo teatrale dal titolo “Bollicine in scena”: un mix di luce, colori, musiche e coreografie ispirate ai brindisi più celebri della storia del cinema che nel periodo dell’evento coinvolgerà gli spettatori in un percorso lungo le sale del Palazzo, concluso da degustazioni di TRENTODOC e piatti della tradizione aquilana.
Si consolida così un’amicizia fra L’Aquila e Trento che in più occasioni mha dato prova di grande intensità e che si propone non solo di sottolineare la versatilità delle bollicine trentine – abbinamento ideale con i grandi piatti della cucina italiana – ma anche lo stretto rapporto che lega l’arte in tutte le sue manifestazioni, dalle eleganti movenze sceniche di una raffinata performance teatrale ad un esclusivo prodotto enologico.
Fra le tante iniziative di interesse (approfondimenti enogastronomici, degustazioni guidate, abbinamenti fantasiosi) merita di essere ricordata anche la tavola rotonda del 27 novembre ad ore 15.30, dal titolo “Trentodoc: bollicine d’autore. Carattere, eleganza ed esclusività del metodo classico trentino”, con la partecipazione di giornalisti della TV (Philippe Daverio – Passepartout RAI3) e della carta stampata nazionale (Licia Granello – La Repubblica; Marco Sabellico – Gambero Rosso), per approfondire i temi del legame prodotto-territorio e del posizionamento del Trentodoc quale espressione di uno stile di vita improntato all’eleganza e all’esclusività.
Non mancherà poi la possibilità di degustare autonomamente tutta la collezione del TRENTODOC, comprese le più recenti novità, che arricchiscono con nuove sfumature di sapori e profumi l’ampia collezione delle bollicine trentine.
Il fascino dell’atmosfera che sanno creare le cosiddette “BOLLICINE”, IL colore del topazio,il profumo inebriante ed una sapidità indimenticabile già al primo assaggio…..si parla di Spumante!
Questi vini provengono da più zone, non sono sempre ottenuti dalle stesse uve e sono prodotti con diversi metodi. Per questo hanno un sapore diverso tra loro, ognuno è adatto a particolari portate e a momenti speciali.
Tutti i vini spumanti – indipendentemente dalla tecnica utilizzata per la loro produzione – hanno una caratteristica comune: sono il risultato di un’elaborazione svolta su un vino “normale” e prodotto secondo le normali e comuni pratiche enologiche. Si tratta quindi di un vino rielaborato secondo tecniche specifiche e che hanno come risultato quello di rendere effervescente un vino. Per questo motivo gli spumanti rientrano nella categoria dei cosiddetti vini speciali.
Le tipologie di spumanti più frequenti sono comunque quelli prodotti a partire da vini bianchi e rosati, molto raramente con vini rossi. Tutti gli spumanti, sono ottenuti miscelando vini di differenti annate. Uno spumante, quindi, per definizione non ha l’annata. Ciò si fa, principalmente, per avere un prodotto dalle caratteristiche organolettiche costanti.
Il metodo classico è il sistema più importante per la produzione dei vini spumanti e con il quale si ottengono generalmente i migliori risultati in termini di eleganza, complessità organolettica e finezza.
Questo sistema, detto anche metodo tradizionale, méthode Champenoise, méthode traditionnelle o méthode classique, è prevalentemente utilizzato con vini prodotti da uve non aromatiche e in modo particolare con Chardonnay, Pinot Nero, Pinot Meunier e Pinot Bianco. Il metodo classico consiste essenzialmente nel favorire una seconda fermentazione del vino che si svolge all’interno di una bottiglia, un processo che prende il nome di rifermentazione in bottiglia.
Un particolare aspetto di questa tecnica è costituito dalla bottiglia che accompagna il vino dalla sua rifermentazione fino al momento del consumo e cioè la bottiglia che contiene uno spumante metodo classico è esattamente la stessa in cui quello spumante è stato prodotto.
la trasformazione in spumante metodo classico inizia con l’aggiunta alla cuvée ( vino base) di una miscela – detta liqueur de tirage o liquore di tiraggio – composta dallo stesso vino base, zucchero di canna, lieviti selezionati e altre sostanze utili a facilitare il processo del rémuage (particolare tecnica che favorisce la raccolta dei sedimenti sul collo della bottiglia).
Nella maggior parte dei casi si aggiungono 24 grammi di zucchero per litro sufficienti a fare sviluppare all’interno della bottiglia una pressione di 6 atmosfere e per questa ragione lo spessore delle bottiglie degli spumanti è maggiore in modo da prevenire la sua esplosione. Successivamente il vino viene imbottigliato e le bottiglie vengono tappate con tappi a corona dotati di uno speciale contenitore – detto bidule – utile a raccogliere i sedimenti al termine della fermentazione, la tappatura dovrà garantire un’eccellente tenuta all’alta pressione interna della bottiglia.
Le bottiglie vengono conservate orizzontalmente in cantina ad una temperatura costante di circa 10° e in questa fase inizia la fermentazione all’interno della bottiglia ad opera dei lieviti. Inizia dunque la prise de mousse o presa di spuma, cioè la vera e propria rifermentazione del vino. In questa fase l’anidride carbonica, non potendo uscire dalla bottiglia, rimane al suo interno creando zquindi l’effervescena.
La rifermentazione ha una durata di circa uno o due mesi e al suo termine il grado alcolico del vino sarà aumentato di circa 1,2 – 1,3°. Durante la rifermentazione le bottiglie vengono periodicamente ruotate in modo da evitare l’incrostazione dei lieviti sulla parete della bottiglia. Quando è terminata la rifermentazione – cioè quando tutto lo zucchero è stato trasformato dai lieviti in alcol e anidride carbonica – le bottiglie vengono lasciate maturare in cantina ed è in questa lenta fase che il vino aumenterà la sua complessità organolettica.
A questo punto i lieviti iniziano a rilasciare le loro sostanze aromatiche nel vino che arricchiranno le qualità del vino.
Questo processo prende il nome di autolisi dei lieviti e si verifica in genere dopo otto o dieci mesi dal termine della rifermentazione. Il tempo in cui il vino viene lasciato in contatto con i suoi lieviti all’interno della bottiglia è in genere di 15 mesi per gli spumanti non millesimati e di 30 mesi per quelli millesimati, tuttavia i migliori spumanti metodo classico rimangono in questa condizione anche per dieci anni e spesso anche di più. Quando il produttore decide di concludere il tempo di affinamento sui lieviti, è necessario rimuovere il sedimento di lieviti dalla bottiglia in modo da ottenere un vino limpido e presentabile.
metodo industriale di produzione dello spumante, altrimenti detto Charmat, consente di lavorare i vini in maniera veloce, a produzione continua, adottando le tecniche più moderne man mano sviluppate dall’industria enologica. Il metodo Charmat, a differenza del metodo classico, è un metodo di spumantizzazione rapida che permette alla spuma di svilupparsi nel vino base con aggiunta di zucchero in capaci serbatoi a grande tenuta di pressione raggiunta la quale il vino viene immesso in bottiglia.
Il Prosecco è un vitigno a bacca bianca che prende il nome da una omonima frazione della città di Trieste. Da esso si ricavano i vini bianchi, per lo più spumante o frizzanti, con il loro caratteristico retrogusto leggermente amarognolo.
Il vino Prosecco viene prodotto unicamente nel Trevigiano, in una zona delimitata tra le città di Conegliano, Valdobbiadene e Vittorio Veneto, e nella zona del Montello e Colli Asolani.
La zona di produzione interessa 15 comuni e si estende su un’area di circa 18 mila ettari di superficie agricola. La vite è coltivata solo sui versanti meridionali, a un’altitudine compresa tra i 50 e i 500 metri slm. Attualmente all’albo Doc sono iscritti circa 4.100 ettari di vigneto, lavorati da 3.300 viticoltori, da cui sono stati raccolti nelle ultime vendemmie circa 105 quintali per ettaro.
Il prosecco è un vitigno rustico e vigoroso, con tralci color nocciola e grappoli piuttosto grandi, lunghi, spargoli e alati; a maturazione gli acini assumono un bel colore giallo dorato. Il prosecco è il vitigno che garantisce la struttura base al vino di Conegliano-Valdobbiadene, ma Verdiso, Perera e Bianchetta, vitigni considerati minori, possono in alcune annate e in alcune zone contribuire con la loro specificità a mantenere l’equilibrio organolettico.
L’uva presenta grappoli di media grandezza con peduncoli molto lunghi ed erbacei, tralci lunghi e sottili di colore rossiccio. Gli acini sono medio grandi, di forma ellissoidale, con buccia di colore verde chiaro dalla caratteristica punteggiatura, che diventa giallo citrino a maturazione. La Perera, utilizzata nella vinificazione per aumentare il profumo e l’aroma, è un vitigno molto simile al Prosecco, con grappoli leggermente più grandi, acini di color giallo intenso e foglie verde scuro, lucide e lisce.
La Bianchetta maturando prima,per ingentilire il Prosecco soprattutto nelle annate fredde. Coltivata ancora nelle zone più alte e impervie, ha una notevole vigoria, foglie color verde opaco e grappoli verdi-giallastri di media grandezza dotati di una grande ala ben evidenziata.
Il Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene, nasce da poche ma precise regole che ne garantiscono l’unicità e l’autenticità. Tranquilli, Frizzante o Spumante, il Prosecco Doc di Conegliano-Valdobbiadene si riconosce per il colore giallo paglierino leggero, la moderata corposità, l’esclusivo profumo fruttato e floreale.Il Prosecco è prodotto prevalentemente in due versioni, l’Extra Dry e Brut.
L’UE è il principale produttore di vino al mondo, come anche il primo esportatore mondiale di prodotti vitivinicoli, e il settore contribuisce all’economia dell’UE con circa 15 miliardi di € l’anno.
Tuttavia, l’importanza del settore vitivinicolo per l’economia europea non dovrebbe essere calcolata in termini esclusivamente monetari.
È un settore che coinvolge molti livelli della vita in Europa, contribuendo in maniera significativa al benessere collettivo sul piano socioeconomico, ambientale e societale: laddove le viti ingentiliscono il paesaggio, il settore vitivinicolo offre lavoro a milioni di individui, aiutando a mantenere il tessuto delle società rurali e a preservare uno stile di vita che è centrale alla nozione stessa di identità europea. Non da ultimo, spesso assaporati con del buon cibo o degustati per celebrare eventi importanti, il vino e i prodotti vitivinicoli sono apprezzati da milioni di persone in Europa e nel resto del mondo.
Il settore vitivinicolo europeo riconosce l’importanza di tali contributi e cerca di promuovere la filiera e i suoi prodotti all’interno dell’UE e altrove.
Il settore vitivinicolo europeo, tuttavia, è consapevole anche dei rischi per la salute e dell’impatto socioeconomico negativo che possono essere o che sono stati generati da un consumo scorretto di vino e di altre bevande alcoliche. Esso riconosce che, se per la maggioranza dei consumatori i prodotti vitivinicoli costituiscono una bevanda gradevole da degustare con moderazione, vi è una minoranza di individui che abusano dei prodotti alcolici secondo modalità che risultano nocive per loro stessi e che possono recar danno a chi li circonda. Il settore è inoltre consapevole delle preoccupanti tendenze legate al cosiddetto “binge drinking”, che è diventato una pratica particolarmente diffusa in alcune parti dell’Unione europea e presso determinati gruppi sociali, di età e socioeconomici.
Il settore vitivinicolo europeo ritiene che i prodotti di qualità da esso elaborati inducano di per sé a dei modelli di consumo moderato. Ciononostante, riconoscendo anche che non tutti gli individui consumano vino con moderazione, il settore cerca di promuovere la moderazione e il senso di responsabilità nel consumo di vino come norma sociale.
A tal fine, il settore vitivinicolo europeo ha sviluppato un programma paneuropeo, denominato “Il vino con moderazione”, che mira a promuovere dei modelli di consumo ragionevoli e a ridurre i danni legati al consumo eccessivo e scorretto di alcol e che sostiene delle iniziative volte a limitare i comportamenti dannosi legati all’alcol in Europa, preservando al contempo la posizione che il vino occupa nella cultura, nell’ambiente e nell’economia della società europea.
Il presente messaggio definisce un approccio comune che costituirà le basi e i fondamenti del programma “Il vino con moderazione”, il quale sarà presentato in tutta l’Unione europea con lo scopo di:
Comunicare la moderazione e il senso di responsabilità nel consumo ragionevole di vino, promuovendo ciò come norma sociale/culturale;
Contribuire a prevenire gli abusi e/o gli eccessi nel consumo di bevande alcoliche, riducendo il consumo improprio di alcol e aiutando i giovani e gli adulti a prendere decisioni sensate e responsabili relative al bere;
Collaborare in maniera efficace con le autorità competenti e con altri soggetti interessati alla prevenzione del consumo scorretto o eccessivo di vino.
Per tutti gli amanti del bere, per quelli che non sanno fermarsi davanti una bella e buona bottiglia di vino, finalmente arriva una soluzione: un sostituto artificiale dell’alcol, che da’ una sensazione di ubriachezza ma senza lasciare il bevitore con un grosso mal di testa e una sbornia da smaltire il giorno dopo.
A realizzarlo e’ stato un team di esperti farmaceutici dell’Imperial College di Londra, guidato dal professor David Nutt. Questo nuovo tipo di alcool, gia’ testato con successo su alcuni volontari, è composto da sostanze chimiche simili al sedativo Valium. Crea una sensazione di ubriachezza paragonabile a quella dell’alcol, rendendo rilassati.
Nutt ha spiegato al quotidiano britannico Daily Mail “E’ una sostanza incolore, insapore e priva di effetti collaterali indesiderati. Anche se ne si beve tanto, inoltre, si rimane – ha aggiunto – solo mediamente ubriachi, e non si soffre della sbornia del giorno dopo”.
La speranza di Nutt è quella di creare una buona alternativa all’alcol, qualcosa che sostituisse le comuni bibite come birra, vino e liquori.
Il Professore ha spiegato: “L’uso di questa sostanza potrebbe ridurre il problema del bere in Gran Bretagna, un problema che costa a questo paese 3 miliardi di sterline all’anno. Potrebbe anche ridurre il numero di morti a causa dell’avvelenamento da alcool”.
Tuttavia altri esperti di farmaci ritengono che la nuova sostanza sarebbe classificata come medicinale, impedendo cosi’ il suo libero utilizzo nelle bevande.
Londra – Bere vino con una minore gradazione alcolica puo’ ridurre il rischio di cancro al seno e all’intestino.
E’ il consiglio che il World Cancer Research Fund ha dato agli appassionati bevitori di tutto il mondo.
Secondo i dati dell’organizzazione, infatti, bere vino a 10 gradi invece che i piu’ comuni vini a 12 o 14 gradi permette di ridurre del 7 per cento il rischio di cancro.
”Centinaia di casi potrebbero essere evitati se solo si passasse ad una gradazione alcolica minore. Per ogni 100 persone che rinunciano al vino troppo alcolico, 5 svilupperanno cancro agli intestini invece che 6”, hanno dichiarato i portavoce del World Cancer Research Fund. ”Dal punto di vista della prevenzione sappiamo che non bere affatto è la cosa migliore”, ha detto Rachel Thompson, Science Programme Manager dell’organizzazione.
Tuttavia, se le persone non vogliono farlo – ha continuato – passare a un vino con minore contenuto alcolico e’ comunque una
buona alternativa. Se tutti coloro che bevono vino a 14 gradi lo facessero, migliaia di casi di cancro potrebbero essere evitati”.
Questo consiglio, ricorda Thompson, non riguarda ovviamente solo i vini, ma anche birra ed altre bevande alcoliche.
”Ci piacerebbe che le industrie alimentari e i venditori cominciassero a incentivare la scelta di vini piu’ leggeri, in modo da permettere ai consumatori di acquistare prodotti meno dannosi per la salute”, ha concluso Thompson.
Che la pasta si il prodotto abruzzese più venduto all’estero (sua maestà DE CECCO), lo sapevano tutti, ma a sorprendere quest’anno è stato il vino, registrando nei primi nove mesi del 2009 con un incremento del 4,4% rispetto allo stesso periodo del 2008, a fronte di un decremento dell’export nazionale del 5,7%.
I vini abruzzesi sono il Montepulciano d’Abruzzo, il Trebbiano d’Abruzzo e il Montepulciano d’Abruzzo Cerasuolo, che a quanto pare sono conosciuti ed apprezzati più all’estero che in Italia.
La cosa sorprendente è che le produzioni vinicole di altre regioni come Piemonte, Toscana e Veneto hanno visto, invece, restringersi la loro quota di mercato.
Nel periodo 2003-2008, invece, l’export abruzzese era passato da 234 milioni di euro di fatturato a 339 milioni di euro con una crescita del 44% in appena sei anni. Sono alcuni dei dati più significativi messi in evidenza nel corso di una conferenza stampa che ha visto la partecipazione dell’assessore all’Agricoltura, Mauro Febbo, e del presidente del Centro Estero delle Camere di Commercio abruzzesi, Daniele Becci.
Insomma, L’agroalimentare abruzzese non teme la crisi e mostra dati in controtendenza rispetto a quelli nazionali.
L’assessore Febbo durante la conferenza ha anche presentato le attività di promozione per il 2010 del comparto agroalimentare, ha spiegato: “Il programma è il frutto di una forte sinergia tra Regione, Arssa, Centro Estero delle Camere di Commercio e privati”, ha spiegato l’assessore Febbo, “e vedrà il meglio della produzione agroalimentare regionale apparire negli stand di almeno una decina tra le più importanti manifestazioni fieristiche del mondo”. Infatti, si va dal Winter Fancy Food di San Francisco al Prodexpo di Mosca, dal Foodex Japan di Tokio all’International Food & Drink Expo di New Delhi. Intanto, il prossimo 16 febbraio si farà tappa anche a Pescara con il Road Show dei Vini. “Tuttavia”, ha rivelato l’assessore Febbo, “stiamo lavorando anche per essere presenti a Shangai in Cina in collaborazione con l’assessorato allo Sviluppo economico. Del resto, oltre ai consueti mercati internazionali ci interessa far conoscere i nostri prodotti di eccellenza anche a quelli emergenti come India e Brasile soprattutto per quanto riguarda i vini”.
Il costo dell’intera operazione è di 825 mila euro. E’ pari a 253 mila euro l’apporto finanziario della Regione mentre il Centro Estero delle Camere di Commercio copre una quota di 229 mila euro. I restanti 333 mila euro sono a carico dei privati.
Tre giorni dedicati al mondo del vino, alle sue suggestioni e sensazioni ed in particolare all’ Alcamo, si tratta del “WINE WEEKEND”.
La rassegna, alla prima edizione,si svolgerà dal 4 al 6 dicembre prossimi ad Alcamo (Trapani), nella Sicilia Occidentale.
L’evento, organizzato dal Comune di Alcamo in collaborazione con l’Associazione Strada del Vino, è dedicato agli appassionati del mondo del vino, operatori e giornalisti specializzati che vogliono trascorrere un week end alla conoscenza dell’Alcamo e delle bellezze di un territorio storico a forte vocazione vitivinicola.
Durante la tre giorni, in cui protagonista sarà l’affascinante mondo di Bacco, si svolgeranno degustazioni incontri tematici e visite guidate alle cantine più rappresentative del comprensorio.
Il Castello dei Conti di Modica sarà la location delle “Wine Experience” che daranno la possibilità di degustare, ogni giorno dalle 12 alle 19, le migliori etichette dell Alcamo, ma anche di visitare il museo del vino e l’enoteca regionale.
In programma wine tasting tematici, moderati dal giornalista Fabrizio Carrera, e dedicati alla scoperta degli “internazionali” di Alcamo sia bianchi che rossi, al Nero d’Avola o al confronto tra etichette di diversi territori.
Il vino incontra i sapori del territorio nell’ambito dell’iniziativa “Calici divini”: momenti di degustazione, all’enoteca regionale, di etichette abbinate a prodotti agroalimentari d’eccellenza.
L’ ex Collegio dei Gesuiti ospiterà un villaggio espositivo che metterà in mostra i prodotti e le cantine
del territorio, tra artigianato ed agroalimentare, mentre per i più piccoli è stato pensato un programma dedicato di attività, giochi e
animazione.
I più golosi, inoltre, potranno conoscere i sapori del territorio attraverso gli “Happy Menu” che saranno proposti durante la rassegna, a prezzi promozionali, da tre ristoranti convenzionati: l’Hotel Centrale, l’Hotel La Batia e il Baglio La Fastuchera. Gli stessi esercenti proporranno tariffe agevolate a chi volesse pernottare in occasione della manifestazione. Sabato e domenica le aziende vitivinicole del territorio apriranno le porte nell’ambito dei Wine Tour. I visitatori potranno andare alla scoperta delle cantine, delle tecniche di produzione del ed effettuare degustazioni.
sono previsti momenti di degustazione giornalieri a cui il pubblico potrà partecipare all’interno dei suggestivi saloni del Castello dei Conti di Modica. In programma degustazioni tematiche con i migliori vini dell’Alcamo DOC e non solo.
villaggio espositivo allestito presso il Loggiato del Collegio dei gesuiti che ospiterà le aziende sponsor, cantine e produttori locali. Il villaggio proporrà un interessante itinerario fra artigianato, turismo ed agroalimentare.
presso la Biblioteca Multimediale e il Castello dei Conti di Modica, ogni giorno giochi e animazione per i più piccoli.
nell’arco del week end i ristoranti convenzionati di Alcamo e del territorio proporranno ad un prezzo fisso
un pranzo a base di specialità enogastronomiche locali.
degustazioni non stop, dalle 12 alle 19, al Castello dei Conti di Modica. Nove banchi d’assaggio proporranno i profumi, i colori e le migliori specialità delle cantine dell’Alcamo Doc.
una selezione delle migliori etichette dell’Alcamo Doc incontra le eccellenze agroalimentari siciliane per delle degustazioni imperdibili. Ogni giorno, l’appuntamento è all’enoteca regionale.
villaggio espositivo allestito presso il loggiato dell’ex Collegio dei gesuiti. In vetrina aziende sponsor, cantine e produttori locali tra
artigianato, turismo ed agroalimentare.
sabato e domenica le cantine del territorio aprono le porte a turisti e visitatori per momenti di degustazione e visite ai vigneti.
Promossa dall’Associazione Nazionale Città del Vino, si è costituita nel Luglio del 2000 l’Associazione della “Strada del vino Alcamo Doc”, allo scopo di potenziare le capacità di attrazione del territorio e delle sue risorse storico-culturali, naturalistiche ed ambientali in relazione ai percorsi della Strada del Vino e di valorizzare e promuovere in senso turistico le produzioni vitivinicole, le attività agroalimentari di qualità e le specialità tipiche del territorio.
Attualmente alla “Strada” sono associati Comuni, cantine e aziende vitivinicole, aziende ricettive e della ristorazione.
La combinazione d’insieme, nelle terre dell’Alcamo Doc, fra natura, cultura e prodotti tipici, offre uno splendido esempio di turismo enogastronomico di qualità, inteso come modo con il quale ognuno potrà arricchire i propri interessi culturali.
In questo contesto l’Associazione promuove, con un progetto coordinato, una serie di iniziative e di eventi culturali, integrati in un’offerta turistica che coniuga storia, cultura e sapori.
Alcamo, si trova più precisamente a cavallo delle province di Trapani e Palermo, ed è uno degli esempi più suggestivi della Sicilia.
Un paesaggio ampio e collinare, che si affaccia sul Golfo di Castellammare, dominato dalla presenza del vigneto che disegna verdi
geometrie di filari ordinati su terre assolate e dai colori cangianti: dal bruno delle argille, al rossastro delle sabbie, ai bianchi calcari
pietrose. Qui le uve danno vita a vini di alta qualità, bianchi, rosati e rossi intensi, apprezzati in tutto il mondo.
L’Associazione “Strada del vino Alcamo Doc” promuove, per suo statuto, percorsi turistici alternativi in un’area ad alta vocazione vitivinicola caratterizzata dalla presenza di cantine, da produzioni gastronomiche tipiche nonché da attrattive naturalistiche-ambientali, archeologiche e storico-culturali particolarmente significative ai fini di un’offerta turistica integrata.
Gli itinerari che qui si presentano attraversano luoghi di rara bellezza, sentieri naturalistici ricchi di tradizioni contadine, casali, bagli e masserie di ineguagliabile bellezza decadente, filari di vigne bordati da olivi centenari che testimoniano la fatica e l’arte dei contadini.
L’eno-turista, nel percorrere gli itinerari proposti, troverà un’offerta ricettiva ben distribuita per tipologia (dagli alberghi alle strutture agrituristiche) e per dislocazione territoriale e potrà assaporare la sorprendente cucina siciliana frutto di una sapiente tradizione gastronomica originata dalle diverse civiltà con cui è venuta in contatto durante le diverse dominazioni, dai greci ai romani, dagli svevi agli spagnoli.
L’influenza del mare, i prodotti tipici dell’agricoltura (fichidindia, melanzane, meloni, arance), il buon vino e la creatività di cuochi e pasticceri si ritrovano, con un mix straordinario, nella cucina locale.
Lo ha annunciato ieri il Presidente del Consorzio Chainti Classico, Giuseppe Liberatore. Il Chianti Classico è il primo vino italiano docg ad essere quotato alla borsa telematica agroalimentare.
Se apparentemente la notizia può sembrare non importante, ha invece una valenza straordinaria, in quanto la sua quotazione degli scambi sul mercato telematico garantirà soprattutto trasparenza nella formazione del prezzo finale.
La trasparenza nella formazione del prezzo è di grande importanza soprattutto per i buyers internazionali della grande distribuzione, che avranno così un parametro oggettivo di riferimento.
Siamo quindi di fronte al primo vino DOCG che approda nella borsa telematica agroalimentare visto che fino ad oggi i prodotti agroalimentari italiani con denominazioni di origine non riguardavano alcun vino DOCG.
Ricordiamo che la vendemmia 2009 del Chianti Classico si è avvalsa di una stagione piuttosto equilibrata e un inizio di autunno scaldato dal sole.
Il favorevole andamento stagionale ha quindi offerto le migliori condizioni per portare in cantina frutti maturi, dalla giusta acidità e da una buona complessità aromatica. Dal punto di vista quantitativo si prevede una produzione che non dovrebbe discostarsi molto da quella dello scorso anno (268.000 hl).
Il Chianti Classico ha ricevuto recenti riconoscimenti direttamente dagli Stati Uniti: solo poche settimane fa è stata la prestigiosa rivista statunitense “Wine Spectator” a premiare ben 18 Chianti Classico 2006 sopra i 92 punti con delle vette di 95/96; sono invece oltre 50 i Chianti Classico 2005 e 2006 che hanno ottenuto punteggi superiori ai 90 punti nella nota testata “Wine Advocate” diretta da Robert Parker.
Sono stati pubblicati i dati definitivi della produzione 2009 del vino in Italia ed elaborati dall’Associazione Enologi Enotecnici Italiani – Organizzazione nazionale di categoria dei tecnici del settore vitivinicolo – Assoenologi.
I dati di seguito riportati sono il risultato dell’elaborazione di migliaia di rilievi fatti attraverso diverse fonti.
La base è data dalle valutazioni condotte a livello locale dalle diciassette Sedi periferiche dell’Associazione i cui risultati vengono poi confrontati con un’altra moltitudine di informazioni ottenute in modo autonomo dalla Sede centrale dell’Assoenologi.
Questo sistema consente di formulare le previsioni sulla produzione della campagna in corso in modo obiettivo e veritiero, tanto da essere confermate nei mesi successivi dall’Istituto nazionale di statistica con piccoli margini di differenza.
IL PUNTO SUL SETTORE VITIVINICOLO ITALIANO
Secondo il Centro studi di Assoenologi, la produzione mondiale di vino, sulla base della media del triennio 2005/2007 (ultimo dato disponibile), è di circa 300 milioni di ettolitri, di cui 170 provengono dai Paesi dell’Unione Europea, che produce pertanto poco meno del 60% del vino mondiale.
Il 17% della produzione mondiale ed il 30% di quella comunitaria “parlano italiano”.
La media delle nostre produzioni è diversa a seconda dei periodi considerati. Essa, infatti, è di 58,8 milioni di ettolitri se riferita al decennio 1989/1998, cala a 49,5 milioni di ettolitri se rapportata al periodo 1999/2008, per diminuire a 48,4 milioni se calcolata sugli ultimi cinque anni (2004/2008).
Parallelamente è mutata la superficie di uva da vino in produzione che nel 1980 era di 1.230.000 ettari, nel 1990 era scesa a 970.000 ettari ed oggi è di 684.000 ettari secondo l’Istat (650.000 secondo altre fonti).
Negli ultimi diciannove anni si sono persi 286.000 ettari di vigneto, più di quanti ne hanno oggi la Lombardia, la Puglia e la Sicilia insieme.
A MILANO arriva l’happy aperitivo, la nuova battaglia del Comune contro il solito happy hour.
La delibera è già firmata, l’obiettivo fin troppo chiaro: offrire un’alternativa di qualità al mangia&bevi low cost.
Questo per evitare che i Giovani si abbuffino all’ora dell’aperitivo con cibo cattivo e cocktail ad altissima gradazione alcolica.
«Proporremo un aperitivo il più salutare possibile. A partire dal vino, che dovrà essere preferibilmente rosso per caratteristiche organolettiche sicuramente più indicato del bianco. E poi massima attenzione ai prodotti biologici. A partire dalla frutta e dalla verdura, che sui banconi dei sei locali saranno chiamate a sostituire focaccine e salatini ».
La proposta arriverà forse già da venerdì in giunta per essere approvata, ed arriverà inizialmente in sei locali della città, uno per ogni zona della movida milanese.
Indubbiamente una bella proposta, però, rimangono alcune questioni da risolvere.
La più importante è quella relativa al finanziamento.
Il progetto dell’assessore costa infatti 50mila euro. La seconda questione, riguarda un quesito logico: Esiste un mercato di qualità dell’aperitivo? Il popolo dell’happy hour è davvero pronto a convertirsi in massa al biologico e allo slow food?
Il dubbio parte da Lino Stoppani, presidente di Epam (l’associazione che riunisce i pubblici esercizi della città) dice:
«L’offerta dei locali dell’aperitivo risponde molte spesso a un’esigenza di cassa dei giovani: mangiare tanto, spendendo il meno possibile».
Daltronde Stoppani si dice in ogni caso «più che favorevole» all’iniziativa del Comune. «Qualsiasi sforzo in direzione di consumi più sani e salutari è comunque da apprezzare
Distillare significa letteralmente estrarre “goccia a goccia”, ricavare l’essenza, lo ”Spirito”, da qualcosa. E’ esattamente questo il senso e il valore dell’antichissima arte della preparazione dei distillati.
Ad aiutarci a scoprire questa raffinata arte ci pensa Spruzzi di Spirito, un evento-manifestazione degustativo-mercato che si svolgerà il 30 ed il 31 gennaio 2010, a Gussago (Bs), con l’obiettivo di promuovere e far conoscere nel giusto e corretto modo i Distillati ed in particolare un prodotto unico nel mondo e di altissima qualità come la “Grappa”.
Gussago si trova in incantevole contesto collinare della Franciacorta, in provincia di Brescia, fra i fiumi Oglio e Mella, fra le Alpi e la Pianura Padana. A nord-ovest la Franciacorta è delimitata dal lago d’Iseo e grazie alla sua posizione pedecollinare protetta gode di un clima mite e gradevole.
Molti ignorano che la provincia di Brescia, ed in particolare la zona di Gussago, siano zone storicamente vocate e di importante produzione dei Distillati.
ad assaggiare le grappe e i distillati dell’aziende espositrici;
a degustare un piatto con ingrediente la Grappa (per esempio: Tortello Bresciano alla Grappa);
WINE SHOW è un evento unico dove si può entrare in contatto con tutti i protagonisti del mondo del vino: produttori, cantine, professionisti del settore, giornalisti, scrittori, enoappassionati.
Un appuntamento imperdibile per riscoprire il piacere, la storia, la cultura del vino tra incontri, degustazioni, laboratori e appuntamenti dedicati ai piaceri dell’enogastronomia curati da Slow Food.
L’evento si svolgerà nella sede espositiva di Lingotto a Torino, un volume complessivo di oltre 800.000 metri cubi, 4 padiglioni monoplanari collegati tra di loro, che si articolano tra due gallerie multipiano, insomma, qualcosa di spettacolare!
I visitatori e gli espositori di Lingotto Fiere hanno a disposizione una serie di servizi situati nella Galleria Visitatori tra i quali guardaroba, ristorante, pizzeria, sportello banca, bar, minimarket e giornalaio.
Valdobbiadene (TV) – Meno burocrazia in agricoltura e, per tutelare il Prosecco a livello mondiale, lavorare ad una soluzione basata sul toponimo territoriale. Sono stati questi i temi chiave toccati dal vicepresidente della giunta regionale del Veneto Franco Manzato, intervenuto questa mattina a Villa dei Cedri alla giornata inaugurale dell’edizione 2008 del Forum degli Spumanti d’Italia, momento di confronto e valorizzazione sulle “bollicine” italiane.
La manifestazione è stata inaugurata ufficialmente dallo stesso ministro delle politiche agricole Luca Zaia, stappando con la sciabola un magnum di Prosecco Doc Conegliano Valdobbiadene.
Le giornate dello spumante sono dedicate a tutti i vini italiani con le bollicine, ma la parte del leone la fa proprio il vino Prosecco, che da solo, con 100 milioni di bottiglie tra DOC e IGT, copre circa un terzo dell’intera produzione nazionale e incontra un successo crescente commerciale e di apprezzamento in tutto il mondo.
Nell’aggiornamento dello schedario viticolo, infine, è stato adottato il meccanismo del “silenzio – assenso” sui meccanismi di impianto ed espianto.
Quanto alla tutela del Prosecco, un orgoglio trevigiano e veneto e il più diffuso spumante italiano nel mondo, è stato istituito un tavolo di dialogo tra le province interessate e sono stati presi contatti con il Friuli Venezia Giulia.
Per garantire questo vino nel mondo la soluzione è quella di rifarsi al toponimo territoriale, per legare il nome del vino non al vitigno ma al territorio. Va da sé – ha spiegato Manzato – che in questo scenario le zone storiche di produzione pregiata avranno un ruolo specifico e determinante. Quanto alle politiche di promozione, il vicepresidente della Giunta veneta ha sottolineato che il Prosecco sarà…
Un ottimo vino invecchiato, di una certa importanza, ha bisogno per essere gustato al meglio di una delicata operazione: un “ travaso” Questo è necessario perché i vini possono presentare un naturale deposito sul fondo che, se mescolato al vino, ne comprometterebbe la limpidezza, dunque è necessario dividere la parte solida sedimentata.
Il decanter, o caraffa, è un particolare contenitore in vetro o cristallo a forma di anfora.
E’ rotondo e particolarmente largo alla base, per poi stringersi quando si arriva al collo che si allunga per una quindicina di centimetri.
La decantazione, inoltre, serve anche ad ossigenare il vino che, essendo rimasto a lungo in bottiglia, ha bisogno di aria per sprigionare tutti i suoi profumi.
Infatti la forma ad anfora, grazie alla sua superficie, permette di ossigenare al meglio quei vini che hanno subito un processo di riduzione a causa di un invecchiamento prolungato.
Il vino dovrà passare dalla bottiglia nel decanter senza troppi movimenti .
Per essere più sicuri che il vino non subisca “sballottamenti” possiamo prendere la bottiglia con molta delicatezza e metterla in un paniere da vino.
Il paniere è anche molto utile per la stappatura, perché consentirà di effettuarla con la bottiglia sempre in posizione orizzontale e quindi non mischiando i sedimenti.
Una volta stappata la bottiglia, si passa a travasarla lentamente.
Conviene tenere una fonte di luce vicina alla bottiglia, in modo da poter vedere in controluce quando il deposito si avvicina e smettere per tempo di versare il vino.
Ovviamente, è bene che la bottiglia sia presentata in tavola insieme al decanter, in modo da mostrare agli ospiti l’etichetta.
Si sono battuti (pacificamente) per fermare lo scempio ambientale che, negli ultimi anni, non ha risparmiato nemmeno la cornice di colli che puntella l’Alta Marca.
Ora anche la “politica” li ascolta. Loro, gli “urlatori”, sono gli ambientalisti, che di fronte alla proposta di Luca Zaia di far diventare le Colline del Prosecco patrimonio dell’Unesco, dicono sì.
Luciano De Biasi come hai preso la proposta di Zaia di far diventare colline del prosecco patrimonio Unesco?
Vi è un sentire diffuso in merito alla necessità di preservare le zone caratteristiche di produzione del prosecco. In particolare le dorsali moreniche che parallelamente si snodano una da Santo Stefano-Saccol fino a Rolle-Arfanta e l’altra da Colbertaldo-Col S.Martino fino a Refrontolo passando per Collagù hanno peculiarità che le rendono uniche e riconoscibili soprattutto per la presenza di vigneti terrazzati posti su acclivi in forte pendenza. La domanda di vino di “qualità” sta diventando sempre più evoluta e la percezione di eccellenza di un prodotto agro-alimentare si ha quando esso viene strettamente correlato alle specificità del territorio dal quale proviene. Il paesaggio diventa quindi un elemento imprescindibile della “qualità” intrinseca del vino prosecco DOC che il consumatore / turista riconosce ed è disposto a “pagare”. Promuovere a “patrimonio dell’intera umanità” il risultato del lavoro fin qui svolto da varie generazioni è un riconoscimento ed un premio alle loro fatiche
Il territorio collinare, unico nel suo genere, può tornare ad avere la bellezza e la naturalezza che lo caratterizzavano prima di interventi laceranti?
Nelle nostre colline siamo ancora di fronte a spazi dotati di una forte e ben leggibile identità storica, al contrario di altri spazi in pianura dove i segni del passato sono stati quasi completamente cancellati come nella cosiddetta “città diffusa”. Ma nei tempi recenti si notano cattivi segnali. La ricerca di una “meccanizzazione” delle lavorazioni dei vigneti in collina sta portando a lavorazioni eccessive dei suoli. Stiamo assistendo a sbancamenti pesanti.
In queste zone pregiate bisogna dedicare particolare attenzione alle sistemazioni idraulico-agrarie, disponendo adeguate reti ecologiche che seguano e sottolineino elementi paesaggistici come strade, fossi, scarpate, alberature, … Si deve preservare l’equilibrio fra la quantità di suolo agrario perso per l’azione della pioggia e quello riformato per processi naturali. Si calcola che pesanti lavorazioni eseguite nei vigneti in pendio producano la perdita sia di 5/6 ton./anno per ettaro di terreno che possono diventare facilmente 100/200 ton./anno nel caso di sistemazioni orientate lungo le linee di massima pendenza. Inoltre …
A partire dal primo agosto 2009 tutto il Prosecco sarà protetto a livello comunitario ed internazionale come Denominazioni di Origine Protetta. E’ un riconoscimento che dà valore al lavoro svolto finora per la valorizzazione e la tutela di un vino che rappresenta l’Italia in tutto il mondo. Assicurare la garanzia della DOC alle produzioni base e Docg alla viticoltura storica servirà a garantire in modo ancora più incisivo i produttori onesti e i consumatori di tutto il mondo: dietro il Prosecco e il suo successo c’è la sapienza dei viticoltori italiani, un patrimonio inimitabile di conoscenza che difenderemo da ogni tentativo di imitazione.
Con queste parole il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Luca Zaia ha commentato l’approvazione del riconoscimento della Doc Prosecco, delle Docg Conegliano Valdobbiadene e Colli Asolani, per le rispettive sottozone storiche, e delle relative proposte di disciplinare.
Il Comitato Nazionale per la tutela delle denominazioni d’origine dei vini ha deliberato gli attesi riconoscimenti dopo aver ascoltato le richieste dei produttori e dopo le audizioni tenutesi nella zona di produzione.
L’iter procedurale prevede che le decisioni assunte oggi dal Comitato siano pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana per poter acquisire, entro trenta giorni, eventuali osservazioni.
Queste ultime saranno valutate dallo stesso Comitato e, successivamente, il Mipaaf potrà emanare i decreti di riconoscimento delle denominazioni e di approvazione dei relativi disciplinari. (segue)
Il Comitato ha ratificato i disciplinari senza stravolgere le proposte avanzate dai produttori, introducendo alcuni adeguamenti formali necessari per conformarsi alla normativa italiana e dettagliare i particolari tecnici utili a garantire la qualità delle produzioni di riferimento.
Il progetto ha salvaguardato le esigenze dei produttori storici ma anche le necessità delle aziende che in Piemonte lavorano ed imbottigliano il vino Prosecco. L’intenso lavoro del Comitato, del Ministero e delle Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia ha permesso di rispettare i tempi previsti nella procedura di approvazione del progetto Prosecco, che sarà realtà già dalla prossima vendemmia: il Prosecco Doc e le due Docg storiche transiteranno infatti direttamente nel Registro comunitario delle Dop.
Nella riunione di oggi il Comitato vini ha anche deliberato l’importante proposta di modifica del disciplinare di produzione della Docg “Chianti”, con la quale sono stati apportati miglioramenti tecnico-produttivi che miglioreranno la qualità della denominazione. In questa fase deliberativa, è stata anche approvata una importante modifica al disciplinare di produzione della Doc Est Est Est di Montefiascone, con l’introduzione della zona “classico”, e sono state approvate le modifiche a quattro disciplinari di produzione di Denominazioni di Origine della Regione Marche: Lacrima di Morro d’Alba, Esino, Rosso Conero e Docg Conero.
E’ in arrivo, per fine marzo-inizio aprile, la proposta della Commissione Europea per regolamentare la produzione di vino biologico in Europa.
Sul dossier, già da mesi, si confrontano nell’Ue gli esperti europei e nazionali.
L’Italia è nella situazione migliore – assicurano a Bruxelles – in quanto il paese ha una grande tradizione vinicola di qualità e i produttori hanno capito l’importanza del biologico prima degli altri paesi.
In realtà i problemi non mancano soprattutto su quello che dovrà essere il livello accettabile di solfiti nel vino biologico: si tratta di sostanze sempre presenti nei vini perché prodotte in modo naturale dalla fermentazione alcolica, ma che in alcuni casi vengono aggiunti sotto forma di So2 (anidride solforosa), per preservare il vino in varie fasi della vinificazione.
Il problema che si pone è che la presenza di questi solfiti é molto bassa in Italia mentre è più elevata in altri stati: dal Nord della Francia alla Germania all’Austria.
E, quindi, sul livello di accettazione nella futura normativa biologica c’è ancora battaglia.
“L’indicazione dell’origine in etichetta che certifichi la provenienza dei vini prodotti da’ centralita’ ai produttori e rende il consumatore consapevole di cio’ acquista. L’etichetta fornisce, infatti, informazioni utili a capire l’origine della produzione vitivinicola e a rendere riconoscibile il produttore”.
Un concetto fortemente ribadito oggi da Unci-Coldiretti nell’ambito dell’audizione in Commissione Agricoltura del Senato, sulla Riforma della Normativa in materia di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, alla quale e’ intervenuto Fabio Paduano coordinatore dell’Associazione.
“Pur favorevoli all’impianto generale della rivisitazione della legge 164/92, si ritiene necessario rivedere tutta la normativa del settore, oggi obsoleta e insufficienti per gli operatori del sistema, mediante un maggior ricorso alla semplificazione che riporti ad unita’, magari in un unico testo, la complessita’ della regolamentazione in questione.
– E’ altrettanto importante aprire un confronto sul tema delle sanzioni distinguendo tra responsabilita’ acclarate ed errori sanabili. A tal proposito, appare positiva la soluzione di un testo unico per le sanzioni nel settore vitivinicolo, in modo da coordinare le disposizioni sanzionatorie presenti nelle altre norme”.
Altro aspetto, evidenziato “e’ la semplificazione delle procedure informatiche per l’identificazione delle persone, delle superfici e dei prodotti che riduca il costo delle attivita’ di controllo senza gravare sui produttori. E’ necessario anche definire il ruolo dei consorzi di tutela evitando la sovrapposizione delle funzioni e dei controlli, facilitandone funzionamento e accorpamento. Unci Coldiretti condivide la proposta che i consorzi di tutela abbiano un ruolo piu’ attivo nella programmazione delle produzioni, rendendo maggioritaria la presenza e il ruolo dei viticoltori, da sempre traino del Made in Italy nel mondo”.
L’ Ispettorato per il controllo della Qualità agroalimentare di Conegliano ha smascherato una gran bella frode:
“Rosecco – vino spumante Brut – Rosé” ovvero Prosecco tarocco, ne sono state sequestrate oltre 14.000 bottiglie di vino denominato .
Il vino era stato prodotto e imbottigliato da una ditta del trevigiano e stava per essere messe in commercio sul mercato inglese.
Forse i produttori speravano sull’assonanza dei nomi e sui colori delle etichette per trarre in inganno i consumatori.
Il Ministro per le politiche agricole Luca Zaia ha commentato:
“La smisurata fantasia degli agropirati stava per colpire uno degli importanti motori dell’industria vinicola della penisola: il Prosecco”.
“Questo – ha concluso il Ministro – è un tentativo maldestro di infangare i nostri marchi all’estero. Infatti le bottiglie erano in partenza per la Gran Bretagna e nell’etichetta era riportato con caratteri molti evidenti il termine “Rosecco”, che richiama in modo palese la denominazione d’origine Prosecco”.
Istituita la nuova figura dei vigilatori contro falsi e manomissioni: arrivano gli “007 del vino”.
Sono le nuove figure previste dalla proposta di revisione della legge 164/92 (in approvazione, sarà esecutiva tra un paio di mesi), che ridisegna le funzioni dei Consorzi di tutela.
Questa novità è stata presentata nei giorni scorsi a Firenze nell’ambito di “Chianti Classico Collection”, anteprima delle nuove annate 2009, 2008 e Riserva 2007.
In poche parole, questi agenti, controlleranno le bottiglie nelle enoteche, sugli scaffali dei supermercati e nei punti di piccola e grande distribuzione allo scopo di verificare che i prodotti presenti sul mercato siano certificati e rispondano ai requisiti dei disciplinari, ma soprattutto che prodotti similari non rechino danni alle produzioni Dop e Igp.
Il direttore del Consorzio Chianti Classico Giuseppe Liberatore spiega: «Il compito di questi agenti sarà quello di verificare i prodotti presenti sul mercato, che le produzioni certificate rispondano ai requisiti dei disciplinari, e che prodotti similari non ingenerino confusione nei consumatori e non rechino danni alle produzioni Dop e Igp», precisando che la normativa è già in vigore per Dop e Igp di olio, formaggi e salumi. «Si tratta di un passaggio importante per le nuove funzioni di tutela e vigilanza dei Consorzi del vino italiano, un modo che permette di controllare il prodotto sul mercato e testarne la corrispondenza con i vini che hanno ricevuto la certificazione di idoneità per la denominazione che portano in etichetta. Gli agenti vigilatori sono riconosciuti legalmente e la loro attività è un’ulteriore garanzia per il consumatore finale».
La nuova figura dell’agente vigilatore è prevista nell’articolo 17 della proposta di revisione della legge 164/92, che ridisegna alcune funzioni dei Consorzi di tutela.
La legge stabilisce che i Consorzi possano «svolgere azioni di vigilanza, tutela e salvaguardia della denominazione da espletare prevalentemente nella fase del commercio» proprio attraverso l’attività degli agenti vigilatori. Le attività di controllo, distinte da quelle specifiche (delegate ad enti terzi costituiti ad hoc per queste funzioni), sono svolte sotto il coordinamento dell’ Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi (Icq).
Si discute proprio in questi giorni a Bruxelles sulla nuova proposta di regolamento della Commissione Europea che riguarda il vino biologico e l’uso che viene fatto di sostanze chimiche nel processo di produzione. Come ovvio pensare, la proposta tende alla riduzione di queste componenti ma le associazioni di categoria italiane cercano di andare oltre richiedendo almeno il dimezzamento del contenuto di solfiti nel vino biologico per arrivare alla loro eliminazione non appena le tecniche di vinificazione e la sperimentazione richiesta lo consentiranno.
Un confronto difficile visto che Stati Membri quali Germania e Austria la cui realtà produttivi di vini biologici ha una certa importanza, pare si stiano decisamente opponendo alle ipotesi di limiti nell’uso dell’anidride solforosa, visto che i parametri da adottare sarebbero i medesimi a quelli stabiliti per i vini convenzionali.
Il nocciolo della questione risiede nel fatto che tali Paesi Membri sarebbero fortemente penalizzati dalla riduzione di queste sostanze chimiche proprio per le condizioni climatiche ed ambientali dei loro territori, non riuscendo – in assenza di questi – ad ottenere le medesime performance produttive dei vini biologici se confrontati con i paesi mediterranei.
Ricordiamo che l’attuale legislazione comunitaria prevede come limiti massimi di anidride solforosa (SO2), per i vini convenzionali rossi di 150 mg/l mentre per i vini Bianchi 200 mg/l.
Dal Politecnico di Milano arriva il metodo per svelare la genuinità dei vini bianchi e rossi e delle bevande alcoliche in generale.
Lo studio condotto dai ricercatori ha permesso di “visualizzare” per la prima volta la catena proteomica delle bevande alcoliche, in particolare dei vini bianchi e rossi e di stabilire così se il liquido è stato trattato.
Alcuni additivi proteici come la caseina bovina e l’ovalbumina, ad esempio, permettono di eliminare le proteine presenti nell’uva e le sostanze di natura polifenolica, responsabili della formazione di precipitati, attraverso la pratica del collaggio o chiarificazione.
L’aggiunta al prodotto di additivi proteici produce un processo di sedimentazione delle proteine residue dell’acino d’uva e delle sostanze coloranti colloidali instabili.
Questa “gelatina” viene eliminata filtrando la bevanda che così si conserva per anni senza segni di degrado, residui sul fondo e torbidità.
Se prima era praticamente impossibile individuare la presenza di tali additivi, oggi il metodo CPLL messo a punto dai ricercatori del Politecnico rappresenta uno strumento formidabile per visualizzare il proteoma “sommerso”, ovvero quell’insieme di proteine presenti in tracce oscurate da quelle, più abbondanti, normalmente presenti in qualsiasi liquido biologico.
Il metodo è estremamente semplice e può essere adottato da qualsiasi laboratorio di analisi.
La metodica del gruppo del Politecnico è basata sulle librerie combinatoriali di ligandi peptidici (CPLL), un assieme formato da diversi milioni di esche esa-peptidiche, in grado di trovare un partner tra le proteine presenti in un qualsiasi proteoma. Tali ligandi esa-peptidici agiscono diluendo le proteine ad alta abbondanza e simultaneamente concentrando le proteine presenti in tracce.
Queste ultime possono essere “amplificate” fino a diecimila volte rendendole così “visibili” agli strumenti tipici dell’analisi proteomica, quali gli spettrometri di massa. Il limite di sensibilità è stato stimato a 1 micro-grammo di additivo (e.g., caseina) per litro di prodotto, una sensibilità mai finora raggiunta dalle metodiche correnti.
Alla ricerca ha partecipato il Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “Giulio Natta” del Politecnico di Milano con il contributo della Fondazione Cariplo.
Per consentire ai vini di sviluppare pienamente il proprio potenziale bisogna avere una certa attenzione verso le bottiglie, in poche parole, come e dove vanno posizionate?
Le bottiglie vanno sempre coricate, in un luogo dove la temperatura sia fresca con una buona umidità, al buio e lontano da vibrazioni.
Ogni vino, in base alle proprie caratteristiche (leggero, strutturato, giovane, ricco di carattere) va conservato in un certo modo, ma in linea massima le regole sono le stesse per tutte le tipologie.
Il parametro più importante per una buona conservazione è sicuramente la Temperatura: deve essere bassa e soprattutto costante perchè forti e ripetute oscillazioni di temperatura disturbano il vino e in certi casi lo rovinano del tutto.
I valori di riferimento sono 12-14 gradi per i bianchi e 16-18 per i rossi.
Nei casi di vini di buona struttura (come ad esempio vini maturati nel legno), si possono raggiungere anche i 15-16 per i bianchi e 18-20 gradi per i rossi .
Se si ha una cantina dove la temperatura passa in modo progressivo da 11 gradi a 20 gradi durante l’anno non c’è nulla da temere per le proprie bottiglie a patto che nn scenda mai sotto i 7 e non superi mai i 25 gradi perchè si rischierebbe la decomposizione o comunque la perdita totale della qualità del vino.
Un altro fattore molto importante è il tasso di umidità dell’aria : un tappo umido rimane elastico ed impedisce all’aria di entrare nella bottiglia ossidando il vino.
La candizione ideale è tra il 65% ed il 75% di umidità.
Studi recenti hanno dimostrato che l’umidità relativa è probabilmente il fattore centrale nella conservazione del vino, ancor più della temperatura. In parole povere, più l’umidità è elevata meglio si conserva il vino.
Bisogna però stare attenti, al di sopra dell’ 80-85% le etichette si danneggiano, in quel caso basterebbe coprirle con una semplice pellicola di plastica.
Le bottiglie inoltre vanno tenute al buio o in forte penombra: la luce accellera l’evoluzione del vino soprattutto se si tratta di bottiglie di vetro trasparente.
Bisogna anche stare molto attenti che non ci siano nelle vicinanze odori penetranti, le bottiglie di vino devono essere posizionate in una zona ben areata per ridurre il rischio di muffe.
Quindi, il consiglio è quello di tenere le bottiglie di vino il meno possibile dentro casa.
Evitate di lasciare le bottiglie vicino un forno e comunque lontano da fonti di calore quali termosifoni, lampade, faretti, stufe e da sbalzi improvvisi di temperatura come in garage o sul balcone.
Comunque, in casa, si può allestire una piccola cantinetta con pannelli di polistirene o di altro materiale isolante messo in un ripostiglio, in un armadio o in un semplice sottoscala in modo da riuscire a conservare le bottiglie in modo discreto.
Non a tutti piacerà l’idea, in quanto l’arte della decantazione ha bisogno di tempo, lentezza e ritualità. Ma ai tempi d’oggi, dove il tempo è il bene più scarso, l’idea del Venturi Decanter potrebbe piacere ad altri.
Di fatto il vino, prima di essere bevuto, ha bisogno di essere arieggiato, ha bisogno di respirare affinchè meglio si possa degustare il suo aroma e i suoi sapori.
L’azienda californiana Vinturi propone un decanter eslusivo, con un design molto particolare e raffinato, studiato e concepito per dotare il vino (in modo diverso qualora si tratti di bianco o rosso) di quell’ossigenazione sufficiente prima di essere sorseggiato.
L’obiettivo di questa azienda californiana e del suo speciale decantatore è quello di poter facilmente aprire una bottiglia, sapendo che ogni bicchiere versato potrà offrire il suo migliore bouquet, il suo sapore più corposo e una finitura liscia.
Senza dover attendere che il vino completi il suo processo di decantazione, sia per si parli di vino rosso che si prenda in considerazione il vino bianco.
Il decantatore Vinturi scompone il processo di aerazione in una semplice azione che richiede solo il tempo necessario a versare un bicchiere di vino.
Il suo design è decisamente interessante e si presta ad essere un bel complemento su ogni tavolo, bancone da bar o di casa.
La sua forma snella e allungata consente un ingombro ridotto.
Ora, tra i cultori del vino di chi è pro o contro, il mercato italiano deciderà il successo della Venturi.
“Buon vino fa buon sangue” dice un antico proverbio ma – se per buono si intende un vino invecchiato – da oggi in poi bisognerà stare molto attenti alle “cineserie” che promettono un processo di invecchiamento in pochi minuti.
Per bere un bicchiere di buon vino rosso, dal gusto intenso e dall’aroma inebriante, bisogna aspettare, a volte anche 20 anni.
Ma ora un’equipe universitaria di Guangzhou, nel sud della Cina, ha trovato un metodo per trasformare in poco tempo il vino giovane ancora grezzo, in ottimo vino d’annata usando i campi elettrici.
Per ottenere questo risultato i ricercatori hanno pompato il vino in un tubo collegato agli estremi a due elettrodi di titanio, fornendo corrente a frequenza alternata con un alto voltaggio.
Per il test sono stati scelti tre cabernet sauvignon, vecchi tre mesi, del maggior produttore cinese, che sono stati poi sottoposti a campi elettrici per uno, tre o otto minuti.
Il risultato migliore si è ottenuto dopo 3 minuti a 600 volt per centimetro: il vino è rimasto ben bilanciato e armonioso, con il profumo di un vino d’annata e lasciando ancora riconoscibile l’aroma del cabernet sauvignon.
Una designer svedese, Matilda Sundén Ringnér, ha progettato un innovativo oggetto per la mescita del vino: RainMan.
Si tratta di una caraffa in vetro, di forma vagamente conico-cilindrica, aperta alla sommità e munita, sulla parete laterale, di un ugello multiforo (un po’ come quello della doccia) . L’apertura in alto serve, evidentemente, per versarci il vino, mentre l’apertura laterale per servirlo alla mescita.
E’ chiaro che si tratta di un oggetto di design, innanzitutto, vista la pulizia delle forme, la trasparenza e l’oggettiva bellezza. Ma è anche strumentale alla decantazione e all’ossigenazione del vino – qualora richiesto.
Infatti…
…all’atto della mescita della nostra preziosa ed amata bevanda, il vino cade “a pioggia” nel bicchiere. Questo ottiene due risultati: primo, l’aumento della quantità di vino a contatto con l’aria e, secondo, il maggiore ma più delicato gorgogliamento all’arrivo nel bicchiere.
Entrambi i due fenomeni favoriscono l’ossigenazione (e la parziale ossidazione) del vino e favoriscono il “risveglio” dei profumi e degli aromi in esso celati.
Se RainMan vi piace e volete regalarlo per Natale, potete visitare il sito di Skruf Glasruks che recentemente ne ha iniziato la produzione.
Bello ed utile, no?
Arriva il week end dove si registrano i maggiori consumi delle castagne e del vino novello che sono entrati nella tradizione alimentari degli italiani che apprezzano l’abbinamento tra prodotti da primato del Made in Italy alimentare.
Se l’Italia ha conquistato il titolo di primo produttore europeo di castagne, il novello arriva sul mercato in anticipo rispetto al concorrente beaujolais francese che sarà disponibile solo nei prossimi giorni.
Per rivivere il rituale che si svolge durante il week end nelle case, agriturismi, ristoranti, pub, vinerie e sagre paesane, il vino novello del Lazio e le castagne di Vallerano a denominazione di origine (Dop) con uno spazio appositamente allestito per gustare le caldarroste saranno protagonisti sabato 14 novembre 2009 a partire dalle ore 10.00 al mercato degli agricoltori di Campagna Amica al Circo Massimo in via San Teodoro, 74 a Roma.
L’autunno a tavola sarà al centro del mercato di campagna amica al
Circo Massimo a Roma, aperto anche domenica 15 novembre, con prodotti
agricoli locali, freschi e di stagione, a “km 0”, perché venduti
direttamente dagli agricoltori del territorio.
dove i bambini imparano a conoscere la campagna e i prodotti che la
natura offre nelle diverse stagioni ma anche il gelataio con i gusti a
base di materie prime locali sono alcune delle attrazioni presenti.
Il fine settimana del novembre è quello in cui si registrano i più
alti consumi vino novello e di castagne, di cui l’Italia ha conquistato
il primato in Europa.
In questo weekend ci sarà anche la Coldiretti presenterà la prima
analisi sulla produzione ed i consumi ma anche utili consigli per gli
acquisti e la preparazione casalinga delle gustose caldarroste.
Nel prestigioso Hotel Columbus in via della Conciliazione 33, nel cuore della Capitale, si terrà la degustazione dei vini Naturali, un evento che coinvolge tutti quei vini che sono frutto di una agricoltura attenta e sostenibile, biologica, biodinamica.
Il fine della manifestazione è permettere al consumatore di conoscere e degustare vini prodotti nel rispetto del territorio, della vite e quindi della natura.
Alla manifestazione saranno presenti vignaioli aderenti a varie associazioni quali Vini Veri, VinNatur, Triple “A”, Renaissance Italia oltre ad alcuni indipendenti.
ANNIBALE ALZIATI, FAUSTO ANDIANTONIOLO, AR.PE.PE, BARRACO, PAOLO BEA, BELVEDERE, VITTORIO BERA & FIGLI, LA BIANCARA, BONAVITA, PODERE LE BONCIE, RAYMOND BOULARD, BRANDULIN, CAMERLENGO, CAMPI DI FONTERENZA, IL CANTANTE, CAPPELLANO, CARUSSIN, CASCINA DEGLI ULIVI, LA CASTELLADA, F.LLI CAVALLOTTO, EZIO CERRUTI, I CLIVI, CORTE SANT’ALDA, LE COSTE, COTAR, CROCI, DAINO, MARCO DE BARTOLI, DOMAINE DE CHASSORNEY – COSSARD, LA DISTESA, CAMILLO DONATI, GINO FASOLI, FATTORIA ROMEO DEL CASTELLO, FATTORIA SAN LORENZO, DOMAINE JEAN FOILLARD, SILVANO FOLLADOR, FORADORI, DOMAINE JEAN-FRANCOIS GANEVAT, GRACI, TENUTA GRILLO, GUCCIONE, HADERBURG, RENATO KEBER, KLINEC, LA LUNA DEL ROSPO, TENUTE LOACKER, I MANDORLI, MASSA VECCHIA, VALTER MLECNIK, MONTE DALL’ORA, NANDO, ARIANNA OCCHIPINTI, PARASCHOS, EMIDIO PEPE, PIAN DELL’ORINO, CIRO PICARIELLO, PORTA DEL VENTO, DANIELE PORTINARI, PRAESIDIUM, WEINBAU PRETTEREBNER, DARIO PRINCIC, PUNSET, RADIKON, PINO RATTO, JOSKO RENCEL, GIUSEPPE RINALDI, TEOBALDO RIVELLA, DOMAINE ROMANEAUX-DESTEZET, SAN FEREOLO, PODERI SANGUINETO, MARCO SARA, SLAVCEK, DAVIDE SPILLARE, VINI STEMBERGER, LA STOPPA, FRANCO TERPIN, TERZAVIA, TRINCHERO, VAL CERASA – BONACCORSI, TENUTA DI VALGIANO, I VIGNERI, VILLA BELLINI, LA VISCIOLA, VODOPIVEC, ZIDARICH, OASI DEGLI ANGELI, SEBASTIEN BOBINET
ANTICA ENOTRIA, 32 VIA DEI BIRRAI, BIRRIFICIO CITTAVECCHIA, DOL – DI ORIGINE LAZIALE, DONNA ELVIRA DOLCERIA, LO SPICCHIO, PORTHOS EDIZIONI, VALSANA SELEZIONI ALIMENTARI
L’ ONAV , organizza i nuovi corsi in tutta Italia, per tutti gli appassionati dell’enogastronomia, per chi desidera conoscere il mondo del vino imparando ad apprezzarne la qualità e i valori culturali, storici e sociali ma anche per chi desidera imparare ad analizzare e giudicare un vino in modo imparziale.
L’ ONAV (Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino) è un’ organizzazione fondata nel 1951 ad Asti, nata con l’intezione di diffondere la cultura del bere vino.
La stagione si apre all’insegna del grande rinnovamento: per iniziare il presidente Giorgio Calabrese è stato eletto personaggio dell’anno dell’enogastronomia secondo il sondaggio della rivista Italia a Tavola.
Un successo dovuto alla sua fama di nutrizionista più famoso d’Italia, ma anche alla considerazione che, con la Presidenza ONAV, Giorgio Calabrese testimonia che il binomio vino e corretta alimentazione è possibile, messaggio estremamente importante in questo momento.
Un’altra grande novità è l’accordo internazionale siglato con alcune importanti università estere, che nominerà presto i docenti ONAV formatori ufficiali dei professionisti del vino in alcuni paesi emergenti.
Il maggior impegno sarà sviluppare un approccio corretto nei confronti del vino, all’insegna della moderazione e della cultura del buon bere.
L’ONAV infatti intende coinvolgere anche i giovani presentando un progetto di formazione che introduca la conoscenza del vino come materia di studio all’ultimo anno degli istituti superiori.
Si fonderà così il progetto ONAV JUNIOR, rivolto ai più giovani, dai 18 anni in su.
A Napoli, le cantine e le aziende vinicole diventano protagoniste dell’offerta turistica
Una vacanza da gustare con tutti i sensi sembra essere la nuova vocazione dei turisti.
I viaggi enogastronomici valgono infatti, stando agli ultimi dati, oltre cinque miliardi di fatturato e si confermano il vero motore della vacanza Made in Italy.
Il turismo del vino rappresenta la sintesi migliore di questa nuova moda.
Sono tantissimi gli enoturisti in Italia, di età compresa tra i 26 e 45 anni, ed è in continua crescita la schiera di appassionati che scelgono i territori del vino: che sia bianco o rosso, fermo o frizzante, novello o invecchiato, il vino è sempre più un importante traino per il turismo.
La vacanza enogastronomica non solo è sempre più richiesta, ma costituisce per gli operatori turistici un valido strumento su cui investire. Rispondere a questa domanda sempre più esigente è uno dei nuovi obiettivi della 14ma edizione della Borsa Mediterranea del Turismo.
Il prossimo , alla Mostra d’Oltremare di Napoli, un’intera area del salone espositivo della BMT sarà dedicata ai viaggi in onore di Bacco e non solo. “La nuova sezione – annuncia il Presidente della BMT Angelo De Negri – ha l’obiettivo di promuovere l’incoming legato allo sviluppo del comparto enogastronomico. Esaltare il ruolo dei turismi locali e dei prodotti turistici territoriali è la nuova sfida della BMT ”.
Nell’area dedicata, i produttori presenteranno ai tour operator italiani e stranieri la loro offerta enologica, per viaggi a tema e pacchetti turistici che comprendono veri e propri percorsi alla riscoperta del gusto e delle tradizioni enogastronomiche.
Un calendario di incontri b2b favorirà un confronto diretto tra domanda ed offerta, contribuendo a sviluppare un settore in grado di attrarre turisti durante tutto l’anno e che rappresenta uno dei principali fattori di identificazione del nostro Paese all’estero.
Cibo e vino non solo come vettore di cultura e tradizioni territoriali, quindi, ma anche come asset strategico per lo sviluppo economico dell’Italia.
La Borsa Mediterranea del Turismo di Napoli con i protagonisti del turismo enogastronomico arricchisce ancora di più la sua offerta di eventi, e si conferma una vera Borsa del Turismo a 360°.
Dal Politecnico di Milano arriva il metodo per svelare la genuinità dei vini bianchi e rossi e delle bevande alcoliche in generale.
Lo studio condotto dai ricercatori ha permesso di “visualizzare” per la prima volta la catena proteomica delle bevande alcoliche, in particolare dei vini bianchi e rossi e di stabilire così se il liquido è stato trattato.
Alcuni additivi proteici come la caseina bovina e l’ovalbumina, ad esempio, permettono di eliminare le proteine presenti nell’uva e le sostanze di natura polifenolica, responsabili della formazione di precipitati, attraverso la pratica del collaggio o chiarificazione.
L’aggiunta al prodotto di additivi proteici produce un processo di sedimentazione delle proteine residue dell’acino d’uva e delle sostanze coloranti colloidali instabili.
Questa “gelatina” viene eliminata filtrando la bevanda che così si conserva per anni senza segni di degrado, residui sul fondo e torbidità.
Se prima era praticamente impossibile individuare la presenza di tali additivi, oggi il metodo CPLL messo a punto dai ricercatori del Politecnico rappresenta uno strumento formidabile per visualizzare il proteoma “sommerso”, ovvero quell’insieme di proteine presenti in tracce oscurate da quelle, più abbondanti, normalmente presenti in qualsiasi liquido biologico.
Il metodo è estremamente semplice e può essere adottato da qualsiasi laboratorio di analisi.
Come funziona?
La metodica del gruppo del Politecnico è basata sulle librerie combinatoriali di ligandi peptidici (CPLL), un assieme formato da diversi milioni di esche esa-peptidiche, in grado di trovare un partner tra le proteine presenti in un qualsiasi proteoma. Tali ligandi esa-peptidici agiscono diluendo le proteine ad alta abbondanza e simultaneamente concentrando le proteine presenti in tracce.
Queste ultime possono essere “amplificate” fino a diecimila volte rendendole così “visibili” agli strumenti tipici dell’analisi proteomica, quali gli spettrometri di massa. Il limite di sensibilità è stato stimato a 1 micro-grammo di additivo (e.g., caseina) per litro di prodotto, una sensibilità mai finora raggiunta dalle metodiche correnti.
Alla ricerca ha partecipato il Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “Giulio Natta” del Politecnico di Milano con il contributo della Fondazione Cariplo.
“Puglia, Wine & Land” è un’ importante appuntamento internazionale in programma dal 27 al 31 gennaio, che vede riunirsi in Puglia una prestigiosa selezione di giornalisti, buyer, chef e tour operator internazionali provenienti dai cinque continenti con l’obiettivo di incontrare i produttori, visitare le aziende, degustare prodotti locali, scoprire novità, caratteristiche e potenzialità della regione.
L’iniziativa, alla sua seconda edizione, è ideata dal Movimento Turismo del Vino Puglia e realizzata con il sostegno delle istituzioni (Assessorato alle Risorse Agroalimentari, ICE, Assessorato al Turismo della Regione Puglia e Unioncamere).
L’obiettivo è quello di far conoscere il territorio pugliese e le sue peculiarità produttive, favorire l’avvio di rapporti commerciali, la divulgazione a livello mondiale del patrimonio enogastronomico regionale e la promozione dell’immagine turistica delle aree rurali.
Il programma dell’evento sarà mirato a soddisfare le aspettative delle diverse tipologie di ospiti.
Infatti, dopo un primo incontro di benvenuto e presentazione del programma (la sera del 27), i partecipanti seguiranno percorsi differenziati: i buyer un breve educational tour nella giornata di giovedì 28, così da avere un primo contatto con i paesaggi e le realtà produttive del territorio.
Nei due giorni seguenti, essi saranno protagonisti del workshop one to one con i rappresentanti delle aziende vitivinicole che si svolgerà a Fasano, presso l’Abbazia di San Lorenzo.
I giornalisti, invece, parteciperanno a un press tour di 3 giorni, dal 28 al 30, fra cantine, musei del vino e della civiltà contadina, paesaggi rurali e centri storici.
Tre giorni di viaggio nel corso dei quali essi potranno scoprire le aree pugliesi maggiormente vocate all’enoturismo e valutare gli elevati standard di accoglienza riservati dalle strutture vitivinicole: dalla Daunia al Salento, passando per la Murgia.
Momento clou della manifestazione sarà la cena di gala in programma per venerdì 29 presso Torre Coccaro, alla quale, oltre a tutti gli ospiti internazionali, parteciperanno tutti i produttori coinvolti nell’iniziativa, giornalisti pugliesi, autorità istituzionali.
Con oltre 285 aziende italiane ed un ricco programma di eventi che vede protagonisti centinaia di operatori americani, è uno degli eventi più importanti dedicati al mondo del vino italiano oltre i confini nazionali: dal 2 al 5 febbraio, a New York, è di scena l’Italian Wine Week-Vino 2010, l’appuntamento promosso dall’Ice-Istituto per il Commercio con l’Estero, insieme alle Regioni Calabria, Puglia, Toscana e Veneto
Nell’ Italian Wine Week c’è un intensa attività seminariale con il vino italiano protagonista, rivolta al trade e alla stampa specializzata, che vede in prima fila oltre 20 esperti comunicatori statunitensi e sul versante italiano due massimi esperti: il professor Attilio Scienza e il presidente del Comitato Nazionale Doc Giuseppe Martelli.
Giornalisti ed operatori statunitensi potranno così essere aggiornati sulle tendenze in atto della produzione italiana: dai vini della costa toscana all’evoluzione del pinot nero nell’area pavese, dalla nuova generazione di vini rossi della Calabria fino ai vini della Puglia, passando per i vini friulani
Buon compleanno Festival. Alziamo i calici e brindiamo ai primi sessant’anni della kermesse canora più famosa del mondo!”
Il Festival più importante della canzone italiana può brindare all’edizione n.60 con un cocktail, promosso dai bar di Fipe-Confcommercio, che porterà proprio il nome della cittadina ligure del canto e dei fiori.
Gli ingredienti del “Sanremo” saranno un mix di territorio, cioè, vino Rossese, vokda alla pesca, lime e una spruzzata di fiori di Sanremo.
La Federazione Italiana Pubblici Esercizi, con la collaborazione di aziende di prestigio, affidandosi all’abilità di uno dei più quotati barman internazionali, Giorgio Manara, annuncia la novità dell’anno: ‘Sanremo Cocktail’, aperitivo giovane, fresco, e profumato, che permetterà alla città di farsi ulteriormente conoscere attraverso questa promozione.
La Federazione Pubblici Esercizi della provincia di Imperia è scesa in campo per rendere omaggio non solo all’evento, ma anche per sottolineare quanto la musica leggera abbia rappresentato e rappresenti per l’economia della Liguria.
Non poteva mancare, la volontà di inventare qualcosa che potesse rimanere indelebile nella mente di molti, ma soprattutto in grado di coinvolgere, con entusiasmo, i pubblici esercizi aderenti e non solo.
Ci sarà un logo fantastico rappresentato da un bicchiere di particolare design, traboccante di petali fioriti e una nota musicale che, nell’immaginario del creativo si è trasforma in oliva, altro prodotto tipico della realtà ligure.
Il primo cittadino, Maurizio Zoccarato, festeggierà levando al cielo il bicchiere con i giornalisti accreditati alla manifestazione e con i protagonisti della gara che con la canzone hanno fatto grande la ‘città dei fiori’.
E tutta la città parteciperà grazie ai pubblici esercizi che, con il logo esposto in vetrina, lanceranno ‘Sanremo Cocktail’ con i suoi sapori e il sui profumi.
le cantine associate al Movimento Turismo del Vino saranno aperte per incontrare gli appassionati direttamente nei luoghi in cui avviene la produzione del VINO, per raccontare, far conoscere e degustare il prodotto.
Le regioni coinvolte in questa iniziativa saranno: Friuli Venezia Giulia, Lazio, Puglia, e Umbria.
Un iniziativa che partirà nel mese di Febbraio per concludersi sabato 4 dicembre 2010.
Tanti saranno gli eventi organizzati durante la manifestazione dedicata al vino.
Dalla musica alle mostre, dagli incontri con gli esperti alle degustazioni di prodotti tipici, cercando ogni volta di proporre ai visitatori idee ed esperienze diverse.
La manifestazione, per sottolineare l’importanza del patrimonio locale enogastronomico,ha il patrocino del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.
Nelle sale della residenza del Conte Camillo Benso di Cavour, alcuni tra i maggiori esperti del mondo accademico europeo e statunitense dibatteranno su tematiche legate alla viticoltura e alle proprietà salutari dell’alimento derivante dall’uva.
Così definisce il vino, il Professor Attilio Giacosa, Direttore Scientifico del Dipartimento di Gastroenterologia del Gruppo Sanitario Policlinico di Monza anche Coordinatore del Comitato Scientifico dell’’Osservatorio nazionale sul consumo consapevole del vino, organizzatore dell’iniziativa insieme all’Associazione Go Wine.
Diciotto scienziati coinvolti, dieci Università italiane rappresentate. Esponenti di centri d’eccellenza come l’Harvard Medical School di Boston e l’Evry di Parigi.
In programma anche l’intervento del Professor Jaak Janssens dell’ECP – European Cancer Prevention Organization Hasselt (Organizzazione per la Prevenzione del Cancro) e del Dottor Dun Gifford di Oldways ente statunitense guida al consumo di alimenti corretti per la salute.
Il Professore Attilio Giacosa parla delle motivazioni scientifiche legate al Workshop. Innanzitutto il fattore epidemiologico: consumo abituale di vino equivale ad aumento della durata di vita. Molte ricerche dimostrano diminuzione del rischio d’infarto, calo del rischio di demenza senile, riduzione del rischio di malattia diabetica in soggetti bevitori consapevoli di vino, non di altre bevande alcoliche, sottolinea il Professore.
Si parlerà anche del codice genetico di un vitigno e di composti bioattivi individuati all’interno dell’uva e del vino e significativi per la salute dell’uomo.
All’interno del Workshop un gruppo selezionato dei massimi scienziati e ricercatori del settore discuteranno attraverso un concetto multidisciplinare. “Obiettivo: tracciare le linee per la futura programmazione di ricerca scientifica nel settore vitivinicolo con riferimento a tre grandi macro aree: genetica, genomica e nutri genomica”.
La nutri genomica studia i rapporti tra il consumo di alimenti e l’influsso sulla genetica dell’individuo.
La prima sessione del programma scientifico è dedicata a questo, afferma Giacosa.
Nella seconda sessione, la realtà enologica e come vinificare vini di grande contenuto salutistico. Poi, le correlazioni tra salute e consumo corretto e consapevole di vino.
“The truth about wine” si chiuderà domenica 7 febbraio alle ore 11,00 con una conferenza stampa.
In tale occasione sarà fatto il punto sulle sessioni di lavoro dei due giorni precedenti e sarà presentato il Consensus Statement del workshop, ovvero un documento con le conclusioni acquisite e le prospettive di ricerca futura firmato da tutti i partecipanti al meeting.
Quattro giorni dedicati ai vini che raccontano la storia del nostro territorio. Questo il programma della 7ª edizione della Rassegna Monotematica “Vini Autoctoni” .
La manifestazione, organizzata dall’Assessorato alle Attività Produttive in collaborazione con la delegazione trevigiana della Federazione Italiana Sommelier Albergatori e Ristoratori e dell’enologo Remigio Possamai, ha come obiettivo la promozione dei vini ottenuti dalla coltivazione dei vitigni peculiari della zona veneto-friulana.
La rassegna si propone con un programma in quattro serate basato su uno stretto legame tra enologia e gastronomia, grazie alla proficua collaborazione con Slow Food del Triveneto che offrirà all’assaggio piatti e presidi tipici della zona.
Degustazioni, assaggi e grande attenzione al bere consapevole, un aspetto non secondario della manifestazione che quest’anno presenta una grande novità: l’alcotest solidale.
Giovedì 11 febbraio alle ore 20.00 la rassegna sarà aperta dall’appuntamento con il Gemellaggio con una regione italiana. Quest’anno il protagonista della serata inaugurale sarà il Friuli Venezia Giulia, al centro di un laboratorio di degustazione di vini proposti in abbinamento a prodotti tipici friulani.
Venerdì 12 febbraio alle ore 20.00 verrà presentata una cena con un menù chilometrato. Gli chef e gli organizzatori hanno ideato la serata enogastronomica con prodotti locali e stagionali dei presidi Slow Food e i vini autoctoni del Veneto e del Friuli. Una cena in cui si potranno assaggiare il radicchio nostrano, le patate di Bibano o l’ossocollo dei produttori locali e quindi a km 0, oppure la casatella trevigiana a 30 km. Tutti cibi rigorosamente prodotti nella provincia trevigiana. La serata, che si svolgerà al Ristorante Primavera in collaborazione con la Fisar, sarà condotta da Paola Ianna che spiegherà piatti e vini autoctoni proposti in degustazione e il perché del loro abbinamento.
Ogni anno, affronta alcune delle tematiche legate al settore enologico. Quest’anno è prevista la presenza del Ministro alle Politiche Agricole Luca Zaia, gli argomenti saranno di estrema attualità. Si comincerà parlando delle regole introdotte dalla nuova OCM – Organizzazione Comune di Mercato e delle ricadute per i produttori. Un argomento di estremo interesse che sarà affrontato da Michele Zanardo, Vicepresidente del Comitato Nazionale Vini del Ministero delle Politiche Agricole. Vasco Boatto, Professore ordinario di Economia Agraria all’Università di Padova interverrà su “Vini rossi veneti e vini autoctoni: come affrontare la crisi”. Si parlerà anche di nuovi vini autoctoni, la ricercatrice Severina Cancellier illustrerà i risultati di una ricerca sugli “Ultimi vitigni riscoperti”. A coordinare il convegno, curato dall’enologo Remigio Possamai, sarà il professor Giovanni Mariani.
Una cinquantina le aziende vitivinicole venete e friulane presenti con i loro vini autoctoni. Si potranno degustare vini friulani come il Franconia, il Friulano, il Refosco, lo Schioppettino o il Verduzzo Friulano e tanti autoctoni trevigiani dalla Trevisana Nera alla Pavana, dal Grapariol ai vari Manzoni, per un totale di 28 varietà in mostra. Per la prima volta sarà presente anche un vino della provincia di Belluno, un Uvaggio di Autoctoni Bellunesi. Le degustazioni saranno accompagnate da assaggi gastronomici dei migliori prodotti tipici, selezionati dalla Condotta Sloow Food di Conegliano.
Inoltre sabato e domenica dalle 18 alle 19.30, si terrà anche il Laboratorio di Degustazione dedicato all’aceto balsamico tradizionale di Modena e alla Pitina Friulana.
Un grande evento vitivinicolo e mondano a Villa Da Porto «La Favorita» a Monticello di Fara di Sarego (VI)
Assaporare un vino taglio bordolese, questa mescolanza di uve Merlot e Cabernet Sauvignon, e a volte di Franc, è raccontare al proprio palato una tradizione vitivinicola di secoli. Ai vini bordolesi sarà dedicato «BCM, Bordolesi Cabernet Merlot», il grande evento vitivinicolo e mondano in programma per il 21, 22 e 23 novembre a Villa Da Porto «La Favorita» a Monticello di Fara di Sarego, nella cornice dei Colli Berici, a sud della città di Vicenza.
Le preziose etichette presenti a BCM rappresentano un autentico viaggio nel gusto. Originario del Bordeaux, la regione degli châteaux, dei cru e dei terroir, questo matrimonio di mosti fiore ci porta lontano nelle epoche e nell’arte enologica conl tipico rosso rubino intenso, con riflessi granato, indice di invecchiamento e passaggio in legno.
Risale alla seconda metà dell’Ottocento l’iniziativa dei produttori vitivinicoli italiani – per lo più nobili – ad introdurre in Italia i due vitigni base di questo taglio: Merlot e Cabernet. L’azione venne intrapresa anche per rilanciare la viticoltura Italiana, allora flagellata da diverse malattie.
In Italia questi vitigni hanno trovato ambienti pedoclimatici similari ma diversi dal Bordeaux, loro zona d’origine. Ciò ha permesso di ottenere tagli bordolesi con caratteristiche peculiari. Così, alla perizia enologica bordolese, i vini italiani hanno aggiunto le peculiarità dei suoli, dei microclimi, di un’attenta maturazione: tutti fattori che insieme al lavoro dell’enologo, all’uso del legno o alla scelta dell’acciaio hanno creato vini unici.
Assaporare un vino taglio bordolese vuol dire, al naso, giocare con sentori tostati e speziati, derivati dal processo di maturazione e d’invecchiamento del vino; in bocca, con morbidezze e durezze dei tannini legate al periodo di maturazione che il vino ha avuto in barriques, o in botti grandi, oppure in acciaio. Tanti elementi che rendono questi vini intriganti e allo stesso tempo impegnativi.
«BCM – Bordolesi Cabernet Merlot», giunta alla terza edizione, metterà in mostra oltre 250 etichette del panorama enologico italiano e mondiale. I prestigiosi vini verranno proposti in degustazione al pubblico nelle giornate di sabato 22 e domenica 23 novembre, biglietto di ingresso 15 euro.
La terza edizione di «BCM» è realizzata dal Co.Vi.Vi – Consorzio Vini Vicentini «Palazzo del Vino» con il contributo di Camera di Commercio di Vicenza, Provincia di Vicenza e Regione Veneto, in collaborazione con Vicenza Qualità e l’associazione di ristoratori «Le Buone Tavole dei Berici».
L’evento quest’anno porta, non a caso, il sottotitolo «Vini aristocratici, nobili produttori» per dare risalto al mondo della nobiltà e allo stretto legame che esso ha con il bordolese.
Su Dimagrisci Informato è riportata la notizia che, secondo uno studio dell’Università di Siena, un consumo moderato di vino rosso ha effetti benefici nei confronti dell’Elicobacter Pylori, ed in particolare i vini siciliani.
Una ricerca dell’Università di Siena commissionata dall’Associazione Nazionale Città del Vino conferma che il vino rosso, consumato in quantità moderata, ha effetti benefici sulla salute.
Analizzando 13 vini provenienti da diverse regioni italiane i ricercatori del dipartimento di Scienze ambientali dell’Ateneo si sono concentrati sugli effetti contro l’Helicobacter pylori, il principale patogeno della mucosa gastrica, e contro i radicali liberi: i risultati dello studio dimostrano che tutti i vini testati sono attivi contro l’Helicobacter, batterio che provoca ulcere e che è fattore di rischio di carcinoma e linfoma gastrico.
Anche la dannosa presenza di radicali liberi può essere combattuta con il Cabernet e il Sangiovese toscani, il Cabernet siciliano, il Montepulciano d’Abruzzo, il Nero d’Avola, il Merlot e il Syrah di Sicilia, i vini del Salento in Puglia, la Barbera del Piemonte, il novello di Chieti, il Gutturnio.
Una buona notizia per tutti gli appassionati che avranno un motivo in più per non rinunciare ad un buon bichiere.
Ah! Attenzione però: se il consumo di vino per ogni pasto va oltre i 350 ml, l’etanolo contenuto nel vino diventa aggressivo e dannoso per la mucosa gastrica.
Occhio, quindi alle quantità, bere con moderazione, sempre e con particolare attenzione alle attività post-prandiali: se dobbiamo guidare o svolgere altre mansioni che richiedono attenzione meglio ridurre!
“L’amore per la terra d’Abruzzo la dedizione al lavoro, il senso della famiglia, il valore della tradizione: Terra d’Aligi è una filosofia”
Terra d’Aligi ha radici lontane; la famiglia Spinelli, proprietaria dell’azienda, ha un’esperienza secolare nell’agricoltura, in particolare nella coltivazione delle viti e produce uva da generazioni.
Aligi è il nome di una figura poetica, capostipite di tutti i pastori d’Abruzzo, valorizzata da un’opera dannunziana “La figlia di Jorio”.
La famiglia è titolare anche di un’altra azienda che porta il loro cognome, Spinelli appunto, con sede nelle stesse strutture di Terra D’Aligi e che produce un numero ben maggiore di pezzi, 2 milioni e 700mila bottiglie stesse uve ma etichette e tecniche di produzione diversificate rispetto alla linea di Terra d’Aligi.
Due società differenti, per scelte organizzative e produttive. La prima rivolta a un pubblico molto vasto, di consumatori di vino quotidiano. Vino facile, anche nel prezzo, e al tempo stesso di qualità. La seconda per palati più raffinati, esperti, per frequentatori di ristoranti ed enoteche. Ai quali offre comunque sempre prodotti di grande bevibilità e di prezzo onesto, corretto. Strutture operative, imprenditoriali e persone che ogni giorno lavorano con competenza e passione sono però sempre le stesse. Cambiano i mercati e i canali distributivi ma non gli intenti: qualità, territorialità, dedizione, serietà. Ed è risultato davvero sorprendente proprio il livello qualitativo assai elevato dei vini proposti da Cantine Spinelli per il consumo quotidiano.
Il Salento è da sempre un mosaico ricchissimo di vita e colore, fatto di monumenti barocchi, splendidi litorali ed un oceano di ulivi e vigneti.
In questa generosa terra, sin dalla notte dei tempi, assecondando quel meccanismo naturale che porta gli esseri nel loro habitat ideale, la vite vede la luce.
Sotto questa irripetibile scenografia, nasce l’azienda Feudi di San Marzano.
La ricerca di qualità si traduce anche nell’approfondita conoscenza e ricerca, non solo del meraviglioso patrimonio di uve autoctone, ma anche dell’adattamento di queste ai caratteri pedologici e climatici della zona di produzione.
Quello fra la viticoltura e il Salento, da un punto di vista pedoclimatico, è da sempre un connubio naturale che si perde dalla notte dei tempi.La sua terra rossa, argillosa e calcarea, che poggia su strati di roccia tufacea molto superficiali e la sua scarsissima disponibilità di acqua, obbligano la vite a cercare tenacemente il suo nutrimento; le sue radici percorrono svariati metri nel suolo, snodandosi nella terra e insinuandosi nella roccia.
Questo movimento, questa interazione profonda si riflette in una grande ricchezza aromatica e di struttura nei vini.
In particolare, la zona di produzione dei vigneti dei Feudi di San Marzano è fondamentalmente caratterizzata da due tipi principali di terreni:
la terra rossa, tipica della parte propriamente detta Salento, caratterizzata da un’intensa liberazione di ossidi di ferro da parte del substrato calcareo (da ciò la tipica tinta rossa) e da suoli molto sottili, sovrapposti al calcare con radi affioramenti calcarei.
In questi suoli sorgono i nostri migliori vigneti ad alberello, che sono per esempio all’origine del SESSANTANNI; i suoli dei depositi marini terrazzati, caratterizzati da una tessitura sabbiosa o, in alcuni punti, ciottolosa.
In queste zone più a ridosso del litorale ionico e che beneficiano del positivo influsso delle brezze marine, coltiviamo per esempio i profumati vigneti all’origine del LIATICO.
il progetto “Sessantanni” mira a salvaguardare e valorizzare i vigneti vecchissimi del primitivo.
Dopo anni di ricerche agronomiche, la maniera migliore per ridare lustro a questa nobile uva, il Primitivo, era proprio un vino come il Sessantanni, ottenuto da vigneti vecchissimi ad alberello.
E’ qui che si trova la “Valle del Sessantanni”, un’estensione di oltre 10 ettari di vigneti ad alberello che abbiamo pazientemente strappato all’incuria e restituito alla loro funzione.
ll termine “Primitivo” deriva dal latino Primativus e vuole riferirsi alla maturazione precoce di questo vitigno che avviene tra la metà di agosto ed i primi di settembre, due settimane prima rispetto alle altre uve della Puglia.
Ancora oggi esistono molte incertezze sulle sue origini. Le prime notizie storicamente documentate su questo vitigno testimoniano che esso fu oggetto di coltivazione su una vasta area di territori pugliesi nel XVII secolo ad opera dei monaci Benedettini ed in particolare a Gioia del Colle, un centinaio di chilometri a nord di Manduria.
Tipologia di vino:Denominazione di Origine Controllata
Colore: Vino rosso
Vitigni: Primitivo
Densità d’impianto: 5000 alberelli per ettaro
Zona di produzione: vigneti selezionati nel territorio del comune di San Marzano, località Neviera e Casa Rossa. I suoli sono costituiti dalle terre rosse residuali, a tessitura fine e generalmente con substrato calcareo e radiaffioramenti rocciosi. La famosa tinta rossa di questi suoli deriva da un’intensa presenza di ossidi di ferro. I valori termici caratterizzano un ambiente piuttosto caldo, con piovosità annua molto bassa e escursioni termiche molto elevate, condizione questa che ha una benefica influenza sulla qualità delle uve. E’questa la zona classica di produzione della d.o.c. Primitivo di Manduria
Epoca di vendemmia: seconda metà di agosto, inizio di settembre
Vinificazione: raccolta a mano, in piccoli tini. Macerazione : 18 giorni sull’ 80 % della massa, 25 giorni sul 20 % (con lieviti indigeni selezionati in vigna su materiale scelto di diverso tipo). Fermentazione a temperatura controllata a 24-26° C
Affinamento: 6 mesi in barriques di rovere francese
colore rosso rubino molto carico ed elegante, profumo ampio e
complesso,fruttato con sentori di prugne, confettura di ciliegia e note di tabacco, leggermente speziato. Vino di grande corpo, morbido e ricco di tannini nobili, con un finale che regala note di cacao, caffè e vaniglia
Abbinamenti: carni rosse, selvaggina,primi piatti robusti. Vino da meditazione
Fruibilità: Da servire a 18°C
Tradizione, passione ed intuizione sono state le qualità trainanti che
hanno condotto Antinori ad affermarsi come uno dei principali
produttori italiani di vini di qualità.
Nel 1898 viene fondata la “Fattoria dei Marchesi Lodovico e Piero Antinori”, dai due fratelli Lodovico e Piero, figli del marchese Niccolò .
Oggi la società è diretta dal Marchese Piero Antinori, con il supporto delle tre figlie Albiera, Allegra e Alessia, coinvolte in prima persona nelle attività aziendali.
Le principali tenute della famiglia si trovano in Toscana e in Umbria, ma Antinori fa continui esperimenti nei suoi vigneti e cantine con selezioni di cloni di uve indigene ed internazionali, tipi di coltivazioni, altitudini dei vigneti, metodi di fermentazione e
temperature, tecniche di vinificazione tradizionali e moderne, tipi di legno dimensioni ed età delle botti, e variando la lunghezza
dell’invecchiamento in bottiglia.
La famiglia Antinori si occupa personalmente della produzione di vino delle proprie cantine, al fine di garantire quella qualità che le è ormai riconosciuta non solo in Italia, ma anche nel resto del mondo.
CHIANTI CLASSICO DOCG RISERVA 2004
Il Tenute Marchese Antinori Riserva è prodotto soltanto nelle annate migliori, esclusivamente dalle uve migliori delle proprietà di Tignanello, Badia a Passignano e Pèppoli nella zona di Mercatale Val di Pesa nel Chianti Classico.
CLASSIFICAZIONE: Chianti classico DOCG Riserva
UVAGGIO: 90% Sangiovese, 10% Cabernet ed altre varietà rosse complementari
VINIFICAZIONE: Dopo la diraspatura e una pigiatura soffice, le varietà sono state vinificate separatamente. La macerazione è avvenuta in parte in tini di legno da 50hl (dove, periodicamente, vengono ripetute delle follature per ottenere una migliore estrazione di colore, di complessità e di tannini), e parte in serbatoi di acciaio inox, per un periodo di ca. 15 giorni. Durante questa fase, il vino ha completato anche la fermentazione alcoolica ad una temperature non superiore ai 30°C.
MATURAZIONE: Terminata la fermentazione alcolica, i vini hanno condotto, spontaneamente, entro la fine dell’anno, la fermentazione malolattica (FML) in barriques francesi di secondo o terzo passaggio. A FML conclusa, i vini sono stati selezionati, assemblati e reintrodotti nelle stesse barriques per circa 14 mesi
AFFINAMENTO: in bottiglia per un ulteriore anno
Colore: rosso rubino intenso
Profumo: sentori speziati di cannella e chiodi di garofano, accompagnati da note boisé e da note piccanti di pepe
Gusto: rotondo, cremoso, dolce e molto ben equilibrato per tutta la degustazione. Al retrogusto si evidenziano, prevalentemente, note olfattive tipiche del periodo di affinamento: incenso, note balsamiche e ancora spezie.
Il vino italiano è aumentato di un grado negli ultimi 30 anni anche per effetto dei cambiamenti climatici che si sono verificati nella Penisola, dove la temperatura media nel 2011 è stata superiore di 1,5 gradi rispetto al 1980, facendo peraltro segnare in questo arco di tempo alla colonnina di mercurio ripetuti livelli di caldo record da oltre 2 secoli. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti all’apertura del Vinitaly, dove lunedì prossimo alle ore 15 si terrà l’incontro ‘Clima e vino: rischi e prospettive di una relazione particolare’.
Per la Coldiretti numerosi sono i casi di disciplinari di vini a denominazione che negli ultimi anni si sono adeguati al cambiamento modificando i limiti minimi di gradazione alcolica sia al Nord (dove per la Barbera d’Asti si è passati per il base da 11,5 gradi a 12 e per il superiore da 12 gradi a 12,5), che al Sud (per l’Aglianico del Vulture la gradazione minima naturale delle uve alla vendemmia è passata da 11, 5 gradi a 12,00 per il Superiore Docg a 13,00 gradi).
Il surriscaldamento ha determinato un anticipo della vendemmia anche di un mese rispetto al tradizionale mese di settembre e non è un caso che si sta discutendo, dopo oltre venti anni, di anticipare di quasi una settimana la data per stappare il vino novello fissata per legge in Italia il 6 di novembre nel 1989. Ad esempio nell’ultima vendemmia – sottolinea la Coldiretti – l’inizio della raccolta delle uve destinate al prestigioso spumante metodo classico Franciacorta è partita addirittura il 5 agosto a Coccaglio in provincia di Brescia nell’azienda agricola Faccoli mentre le uve piu’ tardive come l’Aglianico e il Nebbiolo sono state raccolte entro ottobre, in netto anticipo rispetto agli anni ’80 quando per le stesse varietà si arrivava anche a fine novembre.
Negli ultimi 30 anni le sommatorie termiche in Italia sono aumentate in modo significativo (in tutta l’Italia settentrionale, ad esempio, di circa il 20 per cento), soprattutto nei mesi estivi con più elevate e prolungate temperature massime principalmente nel mese di luglio. Oggi le uve ottenute da viti di equivalente produttività, appaiono caratterizzate da gradazioni zuccherine frequentemente più elevate di 2-4 gradi brix, con acidità titolabili inferiori, di circa 1-2,5 grammi/litro. Di fatto il vigneto Italia – precisa la Coldiretti – produce adesso uve piu’ precoci, meno acide e più dolci rispetto al passato.
“Il suo frutto uva, insertato a ghirlanda di fiori, lo si vorrebbe pollinare, semplicemente godere…..
Il manto di fittezza totale, l’equilibrio del gusto ritmato fra acidità e morbidezza con musicale proporzione e armonia, il favoloso nitore, bagliore, turgore. Un profumo tanto netto e pulito da evocare la lavanda in candore”
(Luca Maroni)
Non a caso è stato dato il nome a questo vino che batte tutti gli altri per Equilibrio, Consistenza ed Integrità.
In Campania “Doceassaje” vuol dire “molto dolce”, ma qui, molto dolce non equivale ad allappante o esagerato, qui vuol dire matrimonio di sensazioni, davvero ci si può abbandonare al dolce gusto che rimane sulla lingua, chiudere gli occhi e godere.
Nel suo aroma di frutto tropicale, di susina e di gardenia in fiore la natura si esalta con intensità aromatica e rotondità sublime.
Voto massimo dunque a questo CAPOLAVORO DELLA NATURA.
L’Azienda VINOSIA di Mario e Luciano Ercolino da circa tre anni produce Greco di tufo, Fiano di Avellino, Falanghina del beneventano ed Aglianico.
Ancora oggi l’idea del vino di Mario e Luciano è quella di osare, andare sempre un po’ più in là rispetto al risultato raggiunto.
Grazie ai loro numerosi viaggi hanno capito che l’Irpinia era una sorta di “Terra Promessa” del vino; infatti viaggiando nelle zone del Greco, del Fiano o dell’Aglianico, trovavano sempre uve dalla qualità unica; nello stesso tempo assaggiando molte uve in giro per l’Italia si rafforzava sempre di più la consapevolezza dell’unicità dei sapori della propria zona.
DENOMINAZIONE
Denominazione di Origine Controllata
TIPO DI VINO
Bianco
UVE:
Greco di Tufo, Fiano di Avellino
I terreni del Greco, sono situati a nord/ovest del comune di Tufo e Torrioni, risultano interessanti poiché derivano dal disfacimento nei millenni di arenarie; ricchissimi di carbonato di calcio caratteristica unica dei terreni di questa zona conferiscono al vino profumi e grande complessità. I terreni di Fiano sono freschi, profondi, ricchi di micro e macro elementi, molto soffici e di origine vulcanica.
Controspalliera allevata a guyot
Greco di tufo, portato in Italia dai coloni ellenici nel VII-VIII sec A.C, deriva dall’Aminea Gemella descritta dai georgici latini e coltivata sulle pendici del Vesuvio. L’appellativo “gemella” deriva dalla presenza di grappoli alati, carattere costante presente nel grappolo di questo vitigno. In un recente passato, per il grande patrimonio aromatico, questo vitigno veniva sovente confuso con il Riesling italico.
Fiano di Avellino, antico vitigno meridionale, la cui coltivazione risale all’epoca romana. Si ritiene originario della zona del Lapio, sulle colline ad est di Avellino. La parola Fiano, erroneamente attribuita in passato alla corruzione del nome Apianus (ape) sembra derivi invece da Appiano, varietà di mela e da Apia, ora Lapia, località dell’avellinese. Non può invece essere confuso con le Apiane, vitigni molto apprezzati dai georgici latini, perché erano dei moscati, né derivare da ape in quanto le sue uve molto mature sono visitate piuttosto dalle vespe (“Vitigni d’Italia” Scienza, Calò, Costacurta).
Terza decade di Ottobre, selezione in vigneto, raccolta a mano.
80 q.li/ha
Pigiatura soffice, pressatura dei grappoli interi, illimpidimento statico, fermentazione parzialmente condotta con starter di lieviti autoctoni, malolattica svolta non completamente.
L’audace unione tra la mineralità e sapidità del Greco e l’intensità del Fiano, ottenuta da uve colte all’apice del loro picco aromatico, origina una composizione ricca di nuances: la freschezza dell’ananas si lega con le dolci note della pesca, per poi fondersi con il frutto della passione.
Nelle aspre colline di Langa in località Cappelletto nel comune di Trezzo Tinella, si trova l’Azienda Agricola Cerrino, viticoltori da più generazioni.
L’azienda possiede 9 ettari di terreno, ed è circondata da vigneti esposti a Sud – Est coltivati ad uva Moscato d’Asti, Dolcetto d’Alba, Langhe Chardonnay, Langhe Nebbiolo, Langhe Favorita, Barbera d’Alba.
L’obiettivo dell’azienda,è quello di mantenere la tipicità dei vini, imponendo un’accurata attenzione ed effettuando lotta guidata ed integrata, con potature verdi e diradamenti pre-vendemmiali.
L’azienda dispone di un Agriturismo, situato nel cuore delle Langhe, è la meta ideale per piacevoli soggiorni immersi nel verde dei vigneti.
Questa azienda tral’altro dispone di un’accogliente Sala da Degustazione, dove poter assaggiare i vini di produzione propria e degustare prodotti tipici della Zona delle Langhe.
Langhe Nebbiolo DOC, Dolcetto d’Alba DOC , Langhe Chardonnay DOC, Tardì, Moscato d’Asti DOCG , Luna Nuova, Barbera d’Alba DOC, Grappa di Moscato.
LANGHE DOC, CHARDONAY 2005
VITIGNO: Chardonnay
TERRENO: leggero, di media fertilità, predilige buone esposizioni, sud, sud-est
FORMA DI ALLEVAMENTO: filare classico con potatura Guyot
COLORE: giallo paglierino venato di riflessi verdognoli
PROFUMO: intensissime note vegetali con ricordi di fiori d’acacia e di clorofilla
SAPORE: all’assaggio freschi sentori minerali, con finale molto lungo e raffinato
TEMPERATURA DI SERVIZIO: 8-12°C
ABBINAMENTI GASTRONOMICI: ottimo come aperitivo oppure con antipasti, piatti a base di pesce, pizza,formaggi freschi e semi stagionati.
Sulla sponda meridionale del Lago di Garda, nella sottile fascia di terra che porta al laghetto del Frassino, in un posto dominato da vigeti ed uliveti, nella zona che venne definita
“frastagliata da rivoli d’acqua, da paludi e da laghetti, sulle rive dei quali si abbeveravano grossi cinghiali, vagavano cervi, caprioli,daini e stambecchi e volteggiavano stormi d’uccelli d’ogni specie”… si trova l’Azienda Agricola Vitivinicola Valerio Zenato.
La filosofia aziendale è fondata sul massimo rispetto per l’ambiente con l’obiettivo di ottimizzare l’equilibrio vegeto-produttivo dei vigneti, seguendo le indicazioni previste dai Regolamenti dell’Unione Europea sulle produzioni agricole sostenibili.
Adottando questi principi, in azienda si utilizzano esclusivamente sostanze d’origine naturale, organica o minerale, favorendo così lo sviluppo dell’ecosistema vigneto.
La produzione prevalente è rappresentata dal vino Lugana, di cui si produce una particolare selezione, il Lugana Benedictus, e la versione con bollicine, il Lugana Brut.
Il merito dell’alta qualità del Lugana è da attribuirsi alla singolare condizione pedoclimatica di questo territorio e alla particolarità del suolo sul quale sono coltivate le uve: sotto lo strato argilloso-calcareo, che contribuisce a conferire corposità al vino, vi è infatti una base di origine morenica ricca di sali minerali, indispensabili per mantenere una buona acidità di base integrata ad una gustosa sapidità. L’altra particolarità di questo territorio è costituita dall’alto tasso di umidità che proviene dal Lago di Garda e lambisce tutta la zona.
La combinazione di questi due fattori condiziona fortemente l’impianto dei vigneti realizzati con accorgimenti particolari: la forte umidità lacustre, infatti, obbliga sia a mantenere un’ appropriata distanza tra i filari, favorendo in questo modo una buona circolazione d’aria, che a condurre la parte fogliare e fruttifera della pianta ad adeguata distanza dal terreno.
L’azienda produce inoltre il Bardolino Classico ottenuto da un unico appezzamento situato nella zona storica di produzione di questo vino e due vini rossi affinati in botti grandi di rovere, il Merlot e il Cabernet Sauvignon.
Troviamo anche due nuove selezioni, frutto di un progetto iniziato nella vendemmia 2000: Perseo, vino rosso di struttura ottenuto da uve leggermente appassite e il passito L’Accordo, vino da dessert ottenuto dalle uve del vitigno Trebbiano di Lugana, dopo lungo appassimento in piccole cassette.
Prodotti di particolare interesse sono le Grappe di monovitigno Lugana e l’ Olio Extra-Vergine d’Oliva del Lago di Garda, ottenuto dalla prima spremitura a freddo di olive delle varietà autoctone del Garda.
Questo nobile vino è ottenuto da una particolare selezione delle uve, che, scelte tra le più mature, dopo la raccolta, sostano per un giorno a contatto con il mosto a bassa Temperatura. Seguono una spremitura soffice e un’ accurata vinificazione, termocontrollata, atte a garantire un prodotto dotato di grande personalità.
Presenta colore giallo paglierino con accennate sfumature dorate che raggiungono toni più intensi con l’ affinamento in bottiglia.
Delicato e gradevole all’olfatto con note di frutta esotica, sentori di confettura, ed accennate sensazioni di spezie; si presenta fresco, morbido e carezzevole al gusto con ottima persistenza gusto-olfattiva.
È particolarmente indicato con il pesce sia di lago sia di mare, con i risotti a base di pesce, ma anche con piatti più ricchi di sapore.
Si serve fresco a 12-13° C in calice ampio
In provincia di Agrigento, tra le colline di Campobello di Licata, in una delle zone più vocate alla viticultura, nasce l’Azienda Agricola G. Milazzo.
L’Azienda Agricola Milazzo opera nel settore della viticoltura da oltre 150 anni.
I terreni si estendono per circa 70 ettari dove vengono coltivate diverse varietà di uva, in gran parte autoctone.
Questa Zona viene defibita “la fascia del sole” per le scarse precipitazioni annuli, clima e terreno si sposano per ofrire in modo naturale risultati che altrove difficilmente si possono ottenere.
Agli inizi degli anni ’70, per ottenere prodotti di elevata qualità senza additivi chimici, l’Azienda Agricola Milazzo ha dato il via a una fase di sperimentazione, durante la quale ha condotto studi approfonditi sulle varietà idonee produrre vini d’alto pregio, posizionandosi così in pochi anni in una fascia di mercato medio-alta.
L’intervento umano nelle fasi di potatura e vendemmia è da sempre portato a termine rigorosamente a mano.
VITIGNI UTILIZZATI: Vecchia varietà siciliana non identificata alla quale è stata assegnata la sigla aziendale cronologica interna V. 12
MORFOLOGIA TERRENO: Lieve pendenza su area collinare a dolce declivio
SISTEMA DI COLTIVAZIONE: Vigneti allevati a spalliera ed a tendone, con densità di coltura e resa controllata mediante diradamento dei grappoli all’inizio dell’invaiatura.
COMPOSIZIONE TERRENO: Struttura argillosa su matrice calcarea poco profonda
TECNICA DI VINIFICAZIONE: Diraspatura dell’uva e pressatura molto soffice con pressa pneumatica a polmone centrale. Il mosto fermenta esclusivamente in vasi vinari di acciaio inox termocondizionati.
Circa otto mesi dopo la vendemmia il vino viene imbottigliato e rimane in cantina, a temperatura controllata, fino al momento della distribuzione che avviene non prima della fine di giugno dell’anno successivo alla vendemmia
COLORE: Giallo Paglierino brillante, con riflessi dorati
:Intensi e affascinanti per eleganza e notevole persistenza. Floreale con fruttato complesso che ricorda miele e un gradevole sentore di frutta con leggera sensazione di agrumi.
Impatto gustativo straordinario per struttura, complessità, morbidezza, eccezionale intensità e persistenza, in un equilibrio gustativo eccellente. Caldo, di buon corpo e armonico.
TENORE ALCOLICO: 13,00-13,50% Vol. a seconda delle annate di produzione
Si sposa egregiamente con piatti di pesce grasso e alla brace, ma la sua affascinante struttura consente abbinamenti con tutto.
TEMPERATURA DI SERVIZIO: Servire a 10 gradi o leggermente più fresco
DURATA: Circa quattro anni ed anche oltre se conservato in locali idonei ed a temperatura non superiore ai 12° C
ono quattro generazioni che la famiglia Sartori produce grandi vini nel territorio della Valpolicella.
Questa casa vinicola nasce nel 1898, fondata da Pietro Sartori, che acquistò un piccolo vigneto con cantina nei pressi di Negrar.
La Casa Vinicola Sartori é situata a nord di Verona fra le colline della Valpolicella, nel cuore della zona classica di produzione, famosa non solo per i suoi vini.
Le cantine sono immerse nel parco dell’antica Villa Maria.
Negli ampi corridoi sotterranei, a temperatura costante naturale, alloggiano batterie di botti di rovere per l’invecchiamento, barriques per l’affinamento, vasche e contenitori per una capacità superiore agli 50.000 ettolitri.
La qualità rappresenta da sempre un fattore strategico fondamentale che Casa Vinicola Sartori persegue nel rapporto con i consumatori.
Uve:
100% Garganega
Indicazione geografica tipica
Severa selezione da uve collinari nella zona del Soave a nord del comune di Colognola ai Colli.
Le uve raccolte e selezionate a mano vengono messe ad appassire parzialmente per 40 giorni in ampi locali aerati per favorire la riduzione della percentuale d’acqua e la concentrazione degli zuccheri contenuti negli acini. Dopo la pigiadiraspatura segue una breve macerazione della vinaccia a freddo; una parte del mosto è fermentato in botti di rovere; l’affinamento successivo di tutto il vino avviene’sur lie’.
giallo dorato intenso. Al naso le fragranze sono di frutta giustamente matura nelle quali si esalta il miele. In bocca il vino è voluminoso, aristocratico, a tutto tondo. Il retrogusto è persistente e in equilibrio con le fragranze al naso.
Si accompagna ai primi piatti con sapori decisi, ricette di pesce importanti e a formaggi di media stagionatura.
Avvicinarsi ad un vino Lugana significa ripercorrere di fatto una storia legata alla terra, vuol dire bere la prima DOC registrata in Lombardia e tra le primissime in Italia (1967).
Tutto ciò ribadisce – a ogni sorso – tutta la sua identità derivante dal vitigno che lo caratterizza, la vera ricchezza da cui nascono le tipologie del Lugana.
Il disciplinare fa riferimento al Trebbiano di Soave, localmente chiamato Trebbiano di Lugana; le più recenti indagini assicurano però che il genoma del vitigno da cui si ottiene il Lugana è diverso dal Trebbiano veronese, come è diverso dal Verdicchio marchigiano.
Diventa allora importante sapere che di vitigno autoctono si parla, dichiarato dall’Università degli Studi di Milano esclusivo di questa zona di produzione.
Questo vitigno, selezionato nei secoli dai vignaioli locali, diventa un elemento fondamentale per la valorizzazione del basso Garda e di tutto il comparto agroalimentare e turistico.
Il Lugana viene prodotto in tre tipologie: Lugana doc, Lugana Superiore e Lugana Spumante
Ogni vino una storia… vini che nascono per essere vissuti, bevuti e che vanno al di là del rito e del mito.
Nati per generare il valore più semplice e più elevato di tutti: la condivisione.
Nati per generare la propria profonda passione per il vino di qualità a tutti quelli che il vino lo amano davvero.
L’azienda Silvio Jermann è situata nella provincia di Gorizia a ridosso del confine con la Slovenia.
Oggi Jermann, si estende su 150 ettari di cui 130 ettari di vigneto e 20 ettari a seminativi e orticole. È un’azienda che dialoga ogni giorno con il mondo ma l’attenzione però è sempre puntata sulle cose concrete che fanno grande un vino.
I vini della cantina Silvio Jermann a distanza di anni rappresentano ancora oggi l’eccellenza dell’enologia Italiana nel mondo.
Tra i vini più celebri della cantina troviamo eccellenti vini rossi come il Mjzzu Blau & Blau ed il Pignacolusse, tra i vini bianchi troviamo il Capo Martino, dal colore giallo dorato da fare invidia ad un passito, il Were Dreams, Now it is just wine! vinificati totalmente in barrique di rovere francese ed il famosissimo Vintage Tunina.
C’è una generica percezione diffusa in cui i vini laziali sono visti in un contesto luculliano tra fettuccine, porchetta e abbacchio, spesso frutto di un’interpretazione cinematografica, dove la qualità passa in secondo piano, nella realtà dei fatti la Terra Laziale è ricca di buoni vini.
Il Lazio è una regione costellata da case vinicole di primo ordine; il territorio di origine prevalentemente vulcanica, con metà del suo territorio posto in collina, è il luogo ideale per ospitare colture specializzate come la vite, la frutta e l’olio.
Luogo ricco di storia, culla di una civiltà che ha dato tanto alla cultura del vino, il Lazio occupa uno dei primi posti del panorama enologico italiano e la zona sicuramente più importante è quella dei Castelli Romani.
I vini bevuti sono in prevalenza i bianchi ottenuti dai vitigni Malvasia e Trebbiano che prendono il nome dalle località da cui traggono origine come Frascati, Marino, Colli Albani. Un’altra zona vinicola interessante è quella che si estende in provincia di Viterbo. Qui sui terreni di origine vulcanica delle pendici che circondano il lago di Bolsena, nasce un vino dal curioso nome latino: l’Est! Est!! Est!!! di Montefiascone.
Al riguardo di Est! Est!! Est!!! vi raccontiamo la leggenda del XII secolo.
Selezionato come unico vino dolce italiano, il Ben Ryè di Donnafugata ha rappresentato l’Italia alla degustazione “Grands Vins Liquoreux du Monde” organizzata dalla DUAD (Diplome Universitaire d’Aptitude à la Degustation) di Bordeaux.
La degustazione, ha avuto luogo il 14 Dicembre presso il prestigioso Institut des Sciences de la Vigne et des Vins (ISVV), ed è stata guidata dall’enologa di Château d’Yquem, Sandrine Garbay.
Molti sono stati i vini proposti, ognuno a rappresentare il proprio paese: dall’Australia (Mount Horrocks Cordon Cut Riesling 2008) al Canada (Inniskillin Icewine), dalla Spagna (Pedro Ximenez d’Alvear) all’Ungheria con il Tokay, passando per altre nazioni produttrici europee, sono stati degustati alcuni tra i migliori vini di questa tipologia. L’Italia è stata presente con l’annata 2006 del Ben Ryé.
Ricordiamo che il Donnafugata ha celebrato la 20a vendemmia a Pantelleria dedicando al Ben Ryé una nuova etichetta d’autore.
L’azienda vitivinicola Les Crêtes nasce nel 1989 in Aymavilles (Valle d’Aosta), per opera di Costantino Charrère ed è oggi gestita dalla sua famiglia che si occupa, da cinque generazioni di produzioni agroalimentari.
La zona di coltivazione dei vigneti si estende per 25 ettari lungo l’asse orografico della Dora Baltea, nei comuni di Saint Pierre, Aymavilles, Gressan, Sarre, Aosta e Saint Christophe.
La produzione annua complessiva è di circa 230.000 bottiglie. Il comparto di vigneti più ampio si sviluppa nella zona “Les Crêtes” di Aymavilles.
Le varietà coltivate sono sia autoctone (Petit Rouge,
Fumin, Petite Arvine, Gros Rouge, Cornalin, Mayolet, Prëmetta) che internazionali (Pinot Noir, Chardonnay, Syrah).
La gestione agronomica dei vigneti, basata sul rispetto dell’ambiente, è con la valorizzazione del “terroir”, filosofia aziendale che vede unite tradizionali tecniche di coltivazione e passione per innovazione e ricerca tecnologica. I trattamenti fitosanitari, in linea con i programmi europei di settore, prevedono un limitato uso di fitofarmaci.
“Anni di intenso scambio tra noi e le terre di Sicilia.
Un’unica regola: la naturale semplicità del fare.”
-Alberto e Diego Cusumano –
La Cantina Cusumano si estende oltre centoquaranta ettari di vigneti situati in zone differenziate per condizioni microclimatiche.
Il successo di quest’azienda deriva dalla costante attività di studio e ricerca del territorio volta all’individuazione delle varietà vitivinicole più adatte e per la puntuale ed incessante attività di sperimentazione attuata nelle vigne e nelle cantine.
La sensibilità alle costanti esigenze della vite, questo è il segreto, qui viene da sempre studiato il perfetto equilibrio tra produzione e vegetazione con attenzione e massima cura per l’allevamento della vite nonchè un rispetto profondo della natura.
Una delle migliori espressioni Cusumano e uno dei migliori Nero D’Avola degli ultimi anni:
Un vino, il cui nome deriva dalla zona in cui i rossi venivano conservati in celle sotterranee per lunghi periodi di affinamento, che proviene dalle posizioni migliori di Nero d’Avola, diradato e vinificato in botti di legno da 20 hl.
Colore Rubino, con nette sfumature porpora che ricordano la violetta. Frutta in confettura, caffé, china e graffite. Tannino leggermente dominante di raffinata fattura.
Nota alcolica, freschezza e struttura cremosa si fondono per esaltare una persistenza di assoluta complessità e lunghezza
Vendemmia: manuale
Zona di produzione: Sicilia centro orientale
Esposizione: Sud, altitudine 200 m
Allevamento: spalliera 4500 ceppi per ha
Resa ha: 70 q
Età media dei vigneti: 15 anni
Periodo vendemmia: primi di settembre
Vinificazione:diraspatura e fermentazione a temperatura controllata 28-30° per 10/15 giorni; malolattica in carati di rovere, affinamento sei mesi nelle stesse e successivo affinamento in bottiglia
Le sue origini sono antichissime: i primi a “scoprirlo” furono i monaci Benedettini, che con le uve raccolte alle falde del Conero, producevano uno splendido Rosso. Forse furono loro a dare il nome attuale al vino, derivandolo dall’appellativo che i greci davano al corbezzolo o “ceraso marino”, che cresce sui fianchi del Conero.
Prodotto nella splendida area del Monte Conero e le colline circostanti, riguarda 7 comuni, Ancona, Camerano, Numana, Offagna, Sirolo ed in parte Castelfidardo ed Osimo, tutto il promontorio del Conero è un meraviglioso ambiente per la coltivazione delle uve rosse grazie al microclima continentale ravvivato dalle brezze marine e dal terreno calcareo.
I vigneti riferiti al Rosso Conero sono coltivati generalmente a spalliera, con una densità variante dai 2500 ai 4000 ceppi dei nuovi impianti.
DOC dal 1967 il Rosso Conero si ottiene vinificando le uve del vitigno Montepulciano, unito poi da uve Sangiovese (per un 15% massimo) e ne circolano sul mercato due versioni, una base che deve presentare una gradazione minima di 11,5 gradi e una versione Riserva che deve avere una gradazione minimo di 12,5° e un invecchiamento di almeno due anni.
A partire dall’annata 2004, la versione “Riserva” del Rosso Conero DOC ha cambiato denominazione e disciplinare sottomettendosi alla più rigida legislazione che regola le DOCG (Denominazioni ad Origine Controllata e Garantita).
Esistono quindi ora due prodotti figli della stessa zona DOC di produzione vinicola: Rosso Conero DOC e CONERO DOCG
Il sapore è fortemente fruttato, ricco di sfumature e caratterizzato da un lungo e persistente retrogusto.
Tipiche sono le note di ciliegia selvatica, prugna, mora, frutti di bosco a cui seguono la liquirizia, il cuoio ed il tabacco.
I tannini sono sempre molto presenti perché l’uva ne è ricca.
Giovane si abbina piacevolmente a cibi succulenti, grassi, aromatici, anche a tendenza dolce.
Più maturo e morbido si accosta bene a primi piatti di pasta ripiena (tortellini, agnolotti, ravioli) e primi conditi con salse rosse, anche di carne.
il colore è rosso rubino intenso con forti sfumature violacee.
Qualche giorno fa abbiamo programmato una cena con amici e colleghi al ristorante Cal di Mezzo di Caonada (Montebelluna, TV), scegliendo piatti di pesce per ogni portata.
D’altra parte è quasi impossibile scegliere altro, perchè il titolare del locale, Fabio Sesti, Calabrese D.O.C. di Amantea (CS), non propone altro: Capesante gratinate, frittura di alicette, carpaccio di salmone, e gamberetti con polentina per antipasto; linguine rosse all’astice per primo piatto; spigola all’acqua pazza per secondo.
Oltre alle proposte di Fabio qualcuno dei commensali (me compresa) ha scelto di aggiungere, alla fine del pasto, un po’ di fritturina mista: anelli di totani, gamberi e canestrelli.
Le premesse facevano presagire una cena lunga ed abbondante con piatti delicati ma anche con alcune “incursioni” nello speziato (il carpaccio) e nel piccante (i gamberetti dell’antipasto e l’astice del primo).
Al momento della scelta del vino da sposare a cotanta cena la tavolata di otto persone si è divisa in due partiti.
Naturalmente Prosecco diranno i più.
E certo, perchè in provincia di Treviso, a due passi da Valdobbiadene e in abbinamento con i piatti di pesce, l’indicazione di tutti non poteva che essere quella di un bianco, mosso e profumato come il Prosecco Millesimato Col Vetoraz.
Avrei accettato tranquillamente la proposta di Pino – Napoletano D.O.C. e collaboratore di Fabio – e la scelta di tutti, tranne per il fatto che la diatriba per gli abbinamenti cibo-vino è un vero divertimento per me.
E allora ho fatto la mia proposta choc: abbinare un bel Rabosello, fresco di cantina alle nostre saporite pietanze.
Ovviamente mi sono presa gli strali di tutti gli “espertoni” del mio tavolo e anche quelli di altri tavoli.
“Col pesce ci va il vino bianco”, “già la scelta del Prosecco è azzardata”, “il vino frizzante non è vino…” e così via dileggiandomi.
Resto sempre dell’opinione che le persone devono essere libere di fare ciò che vogliono (se non fanno del male ad altri) ed ho ordinato il mio bicchiere di Rabosello.
Ho iniziato l’antipasto bevendo il buonissimo e profumatissimo prosecco millesimato, e l’ho concluso con i gamberetti piccanti ed il rabosello.
Risatine, sfottò, la conversazione era intrisa di goliardia varia ma qualcuno ha annusato il mio bicchiere di rabosello. “Mmm, profumato, aromatico, frutti rossi, mandorla… (mandorla? ma dove??)”.
Sta di fatto che all’arrivo delle linguine rosse all’astice, ben DUE degli altri SETTE commensali hanno chiesto a Pino due bicchieri di Rabosello ed hanno temporaneamente abbandonato il prosecco millesimato per il più corposo e dolciastro rabosello.
“Ah, ma ci sta proprio bene”, “si ma non bisogna miscelare”, “no, col pesce ci va il bianco” e così via.
La conversazione sembrava più una divertentissima Tribuna Politica dei bei tempi. Mancava solo Jader Jacobelli, compianto animatore di quella storica trasmissione, al quale uno degli amici pareva anche somigliare.
Ma il vino era buono davvero, sia il raboso che il prosecco, al quale sono tornata per la spigola o branzino all’acqua pazza.
In chiusura della cena e dopo il caffè, Fabio ci ha offerto un assaggio di una “primizia” delle cantine Astoria, un vino-rosolio prodotto con uva… Raboso, dolce come uno cherry, molto avvolgente.
Una cena veramente completa in ogni senso!
L’azienda agricola Fedrizzi Cipriano vinifica le uve dei propri vigneti da ben quattro generazioni (dal 1870).
La superficie attuale ,coltivata a vigneto, è di 7 ha, situati nella Piana Rotaliana.
La gestione dell’azienda è a conduzione familiare.
Dal 1994 l’azienda ha operato una scelta di mercato : ridurre le rese ad ettaro, di applicare nuove pratiche agronomiche, di introdurre nuove tecniche di vinificazione e altri accorgimenti atti a mantenere e rendere salubre e migliore il prodotto.
Attualmente l’azienda è gestita da Giovanni Fedrizzi, che ha alle spalle l’appoggio e l’esperienza del padre Cipriano.
I vini prodotti sono tre rossi: Teroldego Rotaliano D.O.C.(base), Teroldego Rotaliano “Due Vigneti” (selezione affinata in barrique) e Trentino Lagrein D.O.C. (affinato in barrique).
La scelta di produrre soltanto queste tipologie di uve è dovuta al fatto che il Teroldego è una varietà autoctona,che trova nella Piana Rotaliana il suo habitat ideale.
Anche il vitigno Lagrein, trova nei terreni nel Campo Rotaliano le condizioni ottimali per produrre un vino ricco di personalità.
UVE: Lagrein (100%), allevate con il sistema a pergola trentina doppia su terreni sabbiosi ed esposti a sud.
VENDEMMIA: avviene ancora manualmente, con la selezione in vigna dei grappoli migliori che vengono poi portati in cantina e pigiati.
Il mosto viene così lasciato a macerare sulle bucce per 12-15 giorni per permettere un’ottima estrazione di colore.
AFFINAMENTO: Una volta terminata la fermentazione, il Lagrein viene fatto maturare in botti ed affinato in bottiglia per qualche mese
COLORE: rosso rubino intenso
PROFUMO: fruttato e caratteristico, che ricorda la violetta e la mora. Al palato si dona secco, morbido, vellutato, fresco, pieno, con un corpo che si sposa con carni grigliate, carni rosse e formaggi semi stagionati.
“Nutrimento, convivio, amore materno e profumi di terra Sarda: così nasce la cantina Mesa.
Una dichiarazione d’amore per la Sardegna, un connubio di bellezza e di bontà, una celebrazione della sua generosità e della sua cultura attraverso uno sei suoi preziosi tesori: il VINO.”
La cantina Mesa di Sant’Anna Arresi, sorge nel cuore del Sulcis Iglesiente, a sud ovest della Sardegna.
La maggior parte dei vigneti si trova nel territorio di Sant’Anna Aressi. 70 ettari vitati, cuore e polmoni di un’azienda che ha superato le 500 mila bottiglie all’anno.
La produzione si compone prevalentemente di Carignano del Sulcis, Vermentino di Sardegna e Cannonau di Sardegna, ai quali si affiancano uve di Chardonnay e Syrah che arricchiscono e completano.Mesa in spagnolo significa tavola. Tavola dove ci si incontra, si mangia, si scherza.
MESA può anche essere letto come acronimo dei due cognomi dei principali azionisti, Giuseppe Mele e Gavino Sanna.
Il famoso Gavino Sanna, ex pubblicitario, dopo l’addio all’attività pubblicitaria, si è dedicato al vino, fondando, con amici, vignaioli e l’apporto di un enologo di rango, la cantina Mesa.
La famiglia Campagnola, da quattro generazioni, conduce l’azienda vinicola situata a Valgatara, piccola frazione collinare del comune di Marano e centro della Valpolicella Classica.
L’attuale titolare Giuseppe Campagnola, affiancato dal papà Luigi e da tutta la famiglia, porta avanti tutt’oggi l’attività con la stessa passione e dedizione che da sempre li caratterizzano.
L’azienda Campagnola segue la coltivazione dei vigneti, seleziona le uve e collabora attivamente con oltre 50 viticoltori dei più vocati vigneti del comune di Marano di Valpolicella per una estensione di circa 80 ettari. Nel territorio del Bardolino Classico lavora su 15 ettari di recente acquisizione e altri 15 in collaborazione con l’Azienda Agricola Tenuta Francesco Righetti.
Sempre con la stessa Azienda porta avanti una sinergia nella zona Friulana, precisamente a Chiasiellis, Udine, lavorando su 30 ettari di vocati vigneti per la produzione del Pinot Grigio. Per finire attraverso la co-operazione con l’Azienda Agricola Adami opera su 20 ettari nella Zona del Soave.
Caterina Zardini è la linea che Giuseppe Campagnola ha dedicato alla nonna, dato che le vigne erano quelle che le appartennero
Valpolicella Caterina Zardini 2006
Colore rosso granato profondo.
Profumo etereo, fragrante, speziato, con sentore di ciliegia, mandorla amara e tabacco.
Sapore asciutto, pieno, caldo, avvolgente, su un fondo piacevolmente amarognolo.
Denominazione Doc Classico Superiore
Uve migliori uve di Corvina e Corvinone Veronese 70%, Rondinella 30%. Selezione da 36 ha di vocati vigneti collinari a 300 slm, del Comune di Marano Valpolicella. Esposizione Sud-Ovest.
Terreno di tipo calcaceo-eocenico. Vigne allevate a pergoletta semplice. Densità di 3000 piante per ettaro.
Vinificazione Scelta delle migliori casse di uve in arrivo da Giuseppe Campagnola. Uve perfette, sanissime. Appassimento naturale in fruttaio ben ventilato per 20 giorni. Vinificazione in Ottobre. Diraspapigiatura delle uve appassite. Fermentazione a temperatura controllata di 22°C., due follature manuali al giorno. Macerazione per 15 giorni.
Analisi Alcol 14,15%vol; zuccheri residui 4,3g/l; estratto secco 25g/l; acidità totale 5,50g/l.
Maturazione in botti di rovere di Slavonia da 50hl per 12 mesi e 4 mesi in bottiglia. Da bersi entro 6 anni dalla vendemmia.
Abbinamenti: Particolarmente indicato con risotto all’Amarone,risotto alla zucca, arrosti di carni rosse e piccola cacciagione apiuma (“polenta e osei”, fagiani, pernici, beccacce). Si sposa perfettamente anche con filetto in crosta, tagliata di manzo, costined’agnello. si consiglia di stappare un’ora prima di essere servito, alla temperatura di 18-20°C.
C’è feeling tra il Bardolino e le stelle Michelin della riva veneta del Garda, la sua terra d’origine.
Isidoro Consolini e Leandro Luppi, i due chef stellati della costa veronese del lago, alla guida rispettivamente del ristorante Al Caval di Torri del Benaco e del ristorante Vecchia Malcesine di Malcesine, sono gli autori del volumetto “Sapori di lago. Sei ricette per il Bardolino”, edito dal Consorzio di tutela del Bardolino e diffuso, in un solo mese, in circa tremila copie.
“Si sta riscoprendo il piacere dei vini da bere, fatti apposta per accompagnare la tavola, anche in maniera disimpegnata, e questa è una dimensione perfetta per un vino come il Bardolino e per la sua versione rosata, il Chiaretto”
“Per chi fa cucina di territorio il richiamo alla territorialità passa anche attraverso la cantina: prodotti come i pesci del lago di Garda, le erbe officinali del vicino monte Baldo e le carni d’aia del nostro entroterra si accostano benissimo ai vini della zona, Bardolino e Chiaretto in primis”
gli fa eco Isidoro Consolini.
Sono tre le ricette che ciascuno dei due chef gardesani hanno creato per il Bardolino e per il Chiaretto.
Dopo venti anni di studi e sperimentazioni il Pugnitello un antico vitigno toscano a rischio estinzione torna ad essere vino nelle nostre cantine.
Per l’eccezionale evento è stato deciso di dedicare questo vino al granduca Leopoldo di Lorena, un grande riformatore agrario e non solo.
Ricorreva infatti in questi giorni l’anniversario dell’abolizione della pena di morte in Toscana avvenuta in data 30 novembre 1786, sotto il regno di Pietro Leopoldo Asburgo Lorena.
La Toscana grazie a questo illuminista illuminato fu il primo Paese civile al mondo ad aver abolito la tortura e la pena capitale.
In agricoltura il suo spirito riformista ebbe modo di applicarsi a pieno in Valdichiana dove Leopoldo è stato fondamentale e ha ridisegnato il nostro territorio come gia avevano fatto in passato etruschi e romani. Come un novello Mosè separo di nuovo le acque e organizzò la gestione della terra e della forza lavoro con incredibile modernità.
Per tutti questi motivi la Fattoria Santa Vittoria si è permessa di ricordare la sua opera nel ritorno di questo vino davvero unico e speciale: il Pugnitello.
Possiamo chiamare il Pugnitello un antico vitigno perché scoperto solo venti anni fa in Maremma.
Di questo vitigno non si hanno notizie storiche e la sua origine è avvolta nel mistero.
Lo studio del DNA ne ha infatti provata l’originalità e la distanza rispetto ai cloni piu conosciuti con il quale è stato messo a confronto e quindi confermata la sua natura di vitigno autoctono.
Moderno perché solo da pochi anni (2003) è stato inserito nel registro Toscano dei vini ammessi a vinificazione.
Il famoso vino rosso del territorio Veneto potrà presto fregiarsi della denominazione di origina controllata e garantita riservata ai prodotti di particolare pregio. Un risultato molto importante, sebbene giudicato tardivo da molti.
I tempi per la conclusione dell’iter è di circa due o tre mesi e l’assegnazione dopo il lungo iter è stata lunga e sofferta. L’Associazione Famiglie d’arte dell’Amarone nata da pochi mesi e che ora raccoglie 10 produttori (soci fondatori) del pregiato vino, ammette un J’accuse, indicando anche una colpa nel medesimo tessuto produttivo, che non ha saputo unirsi per richiedere congiuntamente un riconoscimento che avrebbe dovuto arrivara da tempo.
L’Associazione ha lo scopo di unire i produttori selezionandoli attentamente ma con lo scopo di superare le reciproche gelosie tra i viticoltori e lavorare viceversa come un corpo unico.
Il nuovo libro “Lombardia. Il mosaico del vino” è il settimo volume della collana “Le grandi aziende vitivinicole d’Italia” di Andrea Zanfi edita della Carlo Cambi Editore.
I volumi precedenti (“I Supertuscans”, “Viaggio tra i grandi vini di Sicilia”, “Friuli. Terre, uomini, vino”, “Piemonte… la signora del vino”, “Le Marche… l’orto del vino”, “Il Veneto, noialtri e il vino”), nell’arco dell’ultimo quinquennio hanno ottenuto plausi e consensi di pubblico e di critica anche a livello internazionale con vittorie a prestigiosi concorsi quali “Libri da Gustare” e “Gourmand World Cookbooks Awards”.
Anche questo volume ha ottenuto due riconoscimenti:
E’ uno dei 4 titoli più gustosi dell’anno alla XIII edizione del concorso letterario ‘LIBRI DA GUSTARE’, la manifestazione che intende promuovere l’editoria enogastronomica e di territorio.
Miglior libro italiano nelle categorie ‘Best Book on European Wine’ e ‘Best Wine Photography Book’ (miglior libro sui vini europei e miglior libro fotografico sul vino) partecipando al Gourmand World Cookbook Awards 2010.
L’autore da diversi anni sta effettuando un lavoro minuzioso di ricerca non solo della migliore produzione enologica della nostra penisola, ma degli aspetti culturali che regolano i complessi comparti vitivinicoli delle regioni italiane andando a sondare quale sia il presente e il futuro del settore e quali invece le scelte e le iniziative di quei vignaioli che hanno saputo porsi all’attenzione del mercato nazionale e internazionale.
Lombardia. Il mosaico del vino “svela” 58 aziende vitivinicole di questa regione che ai più è sconosciuta sotto l’aspetto vitivinicolo e poco incline anche a “farsi scoprire”.
Una regione che ha richiesto un lavoro minuzioso di ricerca e di selezione di quei vignaioli che nel libro sono raccontati attraverso pennellate narrative capaci di cogliere gli aspetti più veri e sinceri che li caratterizzano; insomma, non soltanto la mera visione di un’azienda e dei suoi prodotti, ma il racconto di un viaggio alla scoperta di chi vi sia “dietro” al vino e alla sua realizzazione.
L’ O’ scuru o’ scuru nasce nel profondo sud italiano, sulle pendici dell’Etna, da vitigni Nerello Mascalese (80%) ed il Nerello Cappuccio (20%).
La declinazione di questo vino rosso viene prodotto da una giovane azienda vitivinicola – Al-Cantàra – che in poco tempo ha saputo affermarsi sul mercato sia per il connubio, unico e prezioso nel suo genere, tra uva, versi e pastelli, sia per la qualità dei vini, riconosciuta con alcuni premi di portata nazionale e internazionale: fra questi il Vinitaly e la Douja D’or nel 2008, nonché Pramaggiore e la selezione del Sindaco nel 2009.
L’ O’ scuru o’ scuru non è solo un vino fine a se stesso, ma è frutto di un progetto.
Il nome della giovane azienda, portata avanti da Pucci Giuffrida, ha un nome cercato, studiato, voluto, pieno di significato e di allegoria.
“al-cantàra” in arabo significa “ponte”: ed è proprio come un ponte che Giuffrida ha voluto unire elementi storici della terra siciliana in un sottile collegare fra loro arte, vino e poesia.
Per chi conosce le opere di Nino Martoglio, cui i vini di questa azienda vitivinicola si ispirano, sa che i suoi versi ricreano sapientemente l’atmosfera elegante e raffinata, con una dovizia di particolari dove il sapore emerge in chiave figurativa.
E così, ad esempio, “O’ scuru o’scuru” è la silloge di sonetti siciliani sulla “maffia” – trattata chiaramente in chiave nient’affatto elogiativa o encomiastica – diventando il nome di un rosso DOC, sulla cui etichetta è rappresentato l’ambiente tipico delle osterie siciliane di qualche tempo addietro, colori cupi, avventore con bottiglia in una mano, penna d’oca nell’altra, intento a scrivere qualcosa sotto la fioca luce di una candela.
Ma torniamo al vino “O’ scuru o’scuru”.
“Ottima qualità, giusto prezzo anche al tempo della crisi” Giorgio Giannotti, presidente dei due Consorzi per la tutela e la promozione dei Vini Reggiani fa il punto della situazione su un mercato, quello dell’imbottigliato, che negli ultimi due mesi dell’anno è destinato a superare i quattro milioni di euro di fatturato.
“Naturalmente l’analisi che stiamo svolgendo come consorzio è ancora in corso – prosegue Gianotti – quello che possiamo dire è che comunque è un comparto significativo quello generato dalla vendita dei vini tipici della provincia reggiana. Si pensi che il volume d’affari negli ultimi due mesi del 2007 si attestava intorno ai 3 milioni e 200 mila euro per quanto riguarda le bottiglie del Reggiano Doc e di ben oltre i 505 mila euro relativi alle vendite delle bottiglie dei Colli di Scandiano e Canossa”.
Ma il 2008 per i consumi, anche quelli agroalimentari, segna al rosso?
“Crediamo che i consumi possano salire e per il Lambrusco Reggiano e i Colli di Scandiamo Canossa possiamo essere ottimisti. “Se qualcuno cerca un prodotto di qualità per i regali di Natale, moderatamente alcolico e di sicuro effetto, può tranquillamente affidarsi alle bollicine reggiane. Penso sia un eccellente suggerimento quello di far trovare sotto l’albero o sulle tavole imbandite, qualche bottiglia di vino tipico delle nostre terre, che in provincia reggiana si può fregiare di due marchi di certificazione per eccellenza quale il Reggiano Doc ma anche l’etichetta Colli di Scandiano e Canossa Doc”.
In Abruzzo, un grande territorio vocato alla viticultura, nella provincia teatina tra l’Adriatico e la Majella , si trova Tollo, un piccolo paesino con una grande realtà: Cantina Tollo.
Nasce nel 1960 dall’iniziativa di un piccolo gruppo di persone, unite dalla volontà di valorizzare una tradizione antica e dall’entusiasmo di dare vita ad una nuova esperienza .
19 soci nel 1960, quasi 1200 a tutt’oggi: una lucida sintesi che testimonia il legame di Cantina Tollo con il territorio e gli uomini che curano i vigneti con indicibile passione.
Cantina Tollo vende oltre 12 milioni di litri di vino in bottiglia, coltiva 3.500 ettari di terra.
Cantina Tollo esporta oltre che in tutte le regioni italiane, in tutti i Paesi dell’Unione Europea, in Svezia, il Danimarca, in Germania, nel Regno Unito e anche oltreoceano, in Giappone, negli Stati Uniti, in Canada.
Infatti attualmente l’esportazione rappresenta il 40% del volume di vendita del vino imbottigliato e il 44% del fatturato.
Lo sviluppo della Cantina è stato il frutto di un impegno costante, fatto di scelte delicate e di investimenti importanti, per la crescita dell’azienda e il miglioramento della qualità.
Attualmente Cantina Tollo dispone di 8 linee di pigiatura, un reparto di stoccaggio capace di accogliere oltre 350.000 hl di vino, una bottaia contenente 120 botti di rovere di Slavonia e più di 300 barriques per un totale di circa 8000 hl di vino in invecchiamento.
Una moderna linea di imbottigliamento, completamente automatizzata, provvede a confezionare circa 12.000 bottiglie di vino ad ora.
Oltre 36 etichette, per una produzione che parte dal classico Montepulciano d’Abruzzo, al Trebbiano, al Cerasuolo per continuare con Chardonnay, Cabernet, Merlot, insomma, un ampia scelta per tutti i gusti.
Uno dei migliori vini della Cantina, un trebbiano di grande valore e qualità, è il TREBBIANO D’ABRUZZO MENIR 2006
pigiadiraspatura, criomacerazione del pigiato a 5/8 °C, pigiatura soffice e controllo della temperatura di fermentazione del mosto limpido in barriques di rovere francese all’interno di locali termocondizionati
Temperatura della fermentazione in °C: 18/20
18 mesi sui lieviti nelle barriques dove è avvenuta la fermentazione; 6 mesi in bottiglia
giallo paglierino con tenui riflessi dorati
di frutta gialla matura con note agrumate e di frutta secca che si fondono ad eleganti sentori speziati di vaniglia e confetto
pieno, suadente e di lunga persistenza con finale ammandorlato
Temperatura in °C: 12
primi piatti saporiti a base di carne o pesce, carni bianche e pesci arrosto, brodetto dell’adriatico; ottimo con formaggi stagionati e semi stagionati accompagnati da confetture e miele di acacia
Il Piave Tocai Italico è un vino DOC “Denominazione di Origine Controllata la cui produzione è consentita nelle province di Treviso e Venezia.
Si tratta dela zona orientale del Veneto (Tocai di Lison e Vini del Piave) e quella del centro Veneto (Colli Berici e Colli Euganei).
In particolare il Tocai Italico viene prodotto in provincia di Padova, Treviso, Venezia, Vicenza e Verona.
A seconda delle varie zone di produzione puo’ avere le seguenti varianti costitutive :
Tocai di Lison e Vini del Piave: 95% di uve Tocai Italiche e 5% di uve di altri vitigni tradizionali di frutto bianco;
Tocai Italico dei Colli Euganei: almeno il 90% di uve di vitigni di frutto bianco, purche'”raccomandato”;
Tocai Italico dei Colli Berici: puo’ essere costituito anche da uve del vitigno Garganega, presenti nel vitigno sino ad un massimo del 10% del totale delle viti esistenti.
La resa massima di uva ammessa alla produzione di vino non deve superare i 100 – 120 quintali per ettaro in coltura specializzata a seconda delle zone di produzione.
La resa massima alla vinificazione non deve essere superiore al 70%.
La gradazione naturale complessiva minima non deve essere inferiore a gradi 10,5 – 11.
Nella preparazione del vino Tocai di Piave è consentita, nella misura massima del 10% del volume, la tradizionale correzione con uve, mosti e vini di colore analogo.
Per il Tocai Lison la correzione è ammessa, ma nella misura massima del 5% e solo con mosti concentrati,ottenuti da uve della zona di produzione.
Il colore è giallo paglierino, tendente al verdognolo o al giallo dorato con un Profumo leggero, gradevole, delicato, di fruttato.
Il Sapore è asciutto, fresco, armonico, leggermente aromatico e si abboina bene con antipasti, primi piatti leggeri, piatti a base di formaggi e uova.
Di proprietà della famiglia Bianchi-Bernetti da quasi cinquantanta anni, la UMANI RONCHI fu fondata come Azienda Agricola nel 1957 da Gino Umani Ronchi a Cupramontana, nel cuore della zona di produzione del Verdicchio Classico, nelle Marche.
L’Azienda Vinicola Umani Ronchi, si è distinta come grande interprete dei due vini più rappresentativi della regione Marche, Verdicchio e Rosso Conero.
La proprietà vitata dell’Azienda comprende una superficie totale di 210 ettari distribuiti su 12 distinti appezzamenti con caratteristiche uniche, nel rispetto e nella valorizzazione del terroir e di vitigni autoctoni di Marche e Abruzzo.
Non manca la ricerca su alcuni tra i più rappresentativi vitigni internazionali come Chardonnay, Sauvignon Blanc, Cabernet Sauvignon e Merlot, per la creazione di vini innovativi da mettere a confronto con le più eccellenti produzioni mondiali.
Impressiona la qualità media dei vini, ma dietro al successo di questa cantina c’è un progetto serio che combina ricerca e impegno, idee chiare e un obiettivo che non ammette compromessi: produrre grandi uve per produrre grandi vini e gli investimenti, in primis dedicati alle vigne, sono lì a dimostrarlo.
E’ arrivato il riconoscimento definitivo alla Denominazione di Origine Controllata “Todi” da parte del Comitato Vini del Ministero delle Politiche Agricole.
Un grande successo dei produttori di uva e delle cantine del territorio, rappresentati dai produttori Associati Vino Grechetto di Todi “Progres”.
Grande la soddisfazione dell’amministrazione comunale, nella persona del Sindaco Ruggiano e dell’assessore Ciani delegato al monitoraggio e al coordinamento dell’iniziativa.
L’assessore Ciani ha dichiarato: “Il risultato ottenuto è un prezioso riconoscimento di attenzione e di stima, ma è un grande punto di partenza che ci auguriamo dia nuova linfa alle produzioni agricole, ai nostri vini ed a tutto il turismo enogastronomico.
L’amministrazione comunale ringrazia il Ministero delle Politiche Agricole per avere avuto grande considerazione e grande rispetto per un territorio come il nostro, piccolo per dimensioni, ma grande per tradizioni e risorse”.
Il Grechetto è la più importante uva a bacca bianca del Centro Italia.
Viene prodotto come DOC e DOCG in Toscana e Umbria, ma la diffusione del vitigno continua anche nelle Marche e nel Lazio.
Tra tutte le varietà di Grechetto, quello di Todi è il più fine ed elegante.
È un vitigno autoctono, una particolare varietà di Grechetto che si differenzia sia per il biotipo che per le zone di coltivazione.
Da queste uve si ottengono vini di colore giallo paglierino dai riflessi verdognoli, con delicati aromi fruttati, moderatamente acidi, sufficientemente alcolici.
“Consapevoli del fatto che il buon vino si fa nella vigna è nella vigna che concentriamo gran parte del nostro lavoro;Il nostro obiettivo è di dare al vino la possibilità di esprimersi al meglio. Con competenza e serenità svolgiamo il nostro lavoro, sicuri che il vino prodotto, annata dopo annata, ci darà la giusta conferma.”
La storia dell’azienda vitivinicola Il Poggiarello inizia nel 1882 quando il nonno Perini incontra il nonno Ferrari.Da allora si sono susseguite generazioni di viniviticoltori e di modi di rapportarsi all’uva e al vino, fino ad arrivare ai pronipoti di oggi che nel 1980 hanno rilevato l’azienda in completo degrado. Infatti dal 1982 è incominciata la “riorganizzazione”.
Siamo nelle parti di Piacenza, precisamente nella parte della Val Trebbia, già nel XVI secolo era conosciuta ed apprezzata per la qualità dei suoi vini.
I 13 ettari di vigneto circostanti l’aziendaIl Poggiarello sono suddivisi in appezzamenti (perticati) omogenei per qualità del terreno ed esposizione.
Ad ognuno di questi venne data la qualità di uva che meglio si adattava e per ogni perticato c’è un nome significativo per storia e tradizione.
Oggi l’azienda produce circa 100.000 bottiglie integrando le varietà tipiche delle colline piacentine (Gutturnio Malvasia Ortrugo) con varietà più internazionali.
Composizione: 95% Pinot nero (clone115) 5% Pinot Tintourier
Colore: Rosso Rubino
Sapore: Nobile ed elegante di frutta e spezie, finale di tannini dolci.
Profumo: sentori persistenti di marasca e confettura di frutti rossi.
Abbinamenti: carni bianche saporite e cacciaggione.
Azienda vitivinicola Il Poggiarello
Loc. Il Poggiarello Statto, 209
Scrivellano di Tra – 29020 TRAVO (PC
L’azienda vitivinicola franciacortina Barone Pizzini inaugura il 2010 con un nuovo riconoscimento attribuito alle sue bollicine da viticoltura biologica, di cui e’ pioniera in Franciacorta: la prestigiosa Guida ai vini biologici d’Italia 2010 ha premiato il Franciacorta DOCG Saten di Barone Pizzini come miglior spumante bio in Italia, ricompensando il continuo impegno dell’azienda nel proporre al pubblico etichette che abbiano raggiunto la miglior sintesi tra alta qualita’ e rispetto per l’uomo e la terra.
La Guida del critico enogastronomico Pierpaolo Rastelli, giunta quest’anno alla tredicesima edizione e considerata ormai un “must have” tra le guide enogastronomiche, rappresenta uno dei piu’ completi manuali per sommelier, esperti di vino o piu’ semplicemente appassionati wine-lover, riunendo i migliori vini da viticoltura biologica e biodinamica prodotti da aziende certificate e offrendo descrizioni precise della provenienza e delle caratteristiche organolettiche di ciascuno.
A testimonianza del fatto che la cultura del “bio” non riguarda piu’ soltanto un fenomeno di nicchia ma si e’ diffusa fino a diventare una reale esigenza sempre piu’ ricercata da produttori e consumatori, quest’anno le aziende presenti nella guida sono diventate 211 e i vini recensiti 776 (nel 2009 le cantine erano 184 e i vini degustati 700).
Tra i vini degustati alla cieca, 110 hanno ottenuto un particolare menzione e per la Franciacorta Barone Pizzini e’ stata l’unica cantina a distinguersi, conquistando il titolo di miglior spumante bio in Italia con il Saten e due menzioni speciali per il Franciacorta Extra Dry DOCG e il Franciacorta Bagnadore 2004 Pas Dose’.
Gia’ nella scorsa edizione della Guida, Barone Pizzini era stata l’unica bollicina bio della Franciacorta a ricevere la preferenza della giuria: l’anno scorso l’azienda era stata infatti premiata per il suo Extra Dry.
l Cannonau è il vitigno a bacca nera più diffuso in Sardegna. La coltivazione di questo vitigno è diffusa in tutta l’isola ma concentrata nelle zone più centrali del territorio, nelle zone più interne, in particolare l’Ogliastra. Quì la Doc si articola nelle tre sottozone: Jerzu, Oliena e Capo Ferrato.
Dalle uve cannonau si produce prevalentemente il vino DOC Cannonau di Sardegna, rosso o rosato, ottenuto con al minimo il 90% di uve cannonau ed il 10% di uve a bacca nera.
Non se ne conosce con certezza l’origine e anche se la maggior parte degli esperti è concorde nel ritenerlo importato dalla penisola iberica. Resti di vinaccioli risalenti a 3200 anni fa sono stati infatti ritrovati in diverse zone dell’isola, facendo del Cannonau il probabile vino più antico del Mediterraneo.
Il Cannonau è il vitigno più coltivato in Sardegna, con una superficie complessiva di 7.500 ha (di cui oltre 1.700 a D.O.C.), pari quasi al 30% dell’intera superficie regionale investita a vigneto (che negli ultimi anni si è ridotta in seguito ai notevoli espianti favoriti dai regolamenti della UE e si è attestata intorno ai 35.000 ha), percentuale che sale a oltre il 31% considerando solo le aree a D.O.C.; esso inoltre arriva a circa l’80% nella provincia di Nuoro.
Questo vitigno è in genere allevato ad alberello latino, anche se nei nuovi impianti è presente in forme appoggiate più espanse; germoglia in ritardo cioè dopo l’epoca ordinaria e pertanto scansa i danni causati dai freddi tardivi; richiede potatura corta, in quanto le gemme a frutto sono le prime tre del tralcio.
Non ha particolari esigenze pedo climatiche ed è per questa ragione che si è diffuso in tutta l’Isola.Sulla base di queste considerazioni il vitigno Cannonau è abbastanza plastico, rustico, molto vigoroso, adatto ad essere allevato sia con una potatura corta che con capi a frutto da 10 gemme.
Ha una gradazione alcolica di 13,5% Vol e va consumato a una temperatura di 16/18 gradi. Si presenta di colore rosso rubino tendente al granato quanto più invecchia. Ha un profumo di frutta rossa matura come prugne e more, talvolta speziato, tendente al resinato, ampio, floreale di rosa passita.
Il gusto è secco, sapido, strutturato, molto caldo, morbido e con un retrogusto amarognolo leggermente tannico, di grande persistenza. Si abbina a piatti gustosi e decisi, come gli arrosti di carni rosse, il porchetto, l’agnello o il capretto. Ma si accompagna bene anche alle cacciagioni come il cinghiale in umido. E’ ottimo anche con i formaggi stagionati, dal gusto forte, deciso.
“A te consacro, vino insulare, il mio corpo e il mio spirito…Possa tu senza tregua fluire dal quarterolo alla coppa e dalla coppa al gorgozzule. Possa io fino all’ultimo respiro rallegrarmi dell’odore tuo, e del tuo colore avere il mio naso sempre vermiglio… – …sono certo che se ne beveste un sorso, non vorreste mai più partirvi dall’ombra delle candide rupi, e scegliereste per vostro eremo una di quelle cellette scalpellate nel macigno che i Sardi chiamano Domos de Janas, per quivi spugnosamente vivere in estasi…”
– G. D’Annunzio –
L’azienda GALLEGATI si trova in una piccola realtà della Provincia di Ravenna nel cuore della Romagna.
Ha una superficie totale di circa 20 Ha ed è divisa in due unità poderali. Una di circa 10 Ha si estende nella pianura di Faenza ed è ad indirizzo frutticolo, l’altra di circa 10 Ha si trova sulle colline di Brisighella ed è ad indirizzo viticolo ed olivicolo.
L’azienda è condotta da Antonio e Cesare Gallegati, che con grande passione, hanno iniziato un’attività di produzione di vini Doc e Docg di alta qualità. Dagli anni novanta ad oggi hanno trasformato l’azienda agricola paterna in una delle migliori cantine della regione (hanno avuto il riconoscimento dal gambero rosso ‘cantina emergente’ 2010)
I vini sono tipici della Romagna ed hanno profumi e sapori intensi, fruttati e particolarmente piacevoli. Le produzioni di vino sono limitate e ottenute con le migliori tecniche di vinificazione.
Grandi vini per piccole linee produttive: la loro produzione si concentra su due rossi, un bianco ed un albama passito.
Tipo di uva: Sangiovese 100%
Vinificazione: E’ vinificato in rosso dopo accurata selezione delle uve. La fermentazione è di 18-20 gg. sulle bucce a temperatura controllata. Dopo la svinatura avviene la fermentazione malolattica in botte d’acciaio inox e successivamente la maturazione in barriques e tonneaux di rovere francese per quasi 14 mesi. Il vino viene imbottigliato ad inizio estate.
Colore: rosso rubino intenso e compatto
Profumo: ampio, complesso con evidenti sentori di prugna e ciliegia matura e con note di tabacco e spezie
Grande corpo, struttura e personalità con tannini evidenti, ma morbidi ed eleganti che allungano il vino lasciando una piacevolissima sensazione in chiusura.
Abbinamento gastronomico: primi piatti al ragù e ripieni, arrosti di carne e formaggi piccanti.
Temperatura di servizio: 20-22 °C
Si chiama “Dieci”, il nuovo brand di Lamberti, cantina veronese del Gruppo Italiano Vini, ha lanciato due nuove tipologie di vino, Chardonnay e Rosè, che, grazie alla particolare esposizione dei vigneti, alla vendemmia anticipata, al processo di vinificazione, l’utilizzo di lieviti particolari durante la vinificazione, permettono di ottenere questo vino “naturalmente leggero” sia nel contenuto alcolico (solo 10 gradi), che nella quantità di calorie (meno di 65 calorie per bicchiere).
in più Lamberti propone la linea “Prima Luna” Early Harvest, anche qui la vendemmia è anticipata rispetto alla naturale epoca di maturazione delle uve che compongono questo nuovo vino. L’uva non eccessivamente matura è più acida e ha minor contenuto zuccherino che quindi si trasforma in minor contenuto alcolico naturalmente.
Il vigneto: vigneti veneti collinari, molto freschi e aerati, che producono uve naturalmente poco zuccherine. Le vigne sono allevate in varie forme, ma sempre privilegiando il microclima dei grappoli, che devono rimanere sani e protetti dalle scottature solari.
La vinificazione: Le uve sono pigiate mantenendo sempre la massima copertura dai fenomeni di ossidazione; sono poi subito spremute delicatamente e senza macerazione. Il mosto fermenta lentamente a bassissime temperature e grazie a particolari lieviti poco alcoligeni, gli zuccheri naturali si trasformano solo parzialmente in alcol. Il vino viene mantenuto sempre al freddo, in serbatoi di acciaio, fino all’imbottigliamento.
PROFUMI: freschi e fruttati con penetranti note floreali; sapore sapido, armonico e gradevolmente fruttato.
GRADUAZIONE: alcol 10,0 %
Abbinamenti gastronomici: antipasti, primi piatti delicati, carni bianche fredde, sushi, frittate e insalate.
Temperatura di servizio: 8 – 10°C.
Pinot nero (o Pinot noir) tra tutti i vitigni a bacca rossa del mondo è considerato uno dei più nobili, e allo stesso tempo è il più difficile da interpretare. Il Pinot Nero è notoriamente un’uva difficile da coltivare e da vinificare, pertanto richiede particolari attenzioni e buone capacità in cantina.
L’indiscussa patria del Pinot Nero è la Borgogna – e in particolare la Côte d’Or – dove quest’uva riesce a dare il meglio di sé sotto innumerevoli interpretazioni, anche grazie alle condizioni climatiche della zona. Nella Côte de Nuits i vini da Pinot Nero sono in genere robusti e complessi, con intriganti note minerali e speziate. Nella vicina Côte de Beaune è invece il carattere fruttato dell’uva a prevalere nello stile di questi vini, più rotondi e dalla maturazione più rapida.
Nelle altre zone della Borgogna si trovano buoni esempi di Pinot Nero nel villaggio di Pommard; altri interessanti esempi, con qualità diverse fra loro, sono i vini prodotti nella Côte Chalonnaise, Mercurey e Givry. In Francia il Pinot Nero è inoltre presente nella Champagne, dove è usato per la produzione dei celebri spumanti, nella Valle della Loira e in Alsazia.
In Italia ne esistono due diverse qualità. La prima è adatta a essere vinificata in nero e produce un vino rosso estremamente delicato, che varia considerevolmente di annata in annata persino nelle posizioni ad esso più adatte. La sua vinificazione è complessa e rappresenta forse la sfida maggiore per un enologo, che in genere riesce a ottenere in media una buona annata su cinque.
Le zone di diffusione sono la Franciacorta, l’Oltrepò pavese, il Trentino, il Veneto, il Friuli e l’Alto Adige (dove viene denominato Blauburgunder); anche in questo caso ha avuto successo il suo impianto in alcune zone della Toscana.
Dalla seconda varietà (quella vinificata in bianco, quindi senza contatto con le bucce) si ottiene un vino “neutro” che risulta però la miglior base per la produzione dello spumante, a cui dà insieme corpo, complessità e anche una notevole longevità.
Il gusto dei vini prodotti con Pinot Nero è caratterizzato da una evidente acidità che, nel caso in cui non sia stata propriamente controllata, può anche compromettere l’equilibrio.
L’acidità del Pinot Nero è fortemente determinata dal suo grado di maturazione e dal luogo in cui è stata coltivata, tuttavia, a causa del suo ridotto contenuto in tannini, sarà proprio la giusta acidità a contribuire sul giusto equilibrio del vino. Nonostante l’affinamento in bottiglia rende generalmente il Pinot Nero più rotondo e carezzevole, l’acidità sarà una caratteristica che accompagnerà tutta l’evoluzione di questi vini.
Uno dei fattori che saranno utili a bilanciare la spiccata acidità dell’uva è rappresentata dall’alcol che nei vini prodotti con Pinot Nero è spesso piuttosto elevata. La morbidezza del vino sarà anche determinata dalla permanenza in botte che contribuirà anche ad aumentarne la struttura.
A causa della buccia sottile dei suoi acini, il Pinot Nero non possiede spiccate capacità coloranti, una caratteristica che è ben evidente nel colore e nella trasparenza dei suoi vini rossi.
Il colore dei vini rossi prodotti con Pinot Nero può variare da tonalità piuttosto chiare a mediamente intense, in accordo alla qualità delle uve e dai tempi di macerazione. In gioventù il colore assumerà tonalità rosso rubino che evolveranno con la maturazione in rosso granato per poi raggiungere evidenti tonalità rosso aranciato.
La trasparenza nel Pinot Nero è sempre molto evidente: la luce attraverserà facilmente il vino.
I vini prodotti con uve Pinot Nero coltivate in zone a clima piuttosto freddo, o raccolte quando non hanno raggiunto una maturazione ottimale, sono caratterizzati da aromi che possono ricordare sostanze erbacee o vegetali, come per esempio menta, foglia di pomodoro e aneto, tuttavia sarà ben chiara ed evidente la natura fruttata dell’uva, in particolare aromi di frutti a bacca rossa, come ciliegia, lampone, fragola e mirtillo.
I vini prodotti nelle zone a clima caldo, o con uve perfettamente mature, gli aromi di frutta sono molto evidenti e pronunciati. Si percepiranno i consueti e caratteristici aromi di frutta del Pinot Nero, come ciliegia, lampone e fragola, in alcuni casi sarà inoltre possibile percepire anche amarena, mora e prugna, così come aromi floreali come la rosa e la violetta.
L’evoluzione del Pinot Nero in bottiglia sviluppa aromi molto complessi in cui le sensazioni di frutta si trasformano prima in confetture per poi trasformarsi, all’apice della maturazione, in aromi di sottobosco, cuoio, pellame, funghi e selvaggina. La presenza di Pinot Nero negli spumanti bianchi metodo classico è spesso segnalata da aromi di frutta a bacca rossa che si uniranno alle tipiche percezioni aromatiche di questi vini. Negli spumanti rosati metodo classico gli aromi fruttati tipici del Pinot Nero saranno molto evidenti e predominanti.
I vini di Masi si distinguono per essere vini molto piacevoli, equilibrati e riconoscibili, infatti a questa azienda è stato attribuito il merito di avere “rivoluzionato l’arte di fare il vino nelle Venezie”.
Il nome deriva da “Vaio dei Masi” (“piccola valle” di Masi nella valle di Negrar, in Valpolicella classico),ed il primo vigneto fu acquistato dalla famiglia Boscaini, alla fine del diciottesimo secolo.
I vigneti di Masi sono di proprietà della famiglia Boscaini da sei generazioni. Sandro Boscaini è presidente dell’azienda; sono coinvolti i figli Alessandra e Raffaele; il fratello Bruno si occupa della parte tecnico-industriale e il fratello Mario è socio non operativo.
L’azienda è cresciuta gradualmente nel corso degli anni grazie ad un’ attenta acquisizione di nuovi vigneti nelle zone classiche della Valpolicella, del Bardolino e del Soave, scegliendo unicamente terreni e posizioni ideali o vigneti di importanza storica.
Nell’ultimo decennio si è ampliata in altre aree del Triveneto e più recentemente sta sviluppando progetti in Toscana, in collaborazione con Serego Alighieri, e all’estero in Argentina.
La specializzazione di Masi è caratterizzata da vini delle Venezie che ne rispecchiano carattere e stile e sono prodotti con uve autoctone.
L’azienda è leader nella produzione di vini storici, come l’Amarone e il Recioto con la tecnica dell’ “appassimento” ed è riuscita ad ottenere fama mondiale producendone sette diversi tipi di cui ben cinque da vigneti singoli.
La famiglia Serego Alighieri ha voluto celebrare i 650 anni di presenza in questi luoghi con un Valpolicella di straordinaria complessità e carattere. Solo le uve migliori sono selezionate dai vigneti di collina all’interno delle storiche possessioni. Il vino è stato successivamente sottoposto ad una doppia fermentazione grazie all’utilizzo di una percentuale di uve delle stesse varietà leggermente appassite. L’elegante personalità è enfatizzata dall’affinamento in fusti di ciliegio, come tradizione di famiglia.
70% Corvina, 20% Rondinella, 10% Molinara clone Serego
La fermentazione delle uve fresche, raccolte in ottobre, avviene in serbatoi di acciaio inox a una temperatura di 24-26° C per 15 giorni. Svinatura, travaso e quindi malolattica. A dicembre il vino ottenuto viene sottoposto a una seconda fermentazione (15 giorni a 18-20°C) grazie all’utilizzo di uve appassite delle stesse varietà. Affinamento 18 mesi in botti di rovere di Slavonia, più circa 4 mesi in fusti di ciliegio da 600 litri. Seguono minimo 6 mesi in bottiglia
rosso rubino intenso, quasi impenetrabile.
La tipica nota di legno di ciliegio conferisce personalità al bouquet, caratterizzato da profumi di frutti di bosco.
Al palato è pieno e vigoroso ma al contempo elegante e vellutato. Ciliegia sotto spirito, chiodo di garofano e vaniglia accompagnano il lungo finale.
Alcool 13.88%
Elegante ed importante vino da tutto pasto, ottimo con carni rosse grigliate e arrosto. Temperatura di servizio 18° C.
Spesso si pensa al vino “sfuso” come ad un vino di qualità molto bassa, anonimo, indifferenziato, prodotto soprattutto da cantine sociali e venduto in cisterne per essere poi confezionato in bottiglie da litro, litro e mezzo, piccole damigiane.
Oggi sono sempre più numerosi i casi in cui la qualità del vino sfuso ha poco da invidiare a quella del vino in bottiglia.
Anni di innovazioni tecnologiche, di progressi scientifici e culturali nel settore enologico, sono serviti a migliorare questo prodotto.
Si parla, in particolare, del vino sfuso venduto nei punti vendita delle aziende e delle cantine: posso essere vini a Igt, ma anche a Doc, e con prezzi al litro convenienti ma non bassissimi.
L’ Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) ha rilevato per Fedagri nel 2009 una crescita dell’export viti-vinicolo italiano del 10,2% in volume, ma con un calo del 5,4% in valore rispetto al 2008.
Lo sfuso è salito del 18% e rappresenta un terzo del totale delle esportazioni di vino italiano.
Ci sono importanti catene che comperano vini sfusi e poi li imbottigliano nei loro Paesi (dal Canada alla Svezia) con etichette che dichiarano l’origine italiana.
In Germania gli sfusi made in Italy sono saliti del 21%.
In ogni caso non c’è dubbio che il consumatore del vino sfuso sia, per abitudini e classe d’età, molto diverso dall’acquirente del vino in bottiglia ma questo non ha a che fare con la qualità.
Il periodo migliore dell’anno per l’acquisto del vino sfuso è la primavera, per il vino destinato al consumo immediato e per i vini bianchi. In autunno invece, vanno acquistati i vini rossi da invecchiare in bottiglia.
La fattoria Cabonon è situata nell’estremità occidentale dell’Oltrepo Pavese, ai confini con il Piemonte su una superficie di circa 40 ettari, esposta a levante, su terreni magri e molto ventilati.
L’azienda agricola vitivinicola Cabanon è stata creata da Giovanni Mercandelli, nel corso degli anni fu ampliata e abbellita, impiantata totalmente a vigneto con criteri moderni e innovativi. Furono messe a punto tecniche di vinificazione nuove e geniali attraverso un sano connubio fra la tradizione e le più moderne concezioni enologiche, sempre perseguendo l’obiettivo della miglior qualità e della genuinità del prodotto.
Oggi la fattoria, dopo la prematura scomparsa del fondatore Giovanni Mercandelli, è gestita totalmente dalla figlia Elena, tecnica esperta del vino, infaticabile lavoratrice nella vigna e in cantina.
L’azienda vanta da sempre una tradizione di agricoltura biologica, fin dall’inizio la filosofia del suo creatore era basata sui principi del rispetto per l’ambiente e la ricerca di un lavoro ed una vita sana.
Per questo Cabanon è produttore biologico, vini e distillati sono concepiti nel più assoluto rispetto della natura e della salute dei consumatori. Infatti qui non è mai stato fatto uso di fitofarmaci, disserbanti sistemici o antibotritici, l’azienda è Iscritta all’ AIAB Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica c/o l’Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale (ICEA).
E’ noto da molto tempo che consumare una modesta quantità di vino rosso al giorno possa prevenire dal rischi di infarto e da arteriosclerosi. A dirlo sono medici e scienziati, infatti secondo alcune ricerche è riconosciuto che le procianidine (che in natura si trovano nel tannino contenuto nei vinaccioli e soprattutto nei tralci della vite) sono recettori di radicali liberie preservano l’organismo dall’invecchiamento prematuro. Questa affermazione è supportata anche da indagini statistiche dell’Organizzazione mondiale della Sanità in cui appare che la mortalità da malattie cardiovascolari sia minore nei paesi produttori di vino.
Cabanon, da oltre vent’anni, per questo vino ha sviluppato un esclusivo metodo di vinificazione, allo scopo di produrre un vino in grado di esaltare l’effetto protettore dei tannini in sintonia con le più nobili qualità organolettiche dei vitigni di origine.
CUORE DI VINO
E’ ottenuto da uve Cabernet Sauvignon e Bonarda a bassissima resa e raccolte al massimo punto di maturazione.
La vinificazione avviene in botti di rovere di Slavonia. Imbottigliato nel secondo anno dopo un sapiente periodo di maturazione viene immesso al consumo in seguito ad un ulteriore affinamento in bottiglia.
Si presenta all’esame visivo un colore rosso rubino intenso impreziosito da sfumature di gioventù. Il profumo è complesso di aromi autunnali e di confettura, con delicate note vanigliate e vegetali che si sviluppano in un bouquet avvolgente, intenso ed etereo.
In bocca è pieno, morbido ed armonioso, caldo ed appagante, con note di frutti maturi e delicati sentori floreali che terminano nei dolci tannini dal lungo retrogusto. Supporta in crescendo l’invecchiamento.
È un vino di grande stoffa, da tutto pasto e da ogni circostanza. Va servito a temperatura ambiente.
L’evento offre un’occasione unica per confrontare le caratteristiche dei vini bianchi, che costituiscono il 55% della produzione enologica regionale: dalle varietà autoctone – ribolla gialla, malvasia, verduzzo friulano, ramandolo, picolit – ai vitigni internazionali, come pinot grigio, pinot bianco, chardonnay e sauvignon.
SuperWhites, nasce dalla collaborazione tra produttori friulani di qualità e Slow Food Friuli, ed ha l’obiettivo di promuovere nel mondo l’immagine dei vini locali, testimoni di un territorio particolarmente vocato alla produzione enologica di altissimo livello, cui si affiancano specialità alimentari di pari valore.
Sabato 20 febbraio, dalle 17 alle 20, tredici enoteche di Roma e quattro nel resto della regione ospitano 58 produttori SuperWhites per una presentazione e degustazione, libera e gratuita, delle ultime annate di alcuni loro vini.
Domenica 21 febbraio, dalle 15 alle 19,30, nelle affascinanti sale del Waldorf Astoria Rome Cavalieri Hotel si tiene l’evento centrale della manifestazione: una grande degustazione collettiva, alla presenza dei produttori, per conoscere i vini bianchi di eccellenza del Friuli.
L’ingresso ha un costo di 10 Euro per i soci Slow Food e 15 Euro per i non soci.
In abbinamento ai SuperWhites il pubblico può assaggiare alcune eccellenze gastronomiche della regione: prosciutto crudo del Consorzio di San Daniele, salame del Collio friulano e prosciutto Praga con osso di Morgante e il formaggio Montasio del Consorzio che ne tutela la tipicità.
Per godersi il mondo del vino e dell’enogastronomia anche fuori dal contesto italiano finalmente si organizza presso la scuola di inglese Anglomania il corso “Full immersion in … wine!”.
Il corso, strutturato in 3 giorni, esplora tutto il vocabolario utile a descrivere i processi del settore vitienologico, a condurre degustazioni con operatori internazionali, ad accogliere e gestire proficuamente visite aziendali, a trattare con buyer e clienti, al dialogo utile nelle fiere, alla vendita su internet .
Il corso è dedicato a chi già conosce l’inglese e vuole ampliare nello specifico la terminologia del comparto vitienologico, per lavoro o anche solo per cultura.
La sede del corso è a Piacenza, sul Corso Vittorio Emanuele presso ANGLOMANIA Language School.
Le lezioni saranno tenute in inglese, da insegnanti madrelingua, pertanto occorre una sufficiente conoscenza della lingua (almeno scolastica).
L’omonima zona di produzione si trova nei pressi di Eger, vivissima cittadina dell’est del paese danubiano.
Definito re dei vini, vino dei re (epiteto coniato secondo la leggenda da Luigi XIV di Francia), un tempo era usato come pregiato dono che gli ungheresi offrivano ai re e ai grandi ecclesiastici di tutta Europa.
La zona d’origine del tokaj si colloca a nord est di Budapest, a pochi chilometri dal confine slovacco, nei pressi di Sárospatak (fiume melmoso) e Sátoraljaújhely.
La peculiarità del terreno, il particolare microclima, i vitigni, il trattamento e l’affinamento, uniti ad una straordinaria tradizione pluricentenaria, danno origine a questo vino, un tempo unico e famoso in tutto il mondo.
La qualità del terreno è eccellente, ricco di potassio, elemento prediletto dalla vite: si tratta di circa 5500 ettari di costituzione vulcanica a carattere sabbioso ed argilloso.
È poi il microclima della zona che contribuisce in modo decisivo alla creazione di un vino del tutto unico: infatti, le luminose e calde giornate del tardo autunno, cui seguono le notti brumose, favoriscono la botrytizzazione delle uve con un processo più che singolare.
I fiumi Bodrog e Tisza determinano le particolari condizioni climatiche che favoriscono il fenomeno della botrytis (la cosidetta muffa nobile) e cosentono un favorevole appassimento in pianta delle uve autoctone destinate alla produzione del tokaj aszu.
La preparazione di questo tokaj si basa su un procedimento di alterazione delle uve, le quali vengono lasciate attaccare da una muffa denominata Botritys cinerea detta anche “muffa nobile”, l’uva viene raccolte da ottobre fino a dicembre/gennaio. Unite ad altre uve non attaccate da questa muffa, vengono lasciate a macerare. Dalla poltiglia di uve viene raccolta la così detta essenza tokaj, base dell’inconfondibile sapore di questo grande vino. Contiene una certa proporzione di acini scelti avvizziti e attaccati dalla muffa nobile – spesso nei migliori gli acini sono tutti botritizzati – ed ha avuto un’aggiunta una specie di “pasta d’uva” immessa nel vino la cui quantità si esprime in “Puttonyos”.
La produzione del tokaj avviene in due fasi. Nelle annate migliori le uve aszu appassite vengono raccolte a più riprese man mano che sono aggredite dalla muffa nobile. Gli altri grappoli non botritizzati vengono invece lasciati in pianta ad appassire fino alla fine di novembre. Dalle uve botritizzate si ricava una polpa che sarà aggiunta al vino base ottenuto in precedenza. Tale aggiunta provoca un processo di rifermentazione che produrrà il vino aszu. La polpa viene posta in una gerla detta putton che ha una capienza di 25 kg. Al vino base si possono aggiungere fino a 6 putton per ogni 136 litri. Perciò un vino tokaj aszu viene definito e classificato in relazione al numero di putton (puttonyos).
Il tokaj aszu prima di essere commercializzato deve affinarsi per legge obbligatoriamente almeno due anni in legno e per uno in bottiglia.
C’e poi un tokaj, fuori quota da 7 puttonyos, chiamato Aszu Essencia che ha avuto una brevissima fermentazione ed è dotato di una intensità straordinaria.
Il tokaj “Aszú Essencia” (Essenza di Aszú di tokaj) è un vino di qualità superiore, proveniente da un apposito cru il cui valore qualitativo supera l’espressione dei Puttonyos, è molto raro, preparato con acini appassiti, attaccati dalla muffa nobile ed è il prodotto del mosto denso che cola dal peso degli acini, poi messo a fermentare in appositi “boccioni di vetro” per diversi anni prima di essere imbottigliato e commercializzato.
Rarissimo invece l’Essencia (700 gr/l di residuo zuccherino) che è il succo stesso fermentato a parte ma non riesce a superare il 6% di titolo alcolometrico, tale è la ricchezza degli zuccheri che inibiscono la funzione dei lieviti.
I tokaj Aszu si conservano e migliorano con il tempo, fino ad arrivare anche oltre i 30 anni di affinamento.
Oggi, le nuove aziende, sono orientate alla produzione di un tocaji “nuovo stile”, meno pastoso e ossidato e più fruttato. Un vino da vendemmia tardiva con la raccolta dei grappoli interi solo in parte appassiti e poco botrytizzati. In questo caso si tratta di un vino dolce meno “pesante” rispetto ai classici 5 o 6 puttonyos, caratterizzato da una più facile serbevolezza, più fine ed elegante.
Di Majo Norante è un’azienda Molisana, produce vino da uve proprie fin dal 1800 e le produce esclusivamente negli 85 ettari dell’antico feudo dei Marchesi Norante di Santa Cristina.
La filosofia di Di Majo Norante è quella di produrre vini dai sapori ricchi di personalità delle antiche culture contadine, di rispettare l’approccio tradizionale alla coltivazione della vite e produrre vino che conservi tutte le caratteristiche degli uvaggi mediterranei.
I nuovi vini da antichi vitigni sono quindi gli splendidi risultati della vinificazione in purezza di vitigni tradizionalmente presenti nel Sud Italia e nel Molise.
Di Majo Norante pone una certa attenzione alla selezione, alla raccolta delle uve e alle tecniche di vinificazione, nell’ottica del miglioramento costante della qualità e della salubrità del vino.
Questo gran vino è ottenuto dalla selezione in purezza delle migliori uve Montepulciano e Tintilia.
È vinificato tradizionalmente con lungo contatto del mosto con le vinacce e maturato in piccole botti di rovere.
Di colore rosso granato intenso con riflessi violacei, è un vino ricco, intenso, di grande armonia con perfetta fusione fra i sapori di frutta matura che evocano il sottobosco, la prugna, sentori di legno tostato e vaniglia. L’assaggio è seducente fin da subito, rotondo e pieno, coerente e limpido. Nel mezzo del sorso una rilucente nota acida si aggiunge alla spiccata spina alcoolica. Rotola verso il finale con un bel muscolo ancora ben controllato, in una bella landa di tannini levigati.
Buono, con invidiabile rapporto Q/P.
Si abbina a carni rosse, cacciagione, piatti della grande cucina, formaggi.
Temperatura di servizio: 18°C, avendo cura di stappare la bottiglia almeno un’ora prima
Di proprietà della famiglia Bianchi-Bernetti da quasi cinquantanta anni, la UMANI RONCHI fu fondata come Azienda Agricola nel 1957 da Gino Umani Ronchi a Cupramontana, nel cuore della zona di produzione del Verdicchio Classico, nelle Marche.
L’Azienda Vinicola Umani Ronchi, si è distinta come grande interprete dei due vini più rappresentativi della regione Marche, Verdicchio e Rosso Conero.
La proprietà vitata dell’Azienda comprende una superficie totale di 210 ettari distribuiti su 12 distinti appezzamenti con caratteristiche uniche, nel rispetto e nella valorizzazione del terroir e di vitigni autoctoni di Marche e Abruzzo.
Non manca la ricerca su alcuni tra i più rappresentativi vitigni internazionali come Chardonnay, Sauvignon Blanc, Cabernet Sauvignon e Merlot, per la creazione di vini innovativi da mettere a confronto con le più eccellenti produzioni mondiali.
Impressiona la qualità media dei vini, ma dietro al successo di questa cantina c’è un progetto serio che combina ricerca e impegno, idee chiare e un obiettivo che non ammette compromessi: produrre grandi uve per produrre grandi vini e gli investimenti, in primis dedicati alle vigne, sono lì a dimostrarlo.
Il nome, dal latino plenum, vuole suggerirne le caratteristiche di pienezza, complessità, e struttura. E’ un vino che, infatti, si lascia apprezzare per la lunga persistenza e per la ricchezza di profumi ed aromi, che abbinati alla sua grande eleganza ne fanno un vino unico. Le prime annate vennero prodotte da un appezzamento del vigneto Villa Bianchi, mentre oggi Plenio è espressione di una vigna situata ad una maggiore altitudine, in una delle aree storicamente più vocate alla produzione di Verchicchio, nei pressi del caratteristico borgo di Cupramontana.
Vinificazione:
Dopo una pressatura soffice il mosto fiore viene repentinamente raffreddato per poi essere decantato in maniera statica. La fermentazione è svolta per il 70% in serbatoi di acciaio a temperatura controllata tra 16 e 18°C, e si protrae per 10-15 giorni. Il restante 30% è fermentato in botti di rovere da 50 hl. Il vino effettua la fermentazione malolattica su un 10-15% della massa totale.
dura circa 12 mesi, durante i quali il vino rimane a contatto con i propri lieviti negli stessi contenitori di fermentazione. Completa l’affinamento con ulteriori 6 mesi in bottiglia.
Un vino di eccezionale consistenza coniugata a grande raffinatezza. Dal colore giallo paglierino intenso con riflessi dorati, al naso si rivela fresco e penetrante con sentori leggermente vanigliati di frutta matura, miele, mandorla amara ed erbe aromatiche; tipica la nota di anice, timbro del vitigno d’origine. In bocca ha ottima corrispondenza con il naso, un attacco fresco e piacevole morbidezza, comunque equilibrato dall’alcol, vellutato, ricco, dal finale molto persistente con lunghi ricordi di mela, susina e mandorla.
Paste ripiene, carne bianca arrosto, pesce arrosto.
Temperatura di servizio:12-14°C
Da un analisi fatta dalla Coldiretti è emerso che il 2009 è stato un anno negativo per le bollicine francesi, infatti c’è stato un crollo nelle spedizioni dello Champagne del 22% in quantità, un totale di 8,87 milioni di casse da 12 bottiglie (106 milioni di bottiglie), per un valore di 1,6 miliardi di euro (-28%).
Questo calo, ha favorito per la prima volta lo storico sorpasso dello spumante Made in Italy, segnando un aumento del 5% nelle bottiglie esportate per un totale di 130 milioni di bottiglie spedite nei soli primi undici mesi del 2009, secondo lstat.
Per effetto della crescita della domanda straniera, le esportazioni dello spumante italiano hanno addirittura superato i consumi nazionali.
E’ da sottolineare che , in realtà, oggi l’insieme delle esportazioni francesi di vini ed alcolici è in forte calo, per un totale del 17% e un valore di 7,74 miliardi di euro, che è pari a piu’ del doppio dell’export di vini Made in Italy che nel 2009 – secondo la Coldiretti – non dovrebbe superare i 3,5 miliardi in calo del 5% in valore ma in aumento del 9% in quantità.
La Coldiretti precisa che i principali consumatori di spumanti italiani si trovano in Germania e negli Stati Uniti, ma elevati tassi di crescita si registrano per la Gran Bretagna e nei paesi emergenti.
Nel 2009 si è registrato in Europa un lieve calo produttivo registrato nella produzione del vino con volumi pari a circa 165 milioni di ettolitri, il 2% in meno su base annua.
Tra i primi tre Paesi produttori comunitari, si evidenzia il significativo recupero della Francia al quale si contrappone la decisa frenata della Spagna e la sostanziale stabilità dell’Italia che torna ad essere il secondo Paese produttore con circa 46 milioni di ettolitri, secondo le stime della Coldiretti.
Nel complesso, nel 2009 gli acquisti domestici di vini e spumanti sono diminuiti dell’1,3% a causa soprattutto di una contrazione nella domanda di vino comune mentre è aumentata, al contrario, quella di spumanti.
A Pianeta Birra Beverage & Co. in svolgimento in questi giorni, Mo.Bi. – movimento per la birra, ha presentato un progetto di chiarezza e informazione a favore del mondo della birra. Il movimento MoBi ha tra i propri principali obiettivi la volontà di promuovere l’accesso ad un’ampia produzione birraria, il sostegno ad un corretto livello dei prezzi al consumo, la promozione della produzione casalinga di birra (homebrewing), l’organizzazione di corsi, rassegne e concorsi pronti a stimolare la sensibilità delle persone nei confronti del consumo di bevande al malto.
Il convegno di oggi promosso dal movimento è stata l’occasione per presentare un progetto che nasce da una volontà di trovare il modo per rendere più chiare le informazioni basilari che il consumatore deve trovare su un’etichetta. Ciò al fine di poter compiere una scelta motivata e consapevole.
Attualmente la legge prevede che sull’etichetta siano indicati il nome e la ragione sociale del produttore, lo stabilimento e la sede di produzione, il nome commerciale del prodotto, la tipologia merceologica prodotta, il contenuto (volume), il titolo alcolometrico espresso in volumi, data entro cui consumare il prodotto, lotto di produzione e invito a non disperdere nell’ambiente.
Mo.Bi usa tutto ciò come base, ma cerca di affiancare a queste indicazioni altre non obbligatorie, altrettanto importanti. Un esempio: a volte capita che una birra che passa per essere italiana non citi in etichetta dove è prodotta e nemmeno lo stabilimento di produzione. In questo caso basta leggere il codice a barre, dove la prima cifra individua il paese, poi lo stabilimento, poi il prodotto.
Ma quali sono in verità le informazioni aggiuntive previste dal movimento per la birra?
Le indicazioni aggiuntive sono utili in tutte le fasi: dal momento dell’acquisto, per motivarlo, al momento del consumo, per apprezzarne meglio e con stile il grado di temperatura. Avremo una degustazione migliore sapendo se la birra che beviamo è pastorizzata o non pastorizzata, filtrata o non filtrata. E poi sono utili indirizzo, sito e numero di telefono per contattare il produttore, consigli per un giusto abbinamento con il cibo. Basilare è anche sapere se una birra può essere più o meno dannosa per la salute, tenendo conto dei suoi contenuti, come le spezie utilizzate.
Si chiama Sommelier Divino ed è l’ultima soluzione pensata per gli amanti della tecnologia e del buon bere. Si tratta di un software per l’iPhone, sviluppato in collaborazione con la Guida Oro – I vini di Veronelli. Racchiude diverse funzionalità tutte pensate per chi desidera accrescere le proprie conoscenze vinicole ed enogastronomiche ed essere in possesso di uno strumento che lo guidi verso la scelta del piatto giusto da abbinare e fino all’enoteca dove acquistare il vino.
Strutturato molto bene, Sommelier Divino per iPhone costa veramente un’inezia ed scaricabile da Apple Store.
Sommelier Divino nasce dall’idea di 2 vecchi amici che si sono trovati nella situazione di non saper scegliere il vino più adatto a quello che stavano per mangiare e si affidavano spesso alla moda del momento o ai vari sentito dire o ancor peggio al consiglio del cameriere, che non sempre ha la giusta competenza.
Da qui l’idea di sviluppare una Guida seria che permettesse di essere autonomi nella scelta e di acquisire una certa tranquillità con l’obiettivo di incrementare la qualità enogastronomica.
Sommelier DiVino è la prima applicazione al mondo che promuove la conoscenza vinicola e gastronomica italiana nel mondo coinvolgendo le enoteche sul territorio. Sommelier DiVino NON è una semplice lista di vini, ma una vera e propria Guida utile a coloro che voglio apprendere e conoscere il mondo vinicolo italiano.
DiVino racchiude 5 funzionalità in una sola applicazione fornendo un servizio completo seguendo questi cinque percorsi logici:
Insomma. L’applicazione per iPhone accompagnerà le persone amanti del buon bere dalla scelta del piatto fino all’enoteca sotto casa: oltre 3000 abbinamenti enogastronomici scelti con cura dallo Chef Sommelier Francesco Carboni.
Un must da acquistare per il proprio iPhone.
Con una spesa di 1,2 miliardi di euro crescono gli acquisti in cantina in Italia dove sono presenti ben 21.624 aziende agricole che offrono direttamente ai consumatori uno dei 498 vini a denominazione di origine controllata (Doc), controllata e garantita (Docg) e a indicazione geografica tipica (320 vini Doc, 41 Docg e 137 Igt). E’ quanto emerge da uno studio della Coldiretti in occasione della manifestazione “Cantine Aperte” promossa dal Movimento Turismo del Vino.
Acquistare direttamente in cantina è una opportunità per i consumatori che possono così risparmiare e garantirsi acquisti sicuri e di qualità, ma anche una occasione per le imprese agricole che possono vendere senza intermediazioni e far conoscere direttamente le caratteristiche e il lavoro necessario per realizzare una specialità territoriale unica ed inimitabile.
Secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Coldiretti – Agri2000 sulla vendita diretta i bianchi e rossi Made in Italy sono al primo posto tra i prodotti acquistati nelle aziende agricole e nei mercati degli agricoltori, personalmente o attraverso i gruppi di acquisto solidale, superando abbondantemente ortofrutta e formaggi.
La tendenza di crescita è favorita dal fatto che l’Italia è l’unico Paese al mondo a poter offrire una grande varietà dei percorsi turistici legati all’enogastronomia con 142 strade dei vini e dei sapori lungo le quali assaporare il nettare di bacco, oltre a più di diciottomila agriturismi.
Nella classifica delle Regioni predomina però la Toscana, con 4.876 produttori (il 22 per cento del totale nazionale), davanti a Piemonte (3.738), Veneto (2.560), Emilia Romagna (2.489) e Sicilia (1.926).
L’Italia si appresta a diventare il primo produttore mondiale di vino – superando la Francia – se verranno confermati i dati previsionali sulla vendemmia 2010 con una produzione nazionale cresciuta del 5 per cento rispetto allo scorso anno: 47,5 milioni di ettolitri contro i 47,3 milioni di ettolitri previsti per i cugini d’oltralpe da France Agrimer.
Sono questi i numeri annunciati da Coldiretti nel sottolineare che si tratta di un risultato importante per un settore dove trovano oggi opportunità di lavoro 1,2 milioni di persone impegnate direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche in attività connesse e di servizio, con ogni grappolo raccolto in campagna che è in grado di attivare ben 18 diversi settori.
Lo scorso anno il raccolto francese è stato pari a 46,7 milioni di ettolitri superiore a quello italiano fermo a 45,4 milioni di ettolitri, secondo l’Istat.
Ma al dilà dei numeri, il successo del vino italiano in termini di mercato fa crescere anche le attività indotte che si sono estese negli ambiti piu’ diversi: dall’industria vetraria a quella dei tappi, dai trasporti alle assicurazioni, da quella degli accessori, come cavatappi e sciabole, dai vivai agli imballaggi, dalla ricerca e formazione alla divulgazione, dall’enoturismo alla cosmetica e al mercato del benessere, dall’editoria alla pubblicità, dai programmi software fino alle bioenergie ottenute dai residui di potatura e dai sottoprodotti della vinificazione.
In Italia ci sono 250mila aziende agricole con vigneti che offrono occupazione a circa 200mila lavoratori dipendenti, dei quali 20mila extracomunitari: nel solo distretto di Montalcino lavorano immigrati di 44 diverse nazionalità.
Di queste ben 21.600 aziende agricole vendono direttamente il proprio vino ai consumatori mentre le altre lo cedono alle 35mila aziende imbottigliatrici presenti in Italia che impiegano operai, agronomi, enologi, responsabili di marketing, informatrici e wine manager.
In Italia sono state consumate 80 milioni bottiglie del nostro pregiato spumante sulle tavole in festa
in dieci anni sono piu’ che raddoppiati i brindisi Made in Italy nel mondo conquistato dall’aumento di oltre il 100 per cento nelle esportazioni di spumante italiano.
E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti per il Natale 2010 sulla base dei dati relativi al commercio estero nei primi nove mesi dell’anno dalla quale si evidenzia che l’Italia ha conquistato il titolo di primo esportatore e produttore mondiale di vini frizzanti con un totale di 380 milioni di bottiglie prodotte superiore ai 370 milioni della Francia nel 2010.
Il successo del prodotto nostrano è dimostrato dal fatto che in Italia sono crollati del 20 per cento negli ultimi dieci anni gli arrivi di champagne francese a tutto vantaggio dello spumante italiano.
Cresce anche all’estero dove fa segnare un aumento record del 19 per cento nelle spedizioni di bottiglie nei primi nove mesi dell’anno. Un successo che – sottolinea la Coldiretti – è il frutto della forte crescita in Germania (+8 per cento) che è il principale importatore, seguito dagli Stati Uniti (+ 9 per cento) e dal Regno Unito (+ 25 per cento).
Tra i nuovi clienti del Made in Italy – precisa la Coldiretti – si fa luce la Russia che si classifica al quarto posto con un aumento record del 166 per cento.
L’Asti Docg e’ in testa nella produzione con poco piu’ di 80 milioni di bottiglie prodotte, seguito dal Prosecco Doc Conegliano Valdobbiadene con 50 milioni, anche se sono ben 160 milioni le bottiglie di Prosecco (Docg) commercializzate. Il Veneto e’ la prima regione italiana per produzione seguito dal Piemonte.
Centosettantacinque sequestri di vino fasullo o irregolare, per un valore di 6,3 milioni di euro.
Ventiquattro persone denunciate e 1.463 contestazioni amministrative.
E’ l’esito delle 8.197 ispezioni fatte, da gennaio a novembre del 2010 nel settore vitivinicolo dall’Ispettorato controllo qualità e repressione frodi (Icqrf) del ministero delle Politiche agricole: 5.059 le aziende controllate, per un totale di 17.325 prodotti vinicoli passati al setaccio, 1.553 i campioni analizzati con un 7,7% di irregolarità.
I dati sono anticipati da Tre Bicchieri, il quotidiano sul vino del Gambero Rosso.
In tutto il settore agroalimentare in 11 mesi sono state 27.919 le ispezioni, con 22.573 operatori controllati e 56.972 prodotti. E’ risultato irregolare il 14,6% delle aziende e il 7,6% dei prodotti, con 8.200 campioni prelevati e una irregolarità dell’8,3% su quelli analizzati. In tutta Italia, sono stati 348 i sequestri per un valore di 9 milioni, 229 le denunce e 4.077 contestazioni amministrative.
Con i risultati finali dell’ultima vendemmia l’Italia è diventata il principale produttore di vino al mondo grazie al sorpasso di misura messo a segno nei confronti della Francia che deteneva il primato.
Lo ha reso noto la Coldiretti, sulla base dei dati della Commissione europea che rilevano una produzione di 49,6 milioni di ettolitri per l’Italia superiore ai 46,2 milioni di ettolitri realizzata dalla Francia, su un totale comunitario di 157,2 milioni di ettolitri in calo del 3,7 per cento.
“Il primato del Made in Italy viene confermato – ha sottolineato la Coldiretti – anche se si considerano i valori italiani al netto della feccia stimabile in un 5 per cento. Il risultato è il frutto di una sostanziale stabilità della produzione in Italia e di un calo in Francia”.
Il 60 per cento della produzione nazionale è rappresentata da vini di qualità con ben 14,9 milioni di ettolitri sono destinati a vini Docg/Doc e 15,4 milioni di ettolitri a vini Igt. Un risultato incoraggiante arriva anche- sul lato delle esportazioni che sono aumentate del 15 per cento nel primo bimestre del 2011. “Si tratta – ha sottolineato Coldiretti – del risultato di una crescita record del 31 per cento negli Stati Uniti, che diventano il primo mercato di sbocco in valore davanti alla Germania, ma anche dell’aumento del 6 per cento nell’Unione Europea e di un significativo e benaugurante incremento del 146 per cento in Cina. Gli Stati Uniti sono diventati per la prima volta il Paese dove si consuma complessivamente la maggior quantità di vino al mondo davanti rispettivamente a Francia ed Italia, secondo il report di Gomberg-Fredrikson nel 2010, durante il quale gli americani avrebbero consumato 329 milioni di casse da 12 bottiglie in mercato che, solo nel canale retail, vale 30 miliardi di dollari”.
Un andamento che conferma i risultati positivi ottenuti dal vino Made in Italy all’estero nel 2010 con un valore record dell’esportazioni di 3,93 miliardi che ha superato per la prima volta i consumi nazionali. Peraltro le esportazioni di vino Made in Italy dei piccoli produttori sotto i 25 milioni di euro di fatturato sono cresciute in valore del 16 per cento, quasi il doppio dell’8,5 per cento fatto segnare dalle prime 103 società italiane produttrici di vino che fatturano piu’ dei 25 milioni di euro, secondo una analisi della Coldiretti sulla base dei dati sul commercio estero nel 2010 di Mediobanca e dell’Istat.
Il fatturato complessivo realizzato dal vino italiano nel 2010 è stato pari a 7,82 miliardi anche grazie al fatto che l’Italia – conclude la Coldiretti – puo’ contare su un numero di riconoscimenti superiore a quello dei cugini francesi con 504 vini a denominazione di origine controllata (Doc), controllata e garantita (Docg) e a indicazione geografica tipica (330 vini Doc, 56 Docg e 118 Igt).
Per aziende italiane fatturato stimato a 3,7 miliardi euro, +9%
Record storico nel 2010 per l’export di vino italiano nel mondo.
Lo afferma la Coldiretti sulla base di un’analisi dei dati Istat sull’andamento del commercio estero.
L’anno scorso, in particolare, le aziende italiane hanno avuto un fatturato stimato in 3,7 miliardi di euro, in aumento del 9%, “la voce più importante dell’export agroalimentare nazionale”.
Nel mondo – spiega l’organizzazione agricola – sono stati stappati più di 2 miliardi di bottiglie di vino italiano.
Oltre un quinto del fatturato viene realizzato negli Stati Uniti, che nel 2010 (con un aumento in valore del 9%) sono diventati il primo mercato di sbocco, segnando uno
“storico sorpasso sulla Germania, dove la domanda è cresciuta solo di un punto percentuale”.
Sorprendenti anche i risultati sui nuovi mercati, come la Cina, dove è addirittura raddoppiato il valore del vino Made in Italy esportato (+102%)”. La Russia poi, con un aumento del 51% e un valore delle esportazioni nel 2010 stimato in 100 milioni di euro, “è diventata uno dei principali partner commerciali.
Un boccale davvero d’annata, dagli abissi alla tavola.
Un gruppo di esperti finlandesi è deciso a far “rivivere” la birra più antica del mondo, trovata insieme ad un carico di champagne in una cassa affondata nel Mar Baltico insieme alla nave che li trasportava, tra il 1800 e il 1830.
Il relitto, naufragato mentre viaggiava tra Copenaghen e San Pietroburgo, fu portato alla luce nel luglio del 2010 nei pressi alle isole Aland, e oltre a un carico d’eccezione – ben 145 bottiglie di champagne, tra Veuve Cliquot e Juglar, compresa quella che è considerata la più antica mai rinvenuta – ne conteneva una di birra che si aprì appena affiorata dalle acque.
Adesso gli esperti del Technical Research Centre of Finland hanno avuto il mandato di analizzare gusto e composizione chimica per tentare di riprodurre l’antico nettare di luppolo.
La birra, spiegano cinque degustatori professionisti, ha “un sapore antico” anche se con “qualche nota di acidità”, forse per via di una permanenza subacquea non proprio ideale.
Per far tornare l'”archeo-birra” sugli scaffali, i ricercatori stanno analizzando i lieviti e batteri presenti nel liquido alla ricerca di tracce di vita o di gemelli genetici tra i fermenti utilizzati oggi.
Se tornasse in vendita il successo sarebbe garantito? Non proprio, ammette Annika Wilhelmson, “il gusto di 200 anni fa potrebbe non soddisfare i palati dei consumatori moderni”.
Con 19,71 euro mensili per famiglia, l’acquisto dell’acqua minerale è diventato la prima voce di spesa del bilancio familiare per le bevande alle quali vengono destinati complessivamente 41,06 euro tra analcolici ed alcolici.
E’ quanto emerge da elaborazioni Coldiretti sulla base di dati Istat da cui si evidenzia l’avvenuto sorpasso nei confronti del vino per il quale la spesa media familiare mensile è stimata pari a 12 euro.
La spesa media delle famiglie per l’acquisto di acqua minerale, sottolinea la Coldiretti, varia lungo la penisola da un massimo di 20,34 euro nel Nord a un minimo di 18,75 nel Mezzogiorno.
Parallelamente all’aumento della spesa per la minerale, negli ultimi 30 anni in Italia – sostiene la Coldiretti – si è praticamente dimezzato il consumo procapite di vino che è sceso a circa 40 litri a persona per un totale di circa 20 milioni di ettolitri. Il forte calo nelle quantità di vino acquistate dagli italiani, che ha avuto una accelerazione negli ultimi dieci anni, in cui si è verificato un calo del 20 per cento, è stato accompagnato, conclude la Coldiretti, da un atteggiamento più responsabile di consumo e da una maggiore attenzione alla qualità.
Siamo di fronte ad un vero e proprio record assoluto, quando si parla dell’export del vino italiano.
Sarebbero 4 miliardi gli euro previsti per le esportazioni di vino italiano nel 2011, ovviamente se verrà mantenuto l’attuale trend di crescita. A prevederlo è la Coldiretti che sottolinea il buon andamento della tendenza nelle vendite nel mondo del vino italiano nonostante la crisi mondiale. La crescita negli ultimi 5 mesi è del 15 per cento sulla base dei dati Istat.
L’aumento è il risultato di una crescita del 12 per cento nei paesi dell’Unione Europea e del 21 per cento negli Stati Uniti che sono i punti di riferimento storici.
Straordinarie però sono soprattutto le performance sui mercati emergenti come la Russia che registra un balzo del 44 per cento e la Cina dove le spedizioni di vino Made in Italy sono piu’ che raddoppiate (+126 per cento) e la domanda si è fatta economicamente consistente.
Si tratta di una ottima premessa per la vendemmia in corso iniziata nel nord con un anticipo fino a due settimane, nelle regioni del centro è anticipata in media di una settimana mentre nel mezzogiorno è piu’ o meno nella norma.
Fino ad ora le condizioni delle uve sono in generale molto buone per effetto del caldo in primavera e dell’estate che ha garantito un’ideale alternanza fra temperature nella fase di maturazione.
L’Associazione del whisky scozzese (SWA) rende noto che le esportazioni di Scotch nel 2011 sono cresciute del 22% rispetto all’anno precedente. A determinare questa tendenza l’aumento della domanda sui mercati ‘emergenti’ di Asia e Sud America che, riferisce la Bbc, hanno dato un “forte contributo” al fenomeno.
Taiwan, ad esempio, è ormai uno dei primi cinque paesi importatori del superalcolico mentre le esportazioni verso il Brasile sono salite del 56%.
In concreto, nei primi sei mesi dell’anno sono state esportate dallo scozia qualcosa come 569 milioni di bottiglie di whisky anche se sull’incremento, dice la SWA, pesa anche la flessione delle esportazioni dell’anno precedente, determinata dalla crisi economica globale.
In Gran Bretagna si prepara una rivoluzione malinconica. Gli inglesi cominciano a tradire il pub e il consumo di birra sta per diventare un triste rito domestico.
Secondo i dati dell’Associazione per i Pub e la Birra della Gran Bretagna (BBPA), se negli anni Settanta oltre il 90% della birra veniva bevuta nei pub e nei bar, alla fine del 2010 la situazione sembra quasi ribaltata.
Il 49,1% delle birre bevute viene acquistata nei supermercati e consumata in casa.
A monte del fenomeno, denuncia la BBPA la possibilità per i supermercati di vendere birra a prezzi scontati. A valle, una crisi senza precedenti con circa 25 pub a settimana costretti a chiudere i battenti. Per contrastare questa china, la BBPA tenta il possibile e lancia una “Campagna per la vera Ale”, ma forse è troppo tardi.
“Partita quasi dovunque in largo anticipo per il caldo, la prossima sarà un’ottima vendemmia. La produzione dei vigneti dei giovani agricoltori è in rialzo, non in termini di quantità, ma di qualità e questo segnale dovrebbe ripercuotersi positivamente anche sui mercati”. Lo sostiene Nicola Motolese, presidente dei giovani di Confagricoltura, annunciando i primi risultati della campagna di raccolta delle uve.
Le premesse produttive sono buone dal punto di vista qualitativo, grazie anche ad una naturale riduzione della quantità per pianta – afferma Motolese -.
La crisi, certo, morde ancora e queste prime indicazioni contiamo si traducano in una crescita del valore aggiunto, anche se sarà importante l’andamento climatico delle prossime settimane”.
Ci auguriamo che la Commissione europea scelga di sostenere la viticoltura dal punto di vista legislativo – conclude il presidente dell’Anga -. Il problema che affanna gli imprenditori, soprattutto giovani, è la liberalizzazione dei vigneti che rischia di rimettere in discussione il vino di qualità, vanificando lo sforzo imprenditoriale di tanti agricoltori”.
Domenica 10 gennaio avrà inizio la rassegna “Giornate gastronomiche di Chiavari e del suo entroterra”. Undici inviti a tavola che si svilupperanno nel corso del mese per poi ripetersi a febbraio e a marzo. L’iniziativa è promossa da Ascom con il sostegno di Promotur, Camera di commercio, ristoratori di Fepag-Confcommercio e sarà dedicata alla castagna nella tradizione chiavarese.
La peculiarità fondamentale è portare la gente a scoprire il mondo dei prodotti attraverso menu tradizionali che rispettino la stagionalità e la cultura culinaria della zona attraverso la loro preparazione in maniera storica e legati ad alimenti e bevande prodotti e commercializzati esclusivamente da aziende del territorio.
Le “Giornate gastronomiche” girovagheranno tra Chiavari e le valli Fontanabuona, tra Aveto e Graveglia.
Altro aspetto importante è il prezzo di pranzi e cene che sarà sempre compreso tra i 25 e i 50 euro.
Un altro segno distintivo delle “Giornate gastronomiche” è la guida all’assaggio, ossia una scheda informativa sulla storicità del piatto, la tradizione culinaria ligure, la preparazione e gli ingredienti utilizzati, che verrà offerta ai commensali per aiutarli a capire che cosa si accingono a mangiare.
ristoranti/trattorie/osterie che aderiscono: “Dal papa” di Borzonasca (locale dal quale domenica 10 gennaio debutterà la rassegna), “La brinca” e “Mosto” di Ne, “Boccon divino”, “Vino e cucina”, “Il confessionale”, “Ciupin”, “Da Felice” e “Lord Nelson” di Chiavari, “Ligagin” di Lumarzo, “Inosteria” di Calvari, a San Colombano
Certenoli.
Il menu potrà essere di mare o di terra, a seconda del tipo di cucina proposto dal ristorante.
L’obiettivo è creare un itinerario che accompagni i chiavaresi e gli ospiti alla scoperta del territorio e dei suoi sapori.
Torna l’appuntamento con la manifestazione dedicata alla torchiatura delle uve appassite da cui si otterrà il mosto del Torcolato.
Domenica 17 gennaio tutti in piazza ad assaggiare il dolcissimo nettare!
Giunta alla sua XV edizione, la manifestazione presenta un calendario con eventi per il grande pubblico e appuntamenti rivolti agli addetti del settore.
La città del Vino della Pedemontana vicentina invita tutti ad alzare al cielo i calici ricolmi del dolcissimo vino breganzese, per la grande festa celebrata dai viticoltori locali in onore del vino che più di ogni altro racchiude in sé la tradizione, la storia e la perizia enologica di questa piccola DOC vicentina.
Il Torcolato si produce con uva Vespaiola , con aggiunta in minore quantità di Tocai ,Garganega e Pedevenda o Durella . Quando i grappoli sono ben maturi , essi vengono oculatamente scelti e quindi appesi con deglì spaghi , attorcigliati cioe alle travi di soffitte asciutte ed aereate.
Dalla Mesopotamia alla nostra tavola, da rito di comunione a ebbrezza da evitare, da culto da respingere a porta di accesso alla spiritualità, il vino e la vite sono protagonisti della mostra. Reperti originali, sculture, affreschi e mosaici accompagnati da apparati multimediali e video racconteranno la millenaria storia della vite e del vino e la rilevante influenza esercitata sulla cultura degli antichi.
Seguendo un andamento cronologico, la mostra illustrerà l’origine dellaviticoltura nel Vicino Oriente, la sua piena affermazione con relativi significati simbolici, religiosi e culturali nel mondo ellenico, fino alla produzione e diffusione del vino su ampia scala operata dai Romani.
In virtù della felice situazione archeologica delle città vesuviane, sarà illustrato il caso particolare dei vigneti di Pompei, mentre un altro spazio della mostra sarà dedicato allo straordinario contributo fornito da Fenici ed Etruschi, i quali giocarono un ruolo essenziale nella diffusione della coltivazione della vitis vinifera nel Mediterraneo.
Accanto ad una riflessione sull’evoluzione delle tecniche di coltura (riproduzione e miglioramento genetico, scasso del terreno, messa a dimora delle piante, cura del vigneto, principi teorici e norme pratiche per potatura e innesto), reperti appositamente selezionati illustreranno anche i valori religiosi e culturali della vite, espressi sin dalle epoche più remote attraverso una vastissima serie di raffigurazioni che raccontano divinità, riti e feste del vino.
I protagonisti indiscussi della manifestazione saranno il gusto per la tradizione culinaria locale e l’eccellenza dei vini prodotti nelle tre denominazioni venete: Soave, Valpolicella e Terradeiforti Valdadige.
Durante tutto il periodo della rassegna 12 ristoranti dislocati lungo le tre Strade serviranno ai commensali un menu a base di specialita’ del territorio adatte ad esaltare le caratteristiche dei vini proposti da 30 cantine delle zone in questione.
Cantine che saranno peraltro liete di aprire le porte a chi vorra’ visitarle.
I menù proposti vanno dall’antipasto al dolce, costo dai 28 ai 30 euro, vini compresi.
Per gli antipasti, appetitosi ma sempre delicati nel gusto, s’adatta la freschezza del Soave.
Per i primi piatti si adattano vini rossi di media struttura, freschi e dai profumi fragranti, perfetto dunque il Valpolicella, mentre per secondi impegnativi ci vogliono rossi importanti e strutturati come l’Amarone della Valpolicella, l’Enantio e il Casetta della Terradeiforti.
Per i dolci vengono serviti il Recioto di Soave Docg ed il Recioto della Valpolicella.
Arriva la seconda edizione di DiVino Lunge, evento dedicato a vino spumanti e champagne
La fiera, riservata esclusivamente al B2B, e tratterà di vini e ristorazione.
DiVino Lunge è rivolto a sommelier, chef funzionali al vino, gestori e operatori di bar, discobar e winebar e locali serali, ma anche a gestori e operatori della ristorazione e dell’ospitalità, e poi a grossisti e distributori del canale a enoteche e negozi di specialità, a import/export e buyer della GDO.
Per favorire la presenza di pubblico, Rimini Fiera sta inoltre coinvolgendo direttamente o indirettamente le principali associazioni di categoria, agevolando la presenza in fiera dei loro associati.
DiVino Lounge si terrà, infatti, in contemporanea con SAPORE la grande kermesse dei consumi fuori casa che raccoglie manifestazioni storiche quali MIA – Mostra Internazionale dell’Alimentazione, MSE – Seafood & Processing, Oro Giallo, Frigus, Pianeta Birra Beverage & Co e appunto DiVino Lounge.
area food – dove a farla da padrone sarà l’abbinamento tra vini e cibi gourmet realizzati grazie alla collaborazione di noti chef.
area wine – dove vini spumanti e champagne saranno scelti solo dopo una serie di degustazioni guidate eseguite in collaborazione con AIS (Associazione Italiana Sommelliers)
area business – questa area sarà esclusivamente dedicata agli affari, con appuntamenti prefissati tra espositori e buyer esteri e italiani e creazione di postazioni internet per procedere alle vendite on line.
Tutti i giovedì dal 4 febbraio al 4 marzo 2010 chi vuole trascorrere una serata all’insegna del gusto, potrà recarsi presso le osterie tipiche dell’Altopiano della Paganella o assaggiare i prelibati piatti nelle località di Andalo e Molveno.
L’iniziativa è organizzata dall’Azienda per il Turismo Dolomiti di Brenta-Paganella, in collaborazione con la Strada del Vino e dei sapori della Piana Rotaliana e l’intento è quello di avvicinare i turisti ai prodotti del territorio e per far conoscere da vicino le tradizioni e le specialità trentine.
Tante le serate, molti gli eventi, momenti dove abbinati ai deliziosi prodotti dell’Altopiano della Paganella non mancheranno le degustazioni di eccellenti vini e ottime grappe.
Infatti all’interno delle serate, oltre ad assaggiare le bontà dell’altopiano, i gestori e gli esperti produttori di vini e grappe, sveleranno anche alcune tecniche di produzione, come i segreti della produzione del nettare della Piana Rotaliana, il Teroldego, o il funzionamento dell’alambicco, un apparecchio di distillazione.
Carpaccio di carne salada della Rendena con scaglie di Trentingrana e mele red delicious
Canederlotti alla verza con fonduta al formaggio Casolet
Polenta biologica di Storo con filettini di coniglio ai funghi
Frittelle di mele red delicious con gelato alla vaniglia e miele dell’Apicoltura Castel Belfort di Spormaggiore.
Azienda Agricola Zanini Luigi di Mezzolombardo.
Quest’anno il Concours Mondial de Bruxelles, giunto alla 17ª edizione, si svolgerà per la prima volta in Italia, a Palermo, dal 23 al 25 aprile prossimo.
La grande kermesse internazionale è dedicata all’eccellenza dei vini del mondo: 6000 vini in degustazione, 250 giurati internazionali, 50 paesi produttori partecipanti.
Per la prima volta in Italia si svolgerà a Palermo, riconoscendo alla Sicilia e alle sue terre un ruolo di primissimo piano nel panorama enologico mondiale.
Il Concorso Mondiale di Bruxelles è sempre stato un appuntamento di straordinaria importanza nel mondo del vino di qualità.
Nato nel 1994, ha accresciuto la sua presenza a livello internazionale a partire dal 2006, anno in cui ha deciso di abbandonare i confini del Belgio per rendere omaggio ad altri paesi europei e ha così visitato il Portogallo, l’Olanda, la Francia e la Spagna, prima di approdare in Italia.
L’Italia non poteva mancare tra i paesi ospitanti il Concours, dato che è il primo paese al mondo per la produzione di vino oltre che per le esportazioni. Senza considerare il fatto che il vigneto italiano è parte integrante del paesaggio, dal Nord al Sud.
Durante la presentazione del Concours Mondial de Bruxelles, presso la sede dell’Associazione della Stampa Estera a Roma, il Presidente del Concours Mondial de Bruxelles, Baudouin Havaux, spiega la scelta della sede per questa edizione:
“L’Italia è il primo produttore di vino al mondo ed è impegnata da anni nella produzione di vini di qualità. Era logico e naturale che la manifestazione facesse tappa in Italia. La scelta della Sicilia è stata consequenziale, dovuta anche al fatto che abbiamo trovato nell’Istituto Regionale della Vite e del Vino un partner affidabile ed entusiasta. La Sicilia, grazie alla sua posizione nel cuore del Mediterraneo e al suo essere crocevia di culture e popoli, è da sempre terra d’elezione per la coltivazione della vite e per la produzione del vino. Ma è il presente e il futuro dell’enologia dell’isola che ci interessa e su cui vogliamo investire: territori viticoli di straordinaria unicità, produzioni qualitativamente superiori caratterizzate dalla tipicità dei vitigni autoctoni, un tessuto produttivo fortemente motivato e orientato all’export, fanno della Sicilia una sede adeguata e prestigiosa per ospitare l’edizione 2010 del Concorso in Italia”.
Il Presidente dell’Istituto della Vite e del Vino della Regione Siciliana, Leonardo Agueci, ha spiegato:
“Ospitare a Palermo il Concorso Mondiale di Bruxelles assume un valore di grande significato ed è un traguardo importante conquistato dalla Sicilia del vino di qualità. E’ il segno di una maturità raggiunta e riconosciuta alla Sicilia enologica ed alle sue istituzioni ed offerta, sotto il profilo organizzativo, a tutti i produttori d’eccellenza del nostro Paese che – speriamo – partecipino in gran numero e con i loro vini migliori. La Sicilia, nell’edizione 2009 a Valencia in Spagna, è stata la regione d’Italia con il più alto numero di medaglie assegnate, confermando ancora una volta un ruolo di primo piano tra le regioni di produzione di grande tradizione e d’eccellenza. Nel 2010 vogliamo consolidare la posizione, consapevoli che i nostri vini potranno confrontarsi sugli stessi livelli delle migliori etichette del mondo. Ospitare il Concorso è anche un’importante occasione che ci consentirà di aggiornare il patrimonio di relazioni e di conoscenze che questo Concorso porta in dote alla nazione ospitante”.
Infatti, i vini italiani riscuotono ogni anno un grande successo in questo concorso.
Nel 2009 l’Italia ha sottoposto ad esame 634 campioni di vini e alcolici ricevendo 8 Gran Medaglie d’Oro, 68 Medaglie d’Oro e 108 Medaglie d’Argento, posizionandosi terza in classifica, sia per campioni sottoposti che per Medaglie conquistate.
In più Italia ha conquistato il premio più alto nella categoria “Spirits” ed è stata l’unica ad avere attribuito una Gran Medaglia d’Oro in questa categoria.
Inoltre, il Concours assegna ogni anno il trofeo “Best Wine”, diviso in 5 sezioni: “Best Sparkling”, Best White”, “Best Rosé”, “Best Red” e “Best Sweet”. Possono aspirare ad ottenere questo premio, soltanto quei vini che hanno ricevuto i migliori giudizi in assoluto nelle loro rispettive categorie e l’Italia stravince su tutti i concorrenti: due su cinque dei vini premiati sono italiani, e cioè un Chiaretto Garda Classico, nella categoria miglior rosé, e un Passito di Pantelleria, nella categoria miglior vino dolce.
Il vino Barolo sarà il grande protagonista di un importante evento organizzato dalla Delegazione di Modena della Associazione Italiana Sommeliers, Martedì 2 Febbraio 2010.
Banchi d’assaggio aperti dalle ore 16:00 alle 21:00 presso l’Hotel Raffaello di Modena, dove sarà possibile degustare oltre 130 prestigiose etichette di ben 33 vignaioli di Langa provenienti da tutti i comuni della denominazione Barolo, e conoscere personalmente i diretti protagonisti.
Il Grande Evento verrà illustrato dall’ ideatore stesso, il giornalista Franco Ziliani.
Ziliani sarà protagonista di un approfondimento sul vitigno nebbiolo, sul vino Barolo e sulle differenze espressive dei vari terroir di Langa presso la sala convegni dell’Hotel Raffaello.
All’interno della manifestazione, oltre ai prestigiosi vini, si potranno anche degustare specialità piemontesi, salumi e formaggi gentilmente offerti dal Consorzio del Barolo e Barbaresco.
Per tutti gli interessati al Vino è una occasione unica, ricca di emozioni. Sono attesi molti visitatori, Enotecai, Ristoratori, Sommeliers, Barman e semplici appassionati.
Ascheri Matteo, Aurelio Settimo, Barale, Bocchino, Borgogno, Brezza, Bussia Soprana, Cappellano, Cascina Ballarin, Castello di Verduno, Cavallotto, Ceretto, Com. G.B. Burlotto, Elio Grasso, Fontanafredda, Franco Conterno Cascina Sciulun, Gabutti Franco Boasso, Gagliasso, Gian Bovio, Giovanni Rosso, Giuseppe Mascarello, Grimaldi Bruna, Guido Porro, Livia Fontana, Luigi Oddero, Monfalletto Cordero di Montezemolo, Pio Cesare, Poderi Colla, Principiano, Rinaldi Francesco, Sombrero, Tenuta Rocca, Vajra.
Non occorre prenotare, l’ingresso è aperto a tutti, operatori di settore o semplici eno-appassionatio.
Verrà consegnato un calice da degustazione (Con una cauzione di 5 Euro in più che verranno restituiti alla riconsegna del bicchiere).
Decolla la nuova edizione di “Sicilia en primeur”, l’appuntamento internazionale di punta per scoprire in anteprima le novita’ dell’enologia siciliana, organizzata da Assovini Sicilia, l’associazione che riunisce le piu’ importanti realta’ vinicole dell’Isola.
L’evento, itinerante perche’ ogni anno si svolge in una diversa area dell’Isola, e’ unico nel suo genere in Sicilia e consente di mettere a diretto contatto le aziende protagoniste della vitivinicoltura regionale con la stampa nazionale ed internazionale piu’ qualificata e attenta alle novita’, abbinando la degustazione in anteprima dell’ultima vendemmia e delle nuove etichette alle visite ai diversi terroir della regione in modo da facilitare la comprensione dell’unicita’ e del livello qualitativo dei vini che si stanno presentando.
Quest’anno Sicilia en primeur si terra’ dal 4 al 7 marzo in provincia di Agrigento, territorio dallo straordinario patrimonio culturale e naturale, nel “Rocco Forte Verdura Golf & Spa Resort” di Sciacca.
La principale innovazione di questa edizione, la settima, e’ che si potranno degustare piu’ vini en primeur.
L’intera giornata di sabato 6 marzo sara’ infatti dedicata, oltre che alla valutazione alla cieca della vendemmia 2009, alla presentazione dei vini che entreranno in commercio nel 2010.
Per la prima volta, quindi, i produttori faranno degustare in anteprima alla stampa ospite anche i vini delle precedenti annate pronti adesso per essere immessi sul mercato.
Il giorno precedente le degustazioni previsti tour nei principali territori di produzione per far conoscere sempre di piu’ una regione dove le caratteristiche ambientali sono estremamente diversificate e ricche di proposte enologiche assai differenti.
Si passa infatti da spiagge magnifiche e vigneti a ridosso del mare, fino a vette innevate e filari a 1.000 metri di altitudine.
In compagnia dei produttori i giornalisti visiteranno le cantine ma innanzitutto saranno guidati a scoprire le particolarita’ delle diverse zone produttive.
Nuova anche l’articolazione della domenica. Ci si spostera’ a Sciacca, nell’ex convento San Francesco per la conferenza conclusiva della manifestazione nel corso della quale sara’ dato ampio spazio alle domande dei giornalisti ai produttori.
Sponsor della manifestazione sono Banca Nuova, l’Assessorato Agricoltura della Regione Siciliana, l’Istituto Regionale della Vite e del Vino, l’Istituto per il Commercio Estero, VeronaFiere, la Provincia di Agrigento, il Comune di Sciacca e le Terme di Sciacca.
Le Osterie Moderne, locale molto noto nella zona del Padovano, (Campodarsego), è un locale davvero innovativo e particolare, dove il Design incontra e si sposa con un’ enogastronomia gustosa e ben pensata.
Questo ristorante Wine Bar nasce nel settembre del 2000 in una cascina rurale con 4000 metri di parco ed offrono uno spazio polifunzionale d’atmosfera con stili d’arredamento diversi, il tutto mixato in modo provocatorio.
“Il locale è nato pensando ad una forma di ristorazione alternativa” dice Luca Olivan, il socio fondatore che segue la cantina dei vini e gli eventi. “La sfida dei nostri tempi è portare all’eccellenza alcuni concetti dei piatti della tradizione selezionando solo materie prime di qualità. Siamo attenti alla presentazione dei piatti senza scivolare negli eccessi della cucina puramente creativa. Il gusto non va compromesso per ragioni estetiche del piatto. Il nostro stile è quello di esaltare i sapori per godimento del palato! ” dice Romeo Rematelli l’altro socio che si occupa della cucina e della gestione della sala.
L’enoteca ha una carta vini di oltre 1000 etichette: dai vini prestigiosi a quelli con un buon rapporto qualità prezzo selezionati dalle cantine più importanti d’Italia e da tutto il mondo.
Ampia è la selezione di “bollicine” con più di 60 Champagne e 80 spumanti italiani.
In più, tutti i vini presenti in carta sono in vendita per asporto a prezzo di cantina.
Le Osterie Moderne organizzano spettacolari eventi e degustazioni.
Il prossimo evento ad esempio è per venerdì sera, ospite eccellente sarà Il vino di Oliviero Toscani .
Questo vino si chiama “OT” (dalle iniziali del suo nome), ed prodotto nella fattoria che Toscani da anni ha in Toscana. Si tratta di un rosso da uve Sirah 50%, Cabernet Franc 35% e Petit Verdot 15%. Fermentazione e macerazione per 30 giorni e 14-16 mesi di affinamento in barrique di 1° e 2° passaggio. Produzione annua sulle 13mila bottiglie.
La serata, introdotta dal curatore delle Osterie moderne Romeo Rematelli, sarà presentata da Alberto Marcomini, affinatore veneto di formaggi ed esperto della rubrica Gusto del Tg5.
Focaccia delle Osterie con Capocollo a spalletta affumicata di Mangalica, Risotto all’Oro Nero e Lardo di Mangalica, Arrosticino di Anatra al profumo di Prosciutto Crudo di Mangalica. Biscotti della casa alle Spezie Caffè, Acqua
In anteprima nazionale Alberto Marcomini presenta“Oro Nero” il nuovo formaggio del Caseificio Gennari.
In abbinamento il vino “OT”
In provincia di Parma, nelle località di Trecasali, San Secondo e Fontevivo, si svolgerà la quinta edizione de “Il Ponte dei Sapori”, un festival enogastronomico- culturale, dal 26 Febbraio 2010 per tre weekend , verrà presentata la buona cucina tipica per la promozione delle specialità della Bassa Parmense.
In questa occasione si potranno gustare piatti unici e originali del parmense: bue tra bolliti e ripieni di carne, carne di maiale, cotechino, salumi come culatello, fiocchetto, violino, spalla cotta, oca e ocotto, pane lievitato e cotto in piazza, Parmigiano Reggiano, pasta fatta in casa, zucchero in torte e biscotti di alta pasticceria.
Tra i vini saranno proposti Barbera, Malvasia, Lambrusco, Moscato, Fortanina e Dolcetto e Vino Ponte dei Sapori. Gran finale speziato con liquore Bargnolino e Tabacco con le Sigaraie Toscane
Inoltre ci saranno altre iniziative collaterali come dimostrazioni di lavorazione all’aperto dei prodotti (lavorazione del maiale e arte dei norcini; lavorazione del Parmigiano in piazza e arte dei mastri casari; lavorazione del pane in piazza, lievitazione naturale e cottura all’aperto, lavorazione dell’oca, dimostrazioni di creazioni di zucchero e decorazioni di alta pasticceria, dimostrazione della lavorazione del tabacco), mostre-mercato e mercatini biologici con prodotti tipici regionali, artigianato locale, rievocazioni storiche in costume, mostre d’arte a tema, concerti ed eventi in piazza a tema popolare, presentazioni di curiosi ricettari.
L’economia sul Ponte dei Sapori. Convegno dedicato ai prodotti tipici, alle aziende locali e alle prospettive per il mondo agricolo.
Mostra-mercato dei prodotti tipici agroalimentari e artigianato di qualità, Nella piazza e nelle vie di Trecasali. Saranno presenti oltre 100 stand enogastronomici da tutte le regioni d’Italia. Cene tipiche, pranzi e degustazioni.
In Nome della Spalla : due giorni a base di Spalla di San Secondo, Fortana e Torta Fritta . Rievocazione storica con La Corte dei Rossi nella Rocca di San Secondo. Mostra-mercato di prodotti agroalimentari. Intrattenimento, concerti bandistici, giochi e giostre per una grande fiera. Dimostrazione di norcineria. Mercatino dell’Antiquariato. Mostra di attrezzi d’epoca.
Sua Maestà il Parmigiano Reggiano: la Forma è Servita, due giorni tutti a base a Formaggio. Visite guidate ai caseifici e salumifici del territorio. Mostra-mercato di prodotti tipici. Degustazioni e cene a base di Parmigiano.
Dove: Trecasali, San Secondo, Fontevivo (Parma)
Gusti e sapori sono in programma alla “Eisacktaler Kost”, la rassegna ENOgastronomica più antica dell’Alto Adige
La Valle Isarco sarà animata dalla Settimana della buona cucina, tra gastronomia e vini tipici del Trentino.
Una manifestazione apprezzata dalla popolazione locale come soprattutto dagli ospiti che possono gustare piatti tradizionali tratti dai ricettari della nonna.
Questa è la valle dolomitica celebre per l’abbondante produzione di mele e per i vigneti da cui si ricavano rinomati VINI bianchi.
Con nuove creazioni ed adattamenti ai gusti moderni la gastronomia locale ha raggiunto livelli ottimi con una ricchezza incredibile di piatti prelibati, rispecchiando anche molta abilità e la voglia di evolversi.
Prodotti regionali in primo piano:
Gli chef degli oltre 20 ristoranti coinvolti nella Settimana della buona cucina dovranno misurarsi con il frutto simbolo di queste valli, creando piatti nuovi o reinventando quelli vecchi fino a creare delle gustose preparazioni.
Queste prelibatezze saranno accompagnate dai vini prodotti con le uve dei 300 ettari della zona vinicola più settentrionale d’Italia, nonché l’unica che guarda alle Dolomiti: Silvaner, Müller Thurgau, Pinot Bianco, Veltliner, Kerner, tra i bianchi e Lagrein per quanto riguarda i rossi.
La Federezione Italiana Albergatori e Ristoratori (Fisar) di Venezia, in collaborazione con Aurora Endrici –Vinoè Comunicazione Vino– e Paolo Ianna Wine Consulting, ha creato la prima edizione di “Vini friulani: gradito l’abito rosso”, speciale kermesse dedicata alla migliore produzione di vino rosso della regione .
Ci saranno 50 produttori tra i più prestigiosi del Friuli Venezia Giulia per presentare al pubblico i loro migliori vini rossi.
L’appuntamento è per domenica 21 febbraio 2010, dalle 11.00 alle 19.00 a Venezia, nelle presigiose sale dell’Hotel Monaco e Grand Canal.
Un’ occasione per il consumatore di scoprire (o riscopre) l’eleganza e la personalità dei tanti, peculiari vini da vitigni a bacca rossa della regione, come il Refosco dal Peduncolo Rosso, Merlot, Pignolo, Tazzelenghe, Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, Schioppettino, Pinot Nero e Terrano, tutti vini che lasciano il segno.
Gli oltre 50 produttori di vini rossi friulani e giuliani che presenzieranno al tavolo di assaggio saranno:
Albino Armani, Antonutti, Aquila del Torre, Bressan, Bulfon, Castello di Buttrio, Casella, Castelcosa, Castello di Rubbia, Castello di Spessa, Castelvecchio, Collavini, Conte d’Attimis, Ermacora, Feresin Davide, Foffani, Gigante, Il Carpino, Jacuss, Jole Grillo, La Buse dal Lof, Le Due Terre, La Viarte, Lis Neris, Livon, Le Vigne di Zamò, Marinig, Moschioni, Muzic, Petrussa, Piera Martellozzo, Pizzulin, Plozner, Puiatti, Quinta della Luna, Rodaro, Ronc di Vico, Ronco dei Pini, Ronco del Gnemiz, San Simone, Scubla, Stanig, Sturm, Tenuta di Angoris, Tenuta di Blasig, Tenute Tomasella, Vignai da Duline, Vigna Lenuzza,Vigna Petrussa, Vigna Traverso, Villa Russiz, Vistorta, Volpe Pasini, Zidarich.
Il ristorante “Il Ridotto dell’Aciugheta” di campo SS. Filippo e Giacomo presenterà durante tutto il corso della giornata una selezione di specialità create per l’occasione.
Il biglietto d’ingresso di 10€ darà diritto all’assaggio di tutti i vini e finger food presentati.
Gusto in Scena, ideato dal giornalista Marcello Coronini, in programma dall’1 al 3 marzo al Molino Stucky Hilton Venice a Venezia, è la prima manifestazione in Europa che unisce tre eventi in uno.
Nello stesso evento si terranno, infatti, il congresso gastronomico di grandi chef Chef in Concerto, I Magnifici Vini, banco d’assaggio con circa 100 cantine di tutto il mondo, e Seduzioni di Gola, rassegna dedicata alle sfiziosità.
Chef in Concerto, in particolare, sarà il momento culturale più importante. Già lo scorso anno l’evento si era distinto per la richiesta agli chef di non presentare “piatti spettacolari” e tornare alla semplicità mettendo al centro del piatto il gusto e quindi il prodotto.
La nuova provocazione del 2010 sarà l’apertura di un dibattito fra gli chef per stabilire “la definizione” della cucina italiana.
L’idea di Marcello Coronini parte da una precisa domanda:
“Se la francese è la cucina che ha codificato le basi delle cucine europee, la spagnola è creatività e sostanze innovative, quella italiana come può essere definita?”.
“La cucina italiana è la capacità degli chef di aver interpretato e interpretare oggi con creatività la grande varietà di materie prime che rende l’Italia un paese unico.”
Gusto in Scena propone quindi di partire da questa idea e discuterne al congresso, dove tutti i grandi cuochi presenti saranno invitati a dare il proprio parere. Obiettivo?
“Uscire dal congresso con una definizione della nostra identità in cucina”.
Per valorizzare questo nuovo concetto, i cuochi relatori presenteranno piatti preparati con prodotti, tecniche o cotture del loro territorio o regione, secondo una visione personale.
A Chef in Concerto ogni relatore esprimerà un parere e l’augurio è uscire dall’evento con una definizione condivisa da tutti che inquadri la Cucina italiana da “regalare” all’Italia.
Le novità non finiscono qui. Al congresso sarà presentato il dialogo fra grande ristorazione e vino.
Sul palco, ad ogni piatto presentato dagli chef relatori, sarà suggerito l’abbinamento con una delle cantine presenti a I Magnifici Vini, creando così una forte relazione fra i due eventi, proponendo Gusto in Scena come evento culturale di riferimento per l’Europa.
All’evento parteciperanno circa 100 cantine con 400 vini e, oltre alle aziende italiane, saranno presenti una quindicina di cantine austriache ed alcuni importanti produttori sloveni.
La scelta di portare lo spirito della Mitteleuropa non è solo dovuta a motivazioni culturali ma anche ad un personale legame della famiglia Coronini.
Il conte Johann Alexander Coronini, antenato di Marcello Coronini, fu infatti nominato primo gentiluomo di camera e incaricato dell’educazione dell’ultimo imperatore d’Austria, come ricordato anche da Franz Herre nel suo libro “ Francesco Giuseppe “.
A I Magnifici Vini tutte le aziende verranno disposte secondo la classificazione Mare, Montagna, Pianura e Collina, ideata e brevettata da Marcello Coronini con il contributo scientifico del Prof. Attilio Scienza.
Questa classificazione farà capire come un diverso ambiente influenzi il vino ma anche e soprattutto quanto le differenze derivino dalla storia e dalla tradizione di quel luogo. Un aspetto che assume quindi una valenza culturale profonda.
L’Italia, infatti, non presenta un solo mare o una sola montagna ma molti ambienti diversi frutto di secoli di lavoro e della fatica degli abitanti del posto.
A completare la manifestazione sarà Seduzioni di Gola, rassegna in cui saranno di scena i produttori di sfiziosità provenienti da tutta Italia.
Un progetto di filiera che racchiude oltre i due quinti della produzione nazionale di vini a denominazione: Territori DiVini. Per la prima volta il Consorzio per la Tutela dell’Asti, il Consorzio Vino Chianti Classico e l’Unione Consorzi Vini Veneti DOC uniti in un progetto per valorizzare la ricchezza enologica del territorio con un investimento di quasi 43 milioni di euro finanziati dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.
“Le imprese vitivinicole italiane si trovano ad affrontare un mercato del vino che in questi ultimi anni è radicalmente cambiato. – spiega Luciano Piona, Presidente di Territori DiVini – il tratto più saliente di questo mutamento è la diminuzione dei consumi di vino nei Paesi ad antica tradizione enologica e un crescente interesse da parte di nuovi Paesi. Inoltre nuovi attori si presentano nel mondo della produzione. Conseguentemente il mercato del vino ha una dimensione sempre più vasta, dove la componente internazionale riveste un ruolo via via più rilevante. Per affrontare questi mutamenti le imprese devono adottare nuove strategie, da qui il ruolo importante rivestito dall’innovazione di processo, di prodotto, organizzativa e di comunicazione & marketing. I tre consorzi coinvolti nel progetto Territori Divini hanno inteso impegnarsi nel sostenere un programma di ricerca rivolto al miglioramento quantitativo, qualitativo e di comunicazione delle produzioni vitivinicole nei propri ambiti di interesse.”
Una cifra complessiva di 42.915.000,00 di euro con investimenti che hanno interessato tutti gli anelli della filiera vitivinicola: viticoltura, vinificazione, imbottigliamento, controllo di qualità sul processo di prodotto, ricerca, marketing (promozione, ricerche di mercato e pubblicità).
La parte maggiore del finanziamento, 28 milioni e 308 mila euro, è stato destinato alle aziende coinvolte nel contratto di filiera per il miglioramento qualitativo della base viticola, attraverso ammodernamenti e razionalizzazione delle strutture di produzione.
Un milione e 790 mila euro investiti nel sistema di tracciabilità di filiera per garantire conformità e certificazioni DOC e DOCG per la tutela di produttori e consumatori, 337 mila euro indirizzati alla formazione del personale, per operatore consorzio (tracciabilità e monitoraggio & comunicazione) e responsabile aziendale.
Sette milioni e 570 mila euro utilizzati per la promozione con la partecipazione a concorsi, mostre e fiere in mercati consolidati come Germania, Inghilterra e USA ed emergenti, Russia, India, Corea del sud, Singapore e Messico.
2 milioni e 656 mila euro corrispondenti al costo della campagna pubblicitaria a copertura nazionale, quotidiani, periodici di settore, televisione, affissione.
I restanti 2 milioni e 252 mila euro sono stati indirizzati ad un progetto di ricerca, realizzata con la collaborazione scientifica di istituti universitari e centri di ricerca pubblici e privati specializzati con il supporto tecnico del personale dei Consorzi di Tutela. La ricerca è stata articolata in cinque diversi progetti: l’analisi da telerilevamento, vitigni autoctoni, produzione di vini bianchi stabili, sviluppo e miglioramento dei vini passiti e storia e cultura della vite e del vino. I risultati ottenuti si sono dimostrati molto utili alle imprese trovando già prime parziali applicazioni.
Fervono i preparativi per l’atteso rendez-vous che ogni anno il Consorzio Franciacorta organizza per turisti e appassionati di vino, dedicando un intero week-end di eventi e attività alla scoperta del territorio. L’appuntamento è per sabato 17 e domenica 18 settembre, destinazione il cuore della Lombardia, tra la città di Brescia e il Lago d’Iseo, territorio vocato alla viticoltura per eccellenza, ma anche ricco di natura, storia e tradizioni.
Un’imperdibile occasione per vivere un’esperienza a 360 gradi. Chi vorrà esplorare i Sapori, potrà farlo durante i percorsi di visita nei preziosi caveau delle cantine, con degustazioni e abbinamenti a cura di esperti enologi, passeggiando tra i vigneti per scoprire come e dove nascono le armoniose bollicine franciacortine o approfittando degli spazi accanto ai filari per un originale pic-nic. Inoltre una selezione di ristoranti e agriturismi della zona proporranno menu a base di piatti tipici della tradizione bresciana, accostandoli ai migliori Brut, Extra Brut, Satèn o Rosé .
Gli appassionati di Musica potranno lasciarsi trasportare dalle sinfonie dei musicisti del Teatro alla Scala o vivere le raffinate emozioni suscitate da eclettici artisti contemporanei, per una totale esperienza sensoriale unita a un calice di Franciacorta.
Gli amanti dell’Arte potranno vedere in anteprima al Palazzo Lana di Borgonato le opere del progetto In-Tralci, realizzate da 10 giovani artisti europei in occasione dei 50 anni della prima bottiglia di Franciacorta e che verranno esposte a Milano il prossimo dicembre. Oppure scoprire come i produttori amino legare l’arte del vino alle arti in genere, dagli acquarelli ai murales, dalla scultura al cinema.
Infine, per un’esperienza alternativa ma ricca di Emozioni sarà possibile seguire insolite degustazioni all’insegna di suggestioni di colori, nuovi sapori e abbinamenti originali, fantasticando con i profumi e la cosmesi femminile o assistendo a una vera e propria sfilata di moda in cantina.
In programma anche attrazioni e intrattenimento per famiglie con bambini, come i laboratori di educazione ai cinque sensi e percorsi didattici.
Leonardo Taddei, conosciuto sommelier operante nella provincia di Lucca, nonché Delegato A.I.S. ( Associazione Italiana Sommeliers), è stato nominato Ambasciatore Italiano dello Champagne.
Un ruolo importante per un compito importante: comunicare e rappresentare lo Champagne in Italia.
Ci si può smarrire quando si entra in contatto con il mondo del vino e dell’enologia: sigle, organi preposti, comitati di zone produttive.
I Francesi, nel settore agroalimentare, sono storicamente più rigidi e all’avanguardia.
Il loro Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne (CIVC) è infatti un organo qualificato e importantissimo per l’oggetto che rappresenta (lo champagne è il vino più famoso del mondo).
A questo proposito il CIVC ha da qualche tempo creato una serie di selezioni nazionali per eleggere ogni anno un Ambasciatore dello Champagne in otto paesi europei (oltre a Italia e Francia sono coinvolte Spagna, Gran Bretagna, Belgio, Olanda e Svizzera) cui seguirà un ulteriore concorso per assegnare il titolo continentale.
In ogni contesto nazionale possono partecipare alla prova tutti coloro che si siano distinti in varie forme (insegnamento, informazione e comunicazione) alla diffusione della cultura dello champagne, iscrivendosi al sito legato al CIVC, ossia www.champagne.it.
“È una grande soddisfazione per me” afferma lo stesso Taddei. E aggiunge: “Aver vinto questa selezione e rappresentare l’Italia al concorso europeo (che si terrà a Épernay, ovviamente nella Champagne , intesa come regione, dal 20 al 24 ottobre) rappresenta un onore, il coronamento a un’attività didattica che ormai svolgo da anni, sia con l’ A.I.S. sia a livello scolastico, collaborando con istituti alberghieri e facoltà universitarie”.
Leonardo, cosa significa essere Ambasciatore dello Champagne in poche parole?
“Sai benissimo quanto il vino sia strettamente dipendente dalla comunicazione, dalla circolazione di notizie. E quanta responsabilità, soprattutto, hanno coloro che dovrebbero aiutare le persone a capire il vino, in un momento come questo in cui il settore è in espansione, non senza alcuni ‘rischi’.
Il CIVC rappresenta una delle massime autorità mondiali del settore enologico: essere loro rappresentante in Italia vuol dire contribuire a una corretta informazione su uno dei prodotti più importanti e famosi dell’enologia francese e, lo possiamo dire, europea. Inoltre la diffusione italiana dello Champagne è grandissima, nonostante la fiera concorrenza dei vini spumanti nostrani, Trento e Franciacorta su tutti”.
Secondo una recente indagine svolta per conto di WineNews e il Forum degli Spumanti d’Italia emerge chiaramente come gli eno-appassionati preferiscano in larga misura bere lo spumante a discapito dello champagne. Gli spumanti nazionali dunque vincono grazie al loro rapporto qualità/prezzo, alla grande varietà di tipologie offerte e alla più facile reperibilità sul territorio.
L’inchiesta, che ha coinvolto 1.224 “enonauti” (amanti di vino & web), voleva indagare sui gusti e le preferenze degli eno-appassionati in tema di bollicine, per stabilire scherzosamente il vincitore dell’eterna sfida tra noi e i cugini d’Oltralpe.
Una competizione che vede primeggiare gli spumanti italiani: il 75% di chi ha risposto beve infatti più spesso bollicine made in Italy, contro il 9% che sceglie più frequentemente bollicine francesi. Il 16% degli eno-appassionati dichiara invece di bere spumanti italiani e francesi con la stessa frequenza.
Le bollicine italiane vincono decisamente per il loro rapporto qualità/prezzo (48% delle risposte). Il 21% le sceglie invece perché predilige il made in Italy, il 18% perché offrono una grande varietà di tipologie e il 13% perché le giudica migliori dal punto di vista qualitativo.
Chi invece opta per lo Champagne lo fa innanzitutto perché lo ritiene di qualità superiore (68% delle risposte). Il 12% sceglie francese per l’ampia gamma di varietà, l’11% per il rapporto qualità/prezzo ed il 9% per una decisa attrazione per il made in France.
Se a conti fatti nel bicchiere versano soprattutto spumanti italiani, gli eno-appassionati rendono un doveroso tributo ai francesi in termini di storia, tradizione secolare e prestigio.
I grandi Champagne vantano un passato blasonato difficilmente uguagliabile, e costituiscono il vero e unico modello di riferimento a livello internazionale, anche dal punto di vista del marketing e della comunicazione.
Nell’immaginario collettivo bere ed offrire Champagne rappresenta ancora uno status symbol, una scelta di classe, eleganza e stile. Ma le risposte degli enonauti confermano che gli spumati italiani si difendono bene: hanno dalla loro parte una enorme varietà di tipologie – dalla morbidezza elegante del Franciacorta al prestigio dei migliori spumanti trentini, dall’immediata piacevolezza del Prosecco alla dolcezza e classicità dell’Asti, fino alle tante etichette dell’Oltrepò Pavese – tutte caratterizzate da una crescente ricerca qualitativa e da un buon rapporto qualità/prezzo.
Tra le nostre bollicine si possono trovare facilmente – sottolineano gli enonauti – sia etichette da grandi occasioni, sia bottiglie più easy e meno impegnative. Alla richiesta di indicare uno spumante italiano che possa essere paragonato allo Champagne per tipologia, produzione e valore, gli enonauti mettono decisamente al primo posto quelli prodotti in Franciacorta (48% delle risposte), seguiti da quelli del Trentino (38%). In percentuale decisamente minore altri territori.
Ma la Franciacorta fa la parte del leone anche in termini di notorietà ed immagine: tra i territori a vocazione spumantistica che per primi vengono in mente agli eno-appassionati riscuote infatti il 34% delle preferenze. A seguire tra le zone più note c’è il Trentino (27%) e Conegliano e Valdobbiadene, patria del Prosecco (19%). Poi vengono Oltrepò Pavese (10%), Asti (6%), Piemonte (4%).
Ma il sondaggio conferma anche la tendenza a “destagionalizzare” il consumo degli spumanti, non più relegati alle feste comandate, ma bevuti lungo tutto l’arco dell’anno, complice anche il rito dell’aperitivo, momento in cui le bollicine rappresentano una delle scelte più gettonate.
Ecco infine l’identikit degli enonauti di Winenews: prevalentemente maschi (79%), il 52% di loro ha un’età compresa fra i 30 e i 45 anni; hanno un elevato titolo di studio (l’85% ha conseguito il diploma di scuola media superiore o la laurea), godono di un buono/ottimo livello socio-economico (imprenditore, bancario, avvocato, commercialista, ingegnere, medico, agente di commercio, architetto, commerciante…).
Le esportazioni italiane hanno raggiunto per la prima volta il valore di 3,5 miliardi di euro.
Nel 2009 sarà Made in Italy il maggior numero di bottiglie di vino acquistate e bevute nel diversi continenti grazie al primato mondiale conquistato dalla produzione italiana con il sorpasso nei confronti dei tradizionali concorrenti francesi.
E’ quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che dopo molti anni la conclusione della vendemmia, con un raccolto nazionale di circa 45 milioni di ettolitri (+ 5 per cento), ha sancito lo storico sorpasso quantitativo dell’Italia sulla Francia dove la raccolta dell’uva si annuncia inferiore del 5 per cento per un quantitativo di 44 milioni di ettolitri.
Un risultato che – sottolinea la Coldiretti – è il frutto anche di una crescita qualitativa con circa il 60 per cento dei raccolti destinati alla produzione di vini Docg, Doc e Igt. Sono 477 – precisa la Coldiretti – i vini a denominazione di origine controllata (Doc), controllata e garantita (Docg) e a indicazione geografica tipica (316 vini Doc, 41 Docg e 120 Igt).
Il 2008 si è chiuso con le esportazioni di vino italiano nel mondo che hanno raggiunto per la prima volta – stima la Coldiretti – un valore di circa 3,5 miliardi di euro grazie soprattutto alla domanda di Stati Uniti e Germania che sono i principali aquirenti, anche la distribuzione del vino Made in Italy è in crescita soprattutto nei nuovi Paesi emergenti.
Negli Stati Uniti, nonostante il tasso di cambio sfavorevole, circa un terzo delle bottiglie di vino consumate dagli americani è arrivata dall’Italia che si conferma leader davanti ad Australia e Francia.
Negli Usa si bevono i vini rossi Doc /Docg della Toscana come il Chianti e il Brunello di Montalcino ma anche i rossi piemontesi Barolo, Barbaresco, Barbera e Grignolino.
Vini consumati anche in Germania dove si dirige una percentuale elevata delle spedizioni estere dei bianchi Doc/Docg del Veneto, come il Prosecco. La destinazione principale dei rossi Veneti come l’Amarone o il Valpolicella è il Canada seguito a ruota dalla Germania mentre i bianchi del Trentino e del Friuli come il Traminer e il Collio sono invece destinati soprattutto negli Usa e in Germania.
Primato mondiale per il vino italiano su coldiretti.it
Anche i vini francesi, i grandi “crus”, sono vittime della crisi economica che in Francia ha già messo ko il settore immobiliare.
Ed il mercato crolla: è successo all’annata più prestigiosa degli ultimi tempi, quella del 2005. Un “premier cru” di Bordeaux che si vendeva a più di 1.000 euro la bottiglia fino allo scorso luglio, sul mercato londinese oggi non costa più di 500 euro. Insomma, dopo l’esplosione delle “bolle” immobiliare e speculativa in Francia, ora tocca anche a quella del vino.
Naturalmente si parla dei vini che meritano la definizione di grandi “crus”, prodotti straordinari e in alcuni casi unici, sia per provenienza (hanno questa denominazione concessa ufficialmente soltanto alcuni vigneti di qualità superiore), sia per annata.
Si tratta di etichette mitiche come Cheval-Blanc, Palmer, Yquem, Haut-Brion, Ducru-Beaucaillou: tutti prodotti che si quotano come in Borsa e i cui prezzi seguono spesso la curva del Dow Jones newyorkese.
Bottiglie di Mouton e di Latour 2008 quindi a 100 euro ad esemplare quest’anno? Non è impossibile. Gli esperti parlano di “crollo epocale” con prezzi in calo del 20%-30% per i “cru” medi (venduti intorno ai 10-20 euro alla bottiglia) e fino al 40-50% per i più noti “chateaux”. Calo che sembra destinato a durare.
Erano in un relitto ritrovato in estate in fondo al Mar Baltico. Un vero tesoro sommerso nel fondo del mare che hanno ripreso aria in un evento straordinario davanti ad una platea di pochi eletti.
Due delle bottiglie di champagne più vecchie al mondo, ritrovate lo scorso luglio dopo aver trascorso oltre duecento anni all’interno di un relitto nel Mar Baltico, sono state stappate ad Aaland in Finlandia, davanti a un centinaio di amatori e giornalisti con il bicchiere in mano.
I due preziosi champagne un Veuve Clicquot e un Juglar, dal nome della casa “châlonnaise” ormai scomparsa, fanno parte di uno stock di 168 bottiglie, probabilmente inviato dal re di Francia Luigi XVI alla corte imperiale di Russia, ma mai giunto a destinazione.
L’apertura di due bottiglie è stata organizzata dalle autorità dell’arcipelago autonomo finlandese di Aaland.
Poche le bollicine, ma il nettare contenuto nelle bottiglie sprigionava ancora un profumo acre che solleticava le narici, hanno raccontato alcuni presenti.
Il Juglar “è sembrato più intenso e potente con note di champignon”, mentre il Veuve Clicquot “è parso più vicino allo chardonnay, con note di fiori di tiglio e di scorze di limone”, ha spiegato uno specialista di champagne, Richard Juhlin.